PET per analizzare malattie cardiovascolari: ecco due nuovi studi


Indagini per stenosi e placche aterosclerotiche coronariche: due studi dove un ruolo centrale è stato svolto dalla PET, la tomografia a emissione di positroni

Studio italiano sull'anemia emolitica nei portatori di protesi valvolare cardiaca pubblicato sul “Journal of the American College of Cardiology”

L’imaging medico-nucleare ha avuto ampio risalto all’ESC22. Sono stati presentati due studi dove un ruolo centrale è stato svolto dalla tomografia a emissione di positroni (PET). Nello studio DAN-NICAD 2 sono state evidenziate le potenzialità e i limiti della PET con Rubidio-82 (Rb-PET) come metodica non invasiva di perfusione miocardica nella selezione dei pazienti con sospetta malattia coronarica (CAD) per potenziale rivascolarizzazione. Nello studio PRE18FFIR, più innovativo e sperimentale, è stato indagato l’impiego della PET con fluoruro di sodio marcato con F18 nella rilevazione dell’attività della placca aterosclerotica coronarica, predittiva di rischio di infarto miocardico (IM) e mortalità cardiaca.

1 – Lo studio DAN-NICAD 2
Nei pazienti sottoposti ad angiografia coronarica con tomografia computerizzata (CTA coronarica) con sospetta CAD, due test di seconda linea di imaging di perfusione miocardica (MPI) – ovvero la risonanza magnetica cardiaca 3T (CMR) e la Rb-PET – utilizzati nella selezione di pazienti da avviare a test invasivi per la potenziale rivascolarizzazione, hanno un’alta specificità ma una bassa sensibilità.

È questa, in estrema sintesi, la conclusione dello studio DAN-NICAD 2. «La maggior parte dei pazienti con sospetta CAD sottoposti a CTA coronarica non ha una malattia ostruttiva» ha detto Morten Bottcher dell’Ospedale Goedstrup dell’Università di Aarhus (Danimarca).

«Il Dan-NICAD 2 affronta una sfida clinica» ha premesso Bottcher. «Quando un paziente con tipica angina pectoris, ma non severa, viene inviato dal medico di medicina generale al cardiologo, con sospetto di CAD de novo. Il cardiologo a sua volta, effettuata un’ecocardiografia e una stratificazione del rischio, invia il paziente all’esecuzione di una CTA coronarica. Nel 50% dei casi il quadro è completamente normale e in circa il 25% dei casi vi è il sospetto di una stenosi coronarica».

Il nodo da sciogliere
Le linee guida ESC raccomandano test per l’ischemia dopo una CTA coronarica primaria positiva per guidare a una potenziale rivascolarizzazione. È noto, peraltro, che nelle linee guida le performance delle scansioni di perfusione in questo contesto non sono note e non sono fornite specifiche raccomandazioni.

«Tuttavia, i nostri risultati mostrano che mentre queste modalità di imaging identificano i pazienti con le stenosi più gravi e CAD ad alto rischio, sono meno sensibili nei pazienti con stenosi moderate e valori di riserva di flusso frazionario (FFR) borderline o in ‘zona grigia’ che sono prevalenti in questo contesto» ha sottolineato.

«Ciò significa da un lato che molti pazienti potrebbero evitare test invasivi se si applica l’imaging di perfusione di seconda linea; dall’altro, significa anche che alcuni pazienti con stenosi moderate potrebbero non essere individuati. Sono quindi necessari studi focalizzati sulla gestione diagnostica dei pazienti con stenosi moderate» ha affermato Bottcher.

Prima di indirizzare i pazienti con sospetta CAD ostruttiva alla CTA coronarica verso l’esecuzione di un’angiografia coronarica invasiva (ICA), le linee guida raccomandano la verifica dell’ischemia miocardica mediante MPI. Tuttavia – ha ribadito il ricercatore – vi sono prove lacunose relative alla performance dell’imaging di perfusione e su quale sia la modalità di perfusione più accurata in questi pazienti.

Confronto tra tecniche di imaging di perfusione miocardica
Nello studio Dan-NICAD 2 sono state confrontate le prestazioni diagnostiche allo stress test dell’MPI mediante CMR e Rb-PET in pazienti con sospetta stenosi ostruttiva alla CTA coronarica utilizzando la FFR misurata mediante ICA (ICA-FFR) come riferimento.

Lo studio ha incluso 1.732 pazienti consecutivi con sintomi che suggerivano CAD ostruttiva e sottoposti a CTA coronarica. L’età media era di 59 anni e il 57% erano uomini. «In base alla CTA coronarica, 445 pazienti (26%) avevano una stenosi sospetta (definita come stenosi di diametro >50%). Tutti i 445 pazienti sono stati indirizzati a CMR e Rb-PET in ordine randomizzato, e infine tutti i pazienti sono stati sottoposti a ICA-FFR» ha ripreso Bottcher.

