Artrite reumatoide: olokizumab promosso in fase III


Artrite reumatoide: per i pazienti in trattamento con MTX, l’aggiunta di olokizumab ha dato risultati migliori rispetto al placebo o ad adalimumab

La fatigue è presente già durante le prime fasi dell'artrite reumatoide e tende a permanere stabilmente nel tempo secondo un nuovo studio

In pazienti con artrite reumatoide (AR) che sono in trattamento con MTX, l’aggiunta di olokizumab, un nuovo inibitore di IL-6 in corso di sviluppo clinico, ha dato risultati migliori rispetto al placebo e non inferiori ad un farmaco anti-TNF di confronto di provata efficacia (adalimumab), come documentato dalla risposta ACR20 a 12 settimane. Queste le conclusioni di uno trial clinico di fase 3, randomizzato e controllato vs. placebo e controllo attivo, pubblicato su NEJM.

Razionale e obiettivi dello studio
La patofisiologia dell’AR è notoriamente influenzata da IL-6, ricordano  i ricercatori nell’introduzione allo studio.

Olokizumab (OKZ) è un inibitore di IL-6 che, a differenza di tocilizumab, anticorpo monoclonale diretto contro il recettore dell’IL-6, inibisce la citochina stessa; tale inibizione blocca selettivamente l’assemblaggio finale del complesso di segnalazione, incaricato di mediare la risposta pro-infiammatoria.

Il nuovo studio pubblicato si è proposto l’obiettivo di mettere a confronto il trattamento sottocute con OKZ rispetto ad adalimumab e placebo in termini di efficacia e di safety nel trattamento di pazienti in costanza di trattamento con MTX.

Disegno dello studio
Lo studio di fase 3, della durata di 24 settimane, multicentrico, in doppio cieco, organizzato per gruppi paralleli, randomizzato, controllato vs. placebo e controllo attivo ha reclutato 1.648 pazienti tra il 2016 e il 2019, afferenti a 209 centri dislocati tra gli Usa, il Regno Unito, l’Europa continentale, la Corea del sud, Taiwan e l’America Latina.

I pazienti con AR e risposta non soddisfacente a MTX sono stati randomizzati, secondo uno schema 2:2:2:1 a trattamento con OKZ alla dose di 64 mg ogni 2 oppure ogni 4 settimane, con adalimumab (40 mg ogni 2 settimane) o con placebo, in costanza di trattamento con MTX.

L’età media della popolazione reclutata era pari a 54 anni, con un 75% di pazienti di sesso femminile e un tempo medio dall’insorgenza dei sintomi pari a 7 anni. Il punteggio DAS28-CRP al basale aveva un valore medio pari a 5,9.

L’endpoint primario era rappresentato dalla risposta ACR20 alla dodicesima settimana.

I ricercatori hanno valutato sia la superiorità di ciascuno dei due dosaggi di OKZ previsti dal protocollo rispetto al placebo, come pure la non inferiorità di OKZ rispetto ad adalimumab relativamente alla proporzione di pazienti che aveva raggiunto la risposta ACR20 (margine di non inferiorità: -12 punti percentuali entro il limite inferiore dell’ intervallo di confidenza al 97,5% per la differenza tra gruppi).

Risultati principali di efficacia
Sul totale di 1.648 pazienti inizialmente reclutati 464 sono stati trattati con OKZ ogni 2 settimane, 479 con OKZ ogni 4 settimane, 462 con adalimumab e 243 con placebo.
Dai risultati è emerso il soddisfacimento della risposta ACR20 a 12 settimane (endpoint primario):
– nel 44,2% dei pazienti trattati con placebo,
– nel 70,3% di quelli trattati con OKZ ogni 2 settimane (differenza vs. placebo= 25,9%; IC97,5%= 17,1-34,1)
– nel 71,4% di quelli trattati con OKZ ogni 4 settimane (differenza vs. placebo= 27%; IC97,5%= 18,3-35,2)
– nel 66,9% di quelli trattati con adalimumab  (differenza vs. placebo= 22,5%; IC95%= 14,8- 29,8) (p<0.001 per la superiorità di ciascuno dei due dosaggio di OKZ rispetto a placebo)

Inoltre, entrambi i dosaggi di OKZ hanno soddisfatto la condizione di non inferiorità rispetto ad adalimumab relativamente alla percentuale di pazienti soddisfacenti la risposta ACR20 a 12 settimane [differenza=3,4% (IC97,5%= da -3,5 a 10,2) con OKZ ogni 2 settimane; differenza= 4,5%; (IC97,5%= da -2,2 a 11,2) con OKZ ogni 4 settimane.

Risultati di safety
Sul fronte degli eventi avversi (AE), rappresentati prevalentemente da infezioni, questi hanno interessato quasi il 70%-71% dei pazienti trattati con OKZ, indipendentemente dal dosaggio, il 65,4% di quelli trattati con adalimumab e il 63,4% dei pazienti del gruppo placebo.

Inoltre, è stata documentata la presenza di anticorpi contro OKZ nel 3,8% dei pazienti trattati con il farmaco ogni 2 settimane e nel 5,1% dei pazienti trattati ogni 4 settimane.

Riassumendo
Nel commentare i risultati, i ricercatori hanno ammesso, tra i limiti metodologici intrinseci del lavoro, la breve durata del follow-up dello studio (che non ha consentito l’identificazione di possibili eventi avversi rari), la mancata valutazione della malattia articolare mediante imaging e della superiorità di OKZ rispetto ad adalimumab (entrambe non previste dal protocollo dello studio).

Ciò detto, i risultati di questo trial suffragano osservazioni precedenti sull’efficacia e la sicurezza di OKZ nell’AR, suggerendo un ampliamento dello spettro di pazienti affetti da questa condizione clinica che potrebbe trarre giovamento da questo nuovo farmaco sperimentale.

Nel complesso, se i risultati ottenuti fanno prevedere, ragionevolmente, un’approvazione del farmaco a breve (almeno sulla carta) da parte degli enti regolatori Usa e Ue (Fda ed Ema), va tenuto presente anche il fatto che l’azienda responsabile dello sviluppo clinico del farmaco (R-Pharm) si trova a Mosca. Pertanto, alla luce delle sanzioni attuale contro la Russia messe in essere da parte degli Usa e degli altri Paesi occidentali, non è ancora chiaro se o quando il farmaco potrà essere messo in commercio al di fuori della sfera della Russia (che ha già approvato il farmaco nel 2020).

Bibliografia
Smolen J, et al “Olokizumab versus placebo or adalimumab in rheumatoid arthritis” N Eng J Med 2022; DOI: 10.1056/NEJMoa2201302.
Leggi