Sindrome di Ondine: quando il cervello si “dimentica” di respirare


Che cos’è la sindrome di Ondine e come si cura: parla la dottoressa Maria Giovanna Paglietti, responsabile della Terapia semintensiva respiratoria del Bambino Gesù

sindrome di Ondine

La sindrome da ipoventilazione centrale congenita, nota anche come sindrome di Ondine. Si tratta di una malattia genetica rara descritta per la prima volta nel 1970. Il nome di sindrome di Ondine viene da una antica leggenda germanica sulla storia di questa ninfa e della sua maledizione al marito traditore: “Finché sarai sveglio, potrai avere il tuo respiro, ma dovessi mai cadere addormentato, allora esso ti sarà tolto e tu morirai!”. I pazienti con questo disturbo presentano infatti una ipoventilazione, cioè non respirano adeguatamente durante il sonno, tanto che i valori di ossigeno nel sangue si abbassano e quelli dell’anidride carbonica si alzano. Il problema non è a carico del polmone, ma dipende dal cervello che “dimentica” di mandare il comando di respirare ed è per questo che la sindrome viene chiamata centrale.

Al Bambino Gesù a prendersi cura dei bambini e dei ragazzi colpiti da questa sindrome è l’Unità Operativa Semplice di Terapia Semintensiva Respiratoria, parte dell’Unità Operativa Complessa di Broncopneumologia, struttura di riferimento dell’Ospedale per i casi ad alta complessità assistenziale, legata a problemi respiratori. Si tratta di bambini e ragazzi spesso dipendenti dalla ventilazione meccanica, che hanno bisogni assistenziali maggiori rispetto a quelli erogati nei reparti di Pediatria Generale o specialistica, ma minori rispetto alle Unità di Terapia Intensiva. Ecco l’intervista alla dottoressa Maria Giovanna Paglietti, responsabile della Terapia Semintensiva Respiratoria.

Quanti sono i pazienti ondine ad oggi seguiti dal Bambino Gesù? Quanti casi ci sono in Italia? 

pazienti con Ipoventilazione Centrale Congenita o Sindrome di Ondine seguiti presso il nostro Ospedale sono 40 e rappresentano circa la metà dei pazienti diagnosticati in Italia.

Come arrivano da voi? Qual è il percorso che li porta al Bambino Gesù? 

Arrivano inviati da altri Centri di ogni parte d’Italia, prevalentemente del Centro-Sud, a causa di sintomi come apnee, cianosi, insufficienza respiratoria, che non trovano una spiegazione e sono difficili da trattare in quanto compaiono molto precocemente. La diagnosi viene fatta spesso presso il nostro Ospedale. Se invece la diagnosi viene fatta presso un altro Centro di cura, veniamo contattati come Centro di riferimento clinico per la presa in carico di questi pazienti e quindi organizziamo il trasferimento.

Una volta arrivati da noi, c’è un percorso diagnostico e assistenziale specifico?

Quando un bambino presenta una insufficienza ventilatoria alla nascita, è necessario effettuare la diagnosi attraverso una accurata anamnesi, un attento esame obiettivo, degli esami funzionali e un esame genetico. Quando al termine del percorso si verifica che il bambino presenta nel sonno delle apnee centrali, con valori di anidride carbonica elevati e di ossigeno inferiori alla norma nel sangue, si fa diagnosi di ipoventilazione centrale. A questo punto si effettua presso il laboratorio di Genetica medica diretta dal Prof. Antonio Novelli lo studio del gene PHOX2B, la mutazione del quale è indicativa di malattia. Nella maggioranza dei casi le mutazioni del gene insorgono de novo durante l’embriogenesi, ma talvolta sono ereditate da genitori con una forma attenuata e spesso asintomatica della malattia. Conoscere il tipo di mutazione è molto importante perché da esso dipende l’espressione clinica della malattia e la sua associazione con patologie intestinali o oncologiche.

Cosa prevede questo percorso?

Nella Regione Lazio al momento non c’è un PDTA (Percorsi Diagnostico Terapeutici Assistenzia) per la patologia, ma noi seguiamo un protocollo basato sulle indicazioni della letteratura e l’esperienza clinica, che si indirizza allo studio del sonno e dello scambio gassoso, necessario per verificare l’efficacia della ventilazione meccanica, a esami di imaging e funzionali di altri organi e apparati al fine di escludere le comorbidità. È sempre molto importante rivalutare a ogni controllo l’aspetto psicologico del paziente e della famiglia, per supportare ogni fase della crescita con una patologia cronica.

Qual è il trattamento standard per questa patologia? Quali sono le loro aspettative di vita e qual è il livello di qualità di vita.

L’unica terapia per l’ipoventilazione è la ventilazione meccanica nel sonno che può essere effettuata attraverso una tracheostomia o una maschera; la scelta deve essere individuata in base alle caratteristiche cliniche e genetiche del paziente, sempre congiuntamente con la famiglia. Al momento non esiste una terapia medica per questa malattia. I pazienti possono avere una vita lunga e soddisfacente, specie se non sono affetti da comorbidità.

Il Bambino Gesù fa parte della rete europea delle malattie rare polmonari (Ern Lung). Ci sono in questo momento ricerche o sperimentazioni in corso cui possono essere inseriti i pazienti? 

Al momento ci sono diversi gruppi di ricerca sul gene PHOX2B e sulla Ipoventilazione Centrale Congenita. In modo particolare l’Ospedale collabora strettamente in Italia con il gruppo della professoressa Ceccherini del Gaslini di Genova e quello del professor Fornasari dell’Università di Milano. Alcuni pazienti seguiti presso il nostro Ospedale hanno dato il consenso a fornire materiale biologico per la ricerca di sperimentazione farmacologica in atto. Il nostro Ospedale è un centro di riferimento clinico per i pazienti e in tal senso abbiamo pubblicato la nostra casistica ventennale e i cambiamenti nella gestione clinica avvenuti in questo periodo su Frontiers in Pediatrics.

Quale messaggio di sente di rivolgere alle famiglie che vivono questa condizione? Qual è il ruolo e l’importanza delle associazioni di pazienti?

La sindrome di Ondine è una patologia rara e molto complessa, che però può consentire ai pazienti di avere una buona qualità di vita se effettuano precisi controlli clinici e funzionali. Il messaggio per i pazienti è quindi quello di effettuare costantemente la ventilazione meccanica e un regolare follow up multidisciplinare nel centro dove sono seguiti. Se il progresso della medicina e della tecnologia consente ai pazienti di avere ventilatori sempre più performanti e maschere sempre più morbide e pratiche, rimane a carico dei genitori il controllo dei parametri vitali durante la ventilazione, con tante ore di sonno perse. A loro va il nostro grazie e il nostro supporto.

In Italia è presente l’Associazione Italiana per la Sindrome da Ipoventilazione Centrale Congenita (AISICC), nata a Firenze nel 2003, alla quale aderiscono la maggior parte delle famiglie italiane dei pazienti. Con la newsletter mensile e il convegno annuale consente alle famiglie dei pazienti di creare una rete di sostegno e di costante informazione. È preziosa anche per gli specialisti della patologia che si riuniscono con lo scopo di aggiornare le ricerche scientifiche e di raccogliere progetti, spesso finanziati dalla stessa Associazione.