Sensibilità e specificità di risonanza magnetica cardiaca 3T e Rb-PET
Un totale di 372 pazienti hanno completato sia CMR che Rb-PET e sono stati inclusi nell’analisi. La malattia coronarica emodinamicamente ostruttiva è stata identificata in 164 pazienti su 372 (44,1%) durante ICA-FFR. La sensibilità di CMR e Rb-PET è stata del 59% ( intervallo di confidenza al 95% [CI] 51-67%) e del 64% (IC 95% 56-71%), rispettivamente (p = 0,21) mentre le specificità erano dell’84% (IC 95% 78-89%) e dell’89% (IC 95% 84-93%), nello stesso ordine (p = 0,08).

I valori predittivi positivi (PPV) e negativi (NPV) erano simili per le due tecniche: PPV per CMR 76% contro Rb-PET 79%, NPV per CMR 73% contro Rb-PET 75%. L’accuratezza complessiva è stata leggermente superiore per Rb-PET rispetto a CMR (78% contro 73%, rispettivamente; p = 0,03). «Rb-PET» ha sottolineato Bottcher «ha correttamente classificato più pazienti con malattia ad alto rischio (malattia principale sinistra o dei tre vasi) come anormale rispetto alla CMR: Rb-PET 30/31 (96,8%) rispetto a CMR 24/31 (77,4%), p = 0,03».

Entrambe le modalità avevano un’elevata sensibilità per le stenosi gravi con stenosi >70% del diametro, CMR 83% (IC 95% 72-91%) e Rb-PET 89% (IC 95% 79-95%). «Meno della metà dei pazienti (44%) con sospetta CAD alla CTA coronarica aveva una CAD ostruttiva confermata mediante ICA-FFR. Lo stress test CMR e PET aveva sensibilità comparabilmente moderata e alta specificità nel prevedere i risultati FFR» ha affermato il ricercatore.

Conclusioni aperte
Un approccio di test di perfusione sembra quindi sicuro in quanto sono stati diagnosticati quasi tutti i pazienti con malattia grave (stenosi di alto grado, malattia principale sinistra e dei tre vasi). «Ma la modesta sensibilità nel prevedere una FFR bassa significa che c’era spesso una discrepanza tra questi risultati di perfusione avanzata e la FFR invasiva» ha detto.

«L’accuratezza della CTA coronarica deve migliorare in modo che più pazienti senza CAD ostruttiva evitino ulteriori indagini» ha concluso. «Ciò potrebbe essere ottenuto attraverso una migliore qualità dell’imaging CT e forse da analisi di immagini più avanzate come la stima non invasiva della FFR e i sistemi di conteggio dei fotoni».

«Anche le tecniche di perfusione potrebbero essere migliorate, per esempio utilizzando misurazioni quantitative della perfusione con sistemi CMR o PET con acqua marcata con ossigeno-15. Occorrono comunque ulteriori studi per indagare il beneficio della rivascolarizzazione in pazienti con discordanza tra difetti di perfusione miocardica e misure della FFR» ha concluso.

2- Lo studio PRE18FFIR
Nello studio PRE18FFIR è stata valutata la PET con 18F-fluoruro di sodio come tecnica di imaging non invasiva per rilevare l’attività della malattia coronarica nei pazienti con IM. «Questa indagine non ha predetto l’endpoint primario di tutti gli eventi coronarici, ma ha predetto la mortalità per tutte le cause e la morte cardiaca o l’IM non fatale» ha affermato il primo ricercatore, David Newby, dell’Università di Edimburgo (UK).

Il razionale e lo scopo della ricerca
PRE18FFIR è stato il primo studio internazionale multicentrico (nove centri cardiologici in quattro paesi di tre continenti) a esaminare prospetticamente se la valutazione non invasiva dell’attività della placca aterosclerotica coronarica fosse predittiva di eventi cardiaci ricorrenti in pazienti con IM.

«La previsione viene attualmente eseguita con punteggi di rischio clinico e valutazione della malattia coronarica ostruttiva, ma manca l’accuratezza» ha sottolineato Newby. «Le placche coronariche ad alto rischio identificate utilizzando approcci di imaging invasivi sono state associate a futuri eventi coronarici, ma queste tecniche non sono pratiche per un uso clinico diffuso» ha aggiunto.

Un’analisi retrospettiva post hoc aggregata di pazienti con malattie cardiovascolari ha precedentemente rilevato che l’aumento dell’attività della placca coronarica (chiamata attività di microcalcificazione coronarica: CMA) è associata a un maggiore rischio di IM.

Visione della area infiammata 
«La CMA è una misura dell’attività della placca aterosclerotica coronarica valutata utilizzando la PET con fluoruro di sodio 18F e l’angiografia coronarica con tomografia computerizzata (CTCA)» ha spiegato Newby. «Si basa sulla scoperta che l’assorbimento del fluoruro di sodio 18F da parte dell’arteria coronaria rappresenta un marker di calcificazione attiva nelle placche ateromatose necrotiche ricche di lipidi».

