Malattia renale e CAD: terapia invasiva e conservativa a confronto


Nei pazienti con malattia renale cronica avanzata e malattia coronarica cronica, la strategia invasiva non riduce il rischio di morte a 5 anni rispetto a quella conservativa

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Nei pazienti con malattia renale cronica (CKD) avanzata e malattia coronarica (CAD) cronica, una strategia invasiva non riduce il rischio di morte a cinque anni rispetto a una strategia conservativa. Questo è il risultato dello studio ISCHEMIA-CKD EXTEND presentato a Barcellona, nel corso dell’ESC22.

«Precedenti studi relativi a una strategia invasiva rispetto a quella conservativa per la gestione della CAD cronica hanno escluso i pazienti con CKD avanzata o hanno incluso solo una piccola percentuale di questi pazienti» ha fatto notare il primo autore, Sripal Bangalore della New York University School of Medicine (USA). «Pertanto, la gestione ottimale di questo  gruppo di pazienti ad alto rischio non è nota».

Che cosa era emerso dai risultati primari dello studio originario
I risultati primari dello studio ISCHEMIA-CKD, sono stati precedentemente pubblicati sul “NEJM”. «Lo studio ha arruolato 777 pazienti con CKD avanzata (definita come velocità stimata di filtrazione glomerulare [eGFR] <30 ml/min/1,73 m2 o in dialisi) e ischemia moderata o grave in caso di stress test» ha proseguito Bangalore.

L’età media dei partecipanti era di 63 anni e il 31% erano donne.  I pazienti sono stati assegnati in modo casuale a:

  • una strategia invasiva iniziale, che consisteva in cateterizzazione cardiaca e rivascolarizzazione ottimale con intervento coronarico percutaneo (PCI) o chirurgia di innesto di bypass coronarico (CABG), se adatto, più terapia medica diretta alle linee guida;
  • una  strategia conservativa iniziale basata sulla sola terapia medica diretta alle linee guida, con cateterismo cardiaco e rivascolarizzazione mediante PCI o CABG, se opportuna, riservata al fallimento della terapia medica.

A un follow-up mediano di 2,2 anni, la strategia invasiva iniziale non ha ridotto l’esito primario della morte o dell’infarto miocardico (IM) non fatale, ha osservato Bangalore.

Comunicati gli esiti temporanei dell’estensione in corso
«ISCHEMIA-CKD EXTEND sta seguendo i partecipanti allo studio per una mediana di nove anni» ha affermato Bangalore, il quale all’ESC22 ha riportato i risultati di un’analisi intermedia a cinque anni.

«L’analisi ha incluso tutti i 777 pazienti dello studio. L’endpoint primario era la morte per tutte le cause  e gli endpoint secondari erano la morte cardiovascolare (CV) e la morte non CV» ha detto il ricercatore.

A un follow-up mediano di cinque anni, ci sono stati un totale di 305 decessi (113 dalla pubblicazione dei risultati primari), di cui 158 nel gruppo invasivo e 147 nel gruppo conservatore. Non c’è stata alcuna differenza significativa nella morte tra i gruppi ( hazard ratio aggiustato 1,12; intervallo di confidenza al 95% 0,89-1,41; p=0,322).

«In questo follow-up quinquennale dei pazienti dello studio ISCHEMIA-CKD, una strategia di gestione invasiva iniziale non ha migliorato la sopravvivenza quando è stata aggiunta alla terapia medica diretta dalle linee guida in pazienti con CKD avanzata e CAD cronica» ha dichiarato Bangalore.

«Allo stesso modo, non ci sono state differenze significative nella morte CV o nella morte non CV con una strategia invasiva rispetto a quella conservativa. Ulteriori analisi non hanno mostrato alcuna eterogeneità significativa dell’effetto del trattamento per nessun sottogruppo»  ha aggiunto.

«Da notare che il tasso di mortalità era molto alto, con quasi il 40% di mortalità a cinque anni, indicando un  gruppo ad alto rischio di pazienti che hanno urgente bisogno di terapie per ridurre questo rischio» ha concluso il ricercatore.

I messaggi chiave

  • Impatto sulla pratica clinica
    • Una strategia invasiva iniziale non ha dimostrato un rischio ridotto di morte rispetto a una iniziale strategia conservativa a un follow-up mediano di 5 anni in pazienti con CKD avanzata e almeno ischemia moderata allo stress test.
  • Impatto da comunicare al paziente
    • I pazienti con insufficienza renale cronica avanzata hanno un alto rischio di morte per tutte le cause e cardiovascolare.
    • Una strategia invasiva di routine non ha ridotto questo rischio fino a 5 anni di follow-up.
  • Take-home message
    • Un’estensione a più lungo termine valuterà l’impatto a un follow-up mediano di 9 anni.
    • Sono necessarie terapie urgenti per ridurre l’alto rischio di morte in questa coorte.

Fonte:
Bangalore S. International Study of Comparative Health Effectiveness With Medical And Invasive Approaches – Chronic Kidney Disease EXTENDed Follow-up: Clinical Outcomes at 5 years of Follow-up. ESC22. Barcelona (Spain).