Interstiziopatia polmonare: rituximab efficace come ciclofosfamide


Il trattamento con rituximab è vantaggioso almeno quanto quello con ciclofosfamide nelle interstiziopatie polmonari associate alle connettiviti miste

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Il trattamento con rituximab è vantaggioso almeno quanto quello con ciclofosfamide nelle interstiziopatie polmonari (ILD) associate alla miosite infiammatoria idiopatica (IIM) e alle connettiviti miste (MCTD), rispetto alle interstiziopatie associate alla sclerosi sistemica (SSc).

Questo il responso di un’analisi per sottogruppi di malattia dello studio RECITAL (the Rituximab versus Cyclophosphamide for the Treatment of Connective Tissue Disease Associated Interstitial Lung Disease), un trial clinico presentato nel corso del Congresso annuale dell’American College of Rheumatology e, contemporaneamente, pubblicato su Lancet Respiratory Medicine (1).

I risultati sull’efficacia di rituximab, per ammissione stessa degli autori dello studio, hanno in parte disatteso le aspettative, dato che il trial si proponeva di dimostrare la superiorità del rituximab rispetto all’immunosoppressore.
Tuttavia, il raggiungimento di una condizione prossima all’equivalenza terapeutica è stato salutato con soddisfazione dagli sperimentatori, insieme ai buoni dati positivi di safety, secondo i quali gli eventi avversi (AE) erano significativamente meno frequenti con il farmaco biologico.

Razionale e disegno dello studio
Come è noto, rituximab ha un effetto di deplezione nei confronti dei linfociti B e viene normalmente utilizzato in condizioni caratterizzate da un’eccessiva attività di questa popolazione cellulare.

Diversi studi hanno suggerito l’esistenza di un possibile ruolo delle cellule B nelle malattie del tessuto connettivo e di un’utilità dell’impiego di rituximab come “terapia di soccorso” per la ILD associata a queste condizioni. Fino ad ora, però, l’effetto del rituximab in questo contesto non era stato esplorato in un trial clinico randomizzato.

Lo studio RECITAL ha messo a confronto il trattamento con rituximab con la ciclofosfamide come terapia di prima linea per i pazienti con interstiziopatia grave o progressiva dovuta a miosite infiammatoria idiopatica (IIM), sclerosi sistemica (SSc) o malattia mista del tessuto connettivo (MCTD). A 24 settimane, sia il rituximab che la ciclofosfamide hanno determinato un miglioramento dell’endpoint primario, rappresentato della FVC, e un miglioramento delle misure di qualità della vita.

L’obiettivo di questa analisi per sottogruppi è stato quello di analizzare l’effetto di rituximab e di ciclofosfamide in base alla malattia del tessuto connettivo (CTD) considerata.

Nello studio RECITAL, 101 pazienti con ILD erano stati randomizzati, secondo uno schema 1:1, a trattamento con infusioni endovena di ciclofosfamide (600 mg/m2 di superficie corporea) ogni 4 settimane per un totale di 6 somministrazioni o con rituximab 1 g, somministrato all’inizio del trial basale e ripetuto a 2 settimane.

L’outcome primario della sottoanalisi presentata al Congresso è stato il tasso di variazione della FVC a 24 settimane. Tra gli outcome secondari, invece, vi erano la variazione della FVC a 48 settimane, la sicurezza e la tollerabilità, la qualità di vita riferita dal paziente e il punteggio cutaneo Rodnan modificato nei pazienti con SSc.

Dei 101 pazienti reclutati nello studio (51 nel gruppo rituximab e 50 nel gruppo ciclofosfamide),  44 (45,4%) erano affetti da IIM, 37 (38,1%) da SSc e 16 (16,5%) da MCTD. I pazienti con MCTD e SSc rispetto a quelli con IIM presentavano una maggiore gravità di ILD al basale.

Risultati principali
La ciclofosfamide è apparsa leggermente più efficace del rituximab per i pazienti con IIM, con un aumento rispetto al basale di circa 350 mL contro 250 mL alla settimana 24 e di circa 400 mL contro 200 mL alla settimana 48, anche se le differenze non hanno raggiunto la significatività statistica.