In particolare, ha spiegato, si tratta della prima tecnica che permette di vedere la malattia flogistica o ‘calda’ in modo non invasivo. Il metodo, altamente sensibile, fa uso di una sonda ad anti-materia che ‘accende’ le aree infiammate nelle arterie cardiache, ha specificato Newby.

La valutazione dell’attività della placca aterosclerotica
Lo studio PRE18FFIR ha studiato se la CMA potesse prevedere eventi coronarici ricorrenti in pazienti con IM recente. Tra il 2015 e il 2020, lo studio ha arruolato 704 pazienti di età pari o superiore a 50 anni con IM recente (entro 21 giorni) e malattia coronarica multivascolare all’angiografia coronarica invasiva o una precedente rivascolarizzazione coronarica.

«L’endpoint primario era la morte cardiaca o l’IM non fatale, ma è stato ampliato durante lo studio per includere la rivascolarizzazione coronarica non programmata a causa di tassi di eventi primari inferiori al previsto» ha spiegato Newby. L’età media dei partecipanti era di 64 anni e l’85% erano uomini. Circa l’89% aveva una malattia coronarica multivascolare, il 7% aveva malattia del gambo principale sinistro e il 4% aveva una malattia di un singolo vaso.

Tutti i partecipanti sono stati sottoposti a PET con fluoruro di sodio 18F e CTCA e la CMA è stata determinata da un laboratorio indipendente centrale in cieco. «CMA = 0 indica una lenta attività della placca aterosclerotica coronarica e CMA>0 indica un’elevata attività della placca aterosclerotica coronarica» ha affermato il ricercatore. «Un totale di 421 pazienti aveva CMA>0 e 283 pazienti avevano CMA=0».

I risultati e la loro interpretazione
I due gruppi erano simili in termini di punteggi medi nel Global Registry of Acute Coronary Events (GRACE) e di gravità di malattia coronarica. «Durante un follow-up mediano di quattro anni, l’endpoint primario composito di morte cardiaca, IM non fatale o rivascolarizzazione coronarica non programmata si è verificato in 51 pazienti (18%) nel gruppo CMA=0 e 90 pazienti (21%) nel gruppo CMA>0» ha riferito Newby.

L’aumento dell’attività della placca aterosclerotica coronarica non è stato associato all’endpoint primario ( hazard ratio [HR] 1,25; 95% intervallo di confidenza [CI] 0,89–1,76; p=0,20). «Ciò è dovuto principalmente alla mancanza di un’associazione con la rivascolarizzazione coronarica non programmata (HR 0,98; 95% CI 0,64-1,49; p=0,91)» ha specificato il primo autore della ricerca.

Nelle analisi secondarie, l’aumento dell’attività della placca aterosclerotica coronarica è stato associato alla mortalità per tutte le cause (HR 2,43; IC 95% 1,15-5,12; p = 0,020) e all’endpoint primario originale di morte cardiaca o IM non fatale (HR1,82; IC 95% 1,07-3,10; p = 0,028). Il protocollo di imaging è stato associato a 15 eventi avversi, che erano principalmente reazioni di contrasto o correlate alla cannula venosa.

«L’aumento dell’attività della placca aterosclerotica coronarica non è associato a tutti gli eventi coronarici, ma predice la morte cardiaca o l’IM non fatale e la mortalità per tutte le cause» ha confermato Newby. «L’associazione è rimasta dopo aggiustamento per la gravità della malattia coronarica ostruttiva o il punteggio GRACE».

Secondo Newby, «questi risultati indicano che l’attività della placca aterosclerotica coronarica predice eventi aterotrombotici ricorrenti spontanei. La valutazione della CMA potrebbe guidare l’applicazione di terapie ipolipemizzanti, antinfiammatorie o altre terapie avanzate più intensive per prevenire eventi aterotrombotici spontanei ricorrenti».

I messaggi-chiave 
Questi, secondo Newby, i punti di maggiore interesse e innovatività della tecnica di imaging proposta, sotto il profilo clinico.

  • Prima dimostrazione di un metodo di visione diretta dell’attività di malattia nelle arterie cardiache senza la necessità di preparare il paziente.
  • Utilizzo di una tecnica ampiamente usata in oncologia e ora applicata in cardiologia.
  • Identificazione dei pazienti che sono a più alto rischio di attacco cardiaco o di morte indipendentemente dagli attuali metodi di predizione del rischio.
  • Questa tecnica può essere usata per:
    • identificare pazienti che hanno malattia attiva e sono a rischio di attacchi cardiaci;
    • personalizzare i trattamenti per prevenire futuri attacchi cardiaci;
    • valutare l’efficienza di nuovi trattamenti per prevenire gli attacchi cardiaci.

Fonti: 
Bottcher M. Dan-NICAD 2 – addresses a clinical challenge. ESC22. Barcelona (Spain).
Newby D. ‘Hot’ Coronary Artery Disease Predicts Heart Attacks. ESC 22. Barcelona (Spain).