Carcinoma endometriale: dostarlimab efficace con la chemio


Carcinoma endometriale primario: benefici dall’aggiunta dell’immunoterapia con l’inibitore di PD-1 dostarlimab alla chemioterapia standard

Carcinoma endometriale avanzato: la combinazione lenvatinib più pembrolizumab migliora la sopravvivenza rispetto alla chemioterapia

L’aggiunta dell’immunoterapia con l’inibitore di PD-1 dostarlimab alla chemioterapia standard (la doppietta carboplatino-paclitaxel), seguita dal solo dostarlimab, migliora in modo statisticamente e clinicamente significativo la sopravvivenza libera da progressione (PFS) rispetto a un placebo più la chemioterapia, seguita dal solo placebo, nelle donne affette da carcinoma endometriale primario avanzato o ricorrente. Lo evidenzia un’analisi ad interim dello studio di fase 3 RUBY/ENGOT-EN6/GOG3031/NSGO, come annunciato in una nota da GlaxoSmithKline (l’azienda che sta sviluppando dostarlimab).

Centrato l’endpoint primario
Lo studio ha raggiunto, dunque, il suo endpoint primario ed è l’unico trial di prima linea a mostrare un miglioramento della PFS con un farmaco immunoterapico combinato con la chemioterapia, che rappresenta attualmente lo standard di cura nel carcinoma endometriale primario avanzato o ricorrente.

Il beneficio statisticamente significativo e clinicamente rilevante di PFS offerto dalla combinazione di dostarlimab con la chemioterapia rispetto alla sola chemioterapia si è osservato sia nel sottogruppo di pazienti con deficit della riparazione dei mismatch (dMMR)/alta instabilità dei microsatelliti (MSI-H) sia nella popolazione complessiva. Inoltre, dostarlimab combinato con la chemioterapia ha mostrato di offrire un beneficio clinicamente rilevante di PFS anche nel sottogruppo con il meccanismo di riparazione dei mismatch ‘proficient’, cioè funzionante (MMRp)/stabilità dei microsatelliti.

Tendenza al miglioramento della sopravvivenza con la combinazione dostarlimab più chemio
Al momento dell’analisi ad interim, i dati sulla sopravvivenza globale (OS) non erano ancora maturi, ma si è già osservata una tendenza verso un miglioramento nel braccio trattato con dostarlimab in combinazione con la chemioterapia sia nella popolazione complessiva, sia nel sottogruppo con dMMR/MSI-H e nel sottogruppo con MMRp/MSS.

Sul fronte della sicurezza e tollerabilità, il profilo di dostarlimab nello studio RUBY è risultato coerente con quanto osservato in studi precendenti con regimi simili. Gli eventi avversi più comuni emersi dal trattamento nei pazienti trattati con dostarlimab più la chemioterapia sono stati nausea, alopecia, affaticamento, neuropatia periferica, anemia, artralgia, stipsi e diarrea.

Richiesta di ampliamento delle indicazioni di dostarlimab nel 2023
«Le pazienti con carcinoma endometriale primario avanzato o ricorrente hanno poche opzioni di trattamento a disposizione. I loro outcome a lungo termine rimangono insoddisfacenti, e sono necessarie nuove opzioni terapeutiche per migliorare l’attuale standard di cura. Sulla base di questi risultati positivi dello studio di fase 3 RUBY, GSK intende chiedere alle autorità regolatorie l’approvazione di una nuova indicazione di dostarlimab per il trattamento del carcinoma endometriale primario avanzato o recidivante», ha dichiarato Hesham Abdullah, Senior Vice President, e Global Head of Oncology Development di GSK.

L’azienda intende presentare nella prima metà del 2023 la richiesta di ampliamento delle indicazioni di dostarlimab, Il farmaco è già disponibile anche in Italia in monoterapia per il trattamento di pazienti adulte affette da cancro endometriale avanzato o ricorrente, con dMMR/MSI-H, progredito durante o dopo un precedente trattamento con la chemioterapia a base di platino.

I risultati completi dello studio RUBY saranno pubblicati in una rivista scientifica e presentati in uno dei prossimi convegni del settore.

Lo studio RUBY
Lo studio RUBY è il risultato di una collaborazione internazionale tra l’ENGOT (European Network of Gynaecological Oncological Trial groups (ENGOT), un network di ricerca della European Society of Gynaecological Oncology (ESGO) costituito da 22 gruppi cooperativi di 31 Paesi europei, fra cui il gruppo MITO, che conducono studi clinici, e la GOG Foundation, un’organizzazione no profit finalizzata alla trasformazione degli standard di cura in oncologia ginecologica.