Nel complesso, nel gruppo IIM, sia rituximab (241 mL; IC95%: 92,9-388,2 mL) che ciclofosfamide (345,7 mL; IC95%: 198,1-493,2 mL) hanno determinato miglioramenti significativi della FVC a 24 settimane.

Nei gruppi MCTD, entrambi i farmaci sono stati efficaci, aumentando la FVC di circa 200 mL rispetto al basale. Entrando nel dettaglio, le variazioni rispetto al basale sono state di 208,0 mL (IC95%: 3,3-412,7 mL) con rituximab e 164,8 mL (da -5,0 a 379,9 mL) con ciclofosfamide.

Nel gruppo SSc, infine, il trattamento con rituximab e ciclofosfamide non ha migliorato, invece,  la funzione polmonare.  In questi pazienti i valori di FVC hanno oscillato durante la fase di trattamento e alla settimana 24 erano in realtà leggermente peggiori rispetto al basale.  Entrando nei dettagli, le variazioni della FVC a 24 settimane sono state di -26,0 mL (da -186,8 a 134,6 mL) con rituximab e -3,3 mL (da -154,8 a 148,2 mL) con ciclofosfamide. Alla settimana 48 la FVC era tornata sostanzialmente al valore basale.

Il trattamento con rituximab, tuttavia, rispetto a quello con ciclofosfamide, è risultato associato ad un miglioramento del punteggio cutaneo di Rodnan nei pazienti con SSc (1,6±5,7 vs -3,4±8,1 unità, rispettivamente; differenza, -4,47 unità [IC95%: da -7,99 a -0,95 unità]; P =0,013).

Implicazioni e caveat dello studio
Nel commentare i risultati, gli autori dello studio hanno così concluso: “L’entità del beneficio ottenuto da ciclofosfamide e rituximab è risultata maggiore nei pazienti con ILD associata a IIM e MCTD. Nei pazienti con ILD associata a SSc, invece, la terapia ha stabilizzato ma non migliorato la funzione polmonare. Quanto ai pazienti con ILD associata a SSc, rituximab, ma non ciclofosfamide, ha migliorato lo spessore cutaneo misurato dal punteggio cutaneo modificato di Rodnan a 24 settimane”.

Nel complesso, dunque, i risultati dell’analisi per sottogruppi dello studio RECITAL sembrano indicare in rituximab un’alternativa terapeutica migliore alla ciclofosfamide per ragioni di safety.

Pur d’accordo con questo aspetto, gli estensori dell’editoriale di accompagnamento al lavoro pubblicato su Lancet Respiratory Medicine (2), in concomitanza con la presentazione del lavoro al Congresso, hanno suggerito prudenza nell’interpretazione dei dati: ”Lo studio RECITAL conferma l’efficacia di rituximab, precedentemente suggerita solo da casistiche pazienti e da studi non controllati; restano ancora aperte, tuttavia,  diverse questioni da affrontare, soprattutto per quanto riguarda la terapia di combinazione con farmaci antifibrotici o altri immunosoppressori”.

Gli estensori dell’editoriale hanno sottolineato che il ruolo del rituximab nelle malattie del tessuto connettivo deve ancora essere stabilito, così come il dosaggio ottimale e la durata necessaria del trattamento.
“Di qui – concludono – la necessità di condurre studi ulteriori di dimensioni numeriche appropriate e progettati, in modo specifico, a rispondere alle domande sopra indicate ancora senza risposta”.

Bibliografia
1) Maher T, et al “Rituximab versus intravenous cyclophosphamide in patients with connective tissue disease-associated interstitial lung disease in the UK (RECITAL): a double-blind, double-dummy, randomised, controlled, phase 2b trial” Lancet Resp Med 2022; DOI: 10.1016/S2213-2600(22)00359-9.
Leggi

2) Manfredi A et al. “Rituximab for connective tissue disease-associated interstitial lung disease” Lancet Resp Med 2022; DOI: 10.1016/S2213-2600(22)00356-3.