Osteoporosi post-menopausa: denosumab meglio di ibandronato


Osteoporosi post-menopausa: maggiore densità minerale ossea con denosumab rispetto a ibandronato dopo la terapia con romosozumab

Osteoporosi: i benefici dell'uso dei bisfosfonati superano l'aumento del rischio di fratture atipiche al femore nelle donne in età avanzata

Nell’osteoporosi post-menopausale, denosumab come trattamento sequenziale dopo 12 mesi di terapia con romosozumab è associato a un maggiore aumento della densità minerale ossea della colonna lombare dopo 12 mesi rispetto a ibandronato, secondo i risultati dello studio VICTOR pubblicato sulla rivista Bone.

Romosozumab è un potente farmaco per il trattamento dell’osteoporosi post-menopausale, ma ha un periodo di somministrazione limitato a 12 mesi. La densità minerale ossea (BMD) diminuisce subito dopo l’interruzione del trattamento, sottolineando l’importanza di un’appropriata terapia sequenziale, hanno premesso gli autori.

«Questo studio controllato e randomizzato nel mondo reale ha confrontato direttamente l’efficacia di ibandronato e denosumab sui cambiamenti della densità minerale ossea (BMD) nell’osteoporosi post-menopausale come terapia sequenziale continua dopo un trattamento di 12 mesi con romosozumab» hanno scritto l’autore senior Yukio Nakamura, professore associato presso la Shinshu University di Matsumoto, in Giappone, e colleghi. «Anche se sono stati osservati aumenti significativi della BMD dopo 12 mesi di terapia sequenziale con ibandronato o denosumab dopo il trattamento con romosozumab per 12 mesi, è emersa una capacità significativamente superiore di denosumab rispetto a ibandronato nell’incrementare la BMD, specialmente a livello della colonna lombare. Di conseguenza denosumab può essere considerato un’opzione preferibile per la gestione dell’osteoporosi in corso dopo romosozumab nelle donne in post-menopausa».

Lo studio VICTOR
I ricercatori hanno condotto uno studio randomizzato e controllato che ha coinvolto 124 donne in post-menopausa con osteoporosi e un grave rischio di fratture. Dopo essere state trattate con romosozumab per 12 mesi, sono state assegnate in modo casuale a ricevere 100 mg di ibandronato al mese o 60 mg di denosumab per via sottocutanea ogni 6 mesi per altri 12 mesi. La densità minerale ossea è stata valutata tramite assorbimetria a raggi X a doppia energia (DXA).

Gli endpoint primari erano il cambiamento della BMD con ibandronato o denosumab a 18 e 24 mesi a livello della colonna lombare, dell’anca totale e del collo del femore. Per misurare i marcatori di turnover osseo sierico sono stati utilizzati i test immunoenzimatici per il P1NP (propeptide N-terminale del procollagene di tipo 1) e l’isoforma 5b della fosfatasi acida tartrato-resistente.

Maggiore incremento della BMD nella colonna lombare con denosumab
Al termine dei 12 mesi di terapia con romosozumab, il gruppo ibandronato e il gruppo denosumab presentavano aumenti della BMD areale simili, rispettivamente del 12% e del 12,4%. Nel gruppo denosumab si è verificato un incremento maggiore della BMD della colonna lombare a 18 mesi (16,6% contro 12,8%, P <0,05) e a 24 mesi (18% contro 14,6%, P <0,05) rispetto al gruppo ibandronato.

Il gruppo denosumab ha ottenuto un aumento totale della BMD dell’anca dell’8,9% e il gruppo ibandronato dell’8,4% a 24 mesi. Gli aumenti erano significativi rispetto al basale, ma non tra i due gruppi. La BMD del collo femorale è aumentata dell’8,6% con denosumab e del 7,1% con ibandronato a 24 mesi. Anche in questo caso l’aumento era significativo rispetto al basale, ma non tra le due terapie.

Il gruppo ibandronato ha mostrato una forte diminuzione del P1NP, del 75,5% a 18 mesi e del 76,9% a 24 mesi. Il gruppo denosumab ha ottenuto riduzioni simili di P1NP del 64,1% a 18 mesi e del 71,9% a 24 mesi. Le diminuzioni dell’isoforma 5b della fosfatasi acida tartrato-resistente iniziate durante la terapia con romosozumab sono continuate sia nel gruppo ibandronato che in quello denosumab, senza differenze tra i due trattamenti.

Si sono verificati dieci eventi avversi nel gruppo ibandronato e cinque nel gruppo denosumab, tutti considerati minori. Nessuno ha comportato l’interruzione del trattamento.

«L’interruzione del trattamento con romosozumab può innescare la promozione del riassorbimento osseo» hanno scritto i ricercatori. «Sembra quindi ragionevole utilizzare agenti antiriassorbimento come il bisfosfonato e denosumab per proseguire il trattamento. Sarà sempre più necessario per i medici escogitare una strategia a lungo termine per gli agenti e gli approcci terapeutici dell’osteoporosi, poiché l’aspettativa di vita media aumenta in tutto il mondo».

Bibliografia

Kobayakawa T et al. Verification of efficacy and safety of ibandronate or denosumab for postmenopausal osteoporosis after 12-month treatment with romosozumab as sequential therapy: The prospective VICTOR study. Bone. 2022 Sep;162:116480. 

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