Controllo intensivo della pressione: benefici solo se dura nel tempo


Secondo i risultati di uno studio il controllo intensivo della pressione arteriosa è benefico per la salute solo se mantenuto nel tempo

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Un gruppo di ricercatori della Wake Forest University School of Medicine di Winston-Salem (USA) ha dimostrato, in un’analisi secondaria dello studio SPRINT, che mentre il controllo intensivo della pressione arteriosa è benefico per la salute dei partecipanti durante lo studio, gli effetti positivi sulla mortalità cardiovascolare scompaiono dopo circa due anni, quando i protocolli per la gestione della pressione arteriosa non sono più seguiti. I risultati sono pubblicati online su “JAMA Cardiology”.

Le evidenze pregresse e quelle attuali
Nel 2015, i risultati pubblicati dello studio SPRINT (Systolic Blood Pressure Intervention Trial) hanno dimostrato che la gestione intensiva della pressione arteriosa riduce le malattie cardiovascolari e il rischio di morte.

Nel 2019, i risultati dello studio SPRINT MIND hanno evidenziato che l’abbassamento della pressione arteriosa diminuisce anche il rischio di decadimento cognitivo lieve negli anziani.

Ora, spiegano gli autori dell’attuale analisi, guidati da Nicholas Pajewski, professore associato di biostatistica e scienza dei dati presso la Wake Forest University School of Medicine, «volevamo esaminare l’effetto a lungo termine del trattamento intensivo dello studio SPRINT».

«I risultati sono deludenti, ma non sorprendenti» osservano, facendo notare che se si ha la pressione alta, il suo controllo rappresenta un impegno per tutta la vita.

Che cosa era emerso dallo studio SPRINT nel 2015
Lo studio SPRINT ‘originario’, condotto da David Reboussin, professore di biostatistica e scienza dei dati presso la Wake Forest University School of Medicine, aveva confermato che negli adulti di età pari o superiore a 50 anni con pressione alta, puntando a una pressione arteriosa sistolica inferiore a 120 mm Hg si riduceva il tasso degli eventi cardiovascolari, come infarto e insufficienza cardiaca, così come dell’ictus, del 25%. Il nuovo target aveva anche ridotto il rischio di morte del 27%, rispetto a una pressione sistolica target di 140 mm Hg.

Lo studio era iniziato nell’autunno del 2009 e aveva incluso più di 9.300 partecipanti di età pari o superiore a 50 anni, reclutati da circa 100 centri medici e pratiche cliniche negli Stati Uniti e a Porto Rico. I partecipanti erano stati assegnati in modo casuale a un obiettivo di pressione arteriosa sistolica inferiore a 120 mm Hg (trattamento intensivo) o inferiore a 140 mm Hg (trattamento standard).

Il National Institutes of Health (NIH) interruppe l’intervento sulla pressione arteriosa prima di quanto originariamente previsto per diffondere rapidamente i significativi risultati preliminari, alla base di una nuova serie di linee guida per il controllo della pressione arteriosa.

L’attuale analisi sugli effetti ad anni di distanza
Nell’ultimo studio, Pajewski e colleghi hanno collegato i partecipanti al National Death Index dal 2016 al 2020, che ha aggiunto 4,5 anni di follow-up per la mortalità dopo la conclusione dello studio. Hanno anche esaminato le cartelle cliniche elettroniche dei partecipanti allo studio per le misurazioni ambulatoriali della pressione arteriosa.

«Oltre a un beneficio decrescente del trattamento intensivo sulla mortalità cardiovascolare, abbiamo visto un graduale aumento della pressione arteriosa per i partecipanti al gruppo in trattamento intensivo, in modo tale che, quattro o cinque anni dopo lo studio, non sembrava esserci più una differenza nella pressione arteriosa sistolica tra i due gruppi» riportano gli autori.

«Il messaggio è chiaro» concludono. «Un controllo prolungato della pressione arteriosa è necessario per continuare a ridurre l’onere degli eventi cardiovascolari fatali».

Bibliografia:
Jaeger BC, Bress AP, Bundy JD, et al. Longer-Term All-Cause and Cardiovascular Mortality With Intensive Blood Pressure Control: A Secondary Analysis of a Randomized Clinical Trial. JAMA Cardiol. 2022 Oct 12:e223345. doi: 10.1001/jamacardio.2022.3345. [Epub ahead of print] Link