Demenza: nuovo studio ribalta credenze sulla dieta


Contrariamente a quanto emerso in ricerche precedenti, un nuovo studio non ha rilevato associazioni tra l’adozione di una dieta salutare e il rischio di sviluppare demenza

Diabete di tipo 2: i tiazolidinedioni come il pioglitazone sembrano avere un effetto protettivo contro la demenza mentre le sulfoniluree sembrano aumentarlo

Contrariamente a quanto emerso in ricerche precedenti, un nuovo studio pubblicato sulla rivista Neurology non ha rilevato associazioni tra l’adozione nella mezza età di una dieta salutare, inclusa quella mediterranea, e il rischio di sviluppare demenza per tutte le cause, Alzheimer o demenza vascolare in un periodo di 20 anni.

I casi di demenza stimati a livello globale sono stati 47 milioni nel 2015 e si prevede che questo numero triplicherà nei prossimi 30 anni. Dal momento che non esistono trattamenti efficaci, intervenire sui fattori di rischio modificabili per il deterioramento cognitivo potrebbe portare grandi benefici a questi pazienti e ridurre i costi per la società. Come riconosciuto dal rapporto del 2020 della “Lancet Commission on Dementia prevention, intervention, and care”, i fattori di rischio modificabili riguardano il 40% dei casi di demenza nel mondo.

Nessuna riduzione del rischio
Diversi studi hanno valutato in che modo le abitudini alimentari influiscono sul rischio di demenza, con esiti contraddittori.

I nuovi risultati si basano sull’analisi di circa 28mila adulti (61% donne, età media 58 anni al basale) senza demenza al basale che sono stati seguiti per un periodo di 20 anni nell’ambito dello Swedish Malmö Diet and Cancer Study.

Le abitudini alimentari sono state valutate attraverso:

  • un diario alimentare di 7 giorni in cui i partecipanti hanno registrato pasti cucinati, bevande fredde, farmaci, rimedi naturali e integratori alimentari
  • un questionario dettagliato composto da 168 voci sul consumo regolare di alimenti non coperti dal diario alimentare (es. colazione e spuntini), le dimensioni delle porzioni (basate sulle immagini di quattro porzioni per 48 alimenti) e la frequenza degli alimenti consumati
  • un colloquio di 45-60 minuti con personale qualificato che ha raccolto ulteriori informazioni sui metodi di cottura, le scelte degli alimenti e le dimensioni delle porzioni

Durante il follow-up hanno sviluppato la demenza 1.943 soggetti (6,9%), che erano più anziani, avevano un livello di istruzione inferiore e presentavano più fattori di rischio cardiovascolare e comorbilità al basale rispetto a quanti non hanno sviluppato la condizione.

I partecipanti che hanno aderito alle raccomandazioni convenzionali sull’adozione di una dieta salutare non hanno però mostrato un rischio più basso di demenza per tutte le cause ( hazard ratio, HR, confrontando la peggiore aderenza con la migliore, 0,93), malattia di Alzheimer (HR 1,03) o demenza vascolare (HR 0,93). Lo stesso con l’adesione alla dieta mediterranea per il rischio di demenza per tutte le cause (HR 0,93), Alzheimer (HR 0,90) o demenza vascolare (HR 1,00).

Inoltre non è stata rilevata alcuna associazione significativa tra la dieta e la patologia correlata alla malattia di Alzheimer, sulla base dell’accumulo di beta-amiloide nell’analisi del liquido cerebrospinale in un sottogruppo di 738 partecipanti. Varie analisi di sensibilità hanno prodotto risultati simili.

«Anche se il nostro studio non esclude una possibile associazione tra dieta e demenza, non abbiamo identificato un collegamento nonostante un lungo periodo di follow-up, l’inclusione di partecipanti più giovani rispetto ad altre ricerche e il fatto che non fosse richiesto che le persone ricordassero quali cibi avevano assunto regolarmente anni prima» ha fatto presente il primo autore Isbelle Glans, dell’Università di Lund in Svezia.

La dieta ha comunque la sua importanza 
«Le abitudini alimentari come singolo fattore potrebbero non avere un effetto sufficientemente rilevante sulla cognizione, ma è più probabile che debbano essere considerate come una parte di più elementi che insieme possono influenzare il corso della funzione cognitiva (dieta, esercizio fisico regolare, controllo dei fattori di rischio vascolare, evitare il fumo di sigaretta, bere alcolici con moderazione, ecc.)» hanno scritto Nils Peters dell’Università di Basilea in Svizzera e Benedetta Nacmias dell’Università di Firenze in un editoriale di accompagnamento.

«Resta da capire come produrre evidenze che possano promuovere le implicazioni delle abitudini alimentari sulla cognizione. Nel complesso le strategie dietetiche saranno molto probabilmente implicate, per ridurre il numero in continuo aumento delle persone più anziane con demenza o per prolungare l’aspettativa di vita in buona salute, oppure entrambi» hanno aggiunto.

Referenze

Glans I et al. Association Between Dietary Habits in Midlife With Dementia Incidence Over a 20-Year Period. Neurology. 2022 Oct 12;10.1212/WNL.0000000000201336.
Leggi

Peters N, NacmiasB. Does diet matter? The implications of dietary habits for dementia. Neurology. 2022 Oct 12;10.1212/WNL.0000000000201420. 
Leggi