Grandi retailer quali Zara, Asos e Uniqlo stanno introducendo nei loro pacchetti di vendita una commissione per il reso
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Gli acquirenti che, dal lockdown in poi, hanno scoperto la comodità degli acquisti di moda online, stanno ora scoprendo una sorpresa inattesa: grandi retailer quali Zara, Asos e Uniqlo stanno introducendo nei loro pacchetti di vendita una commissione per la restituzione degli acquisti.
Novità poco gradita, ovviamente, ma legata a diversi fattori: ovviamente ci sono quelli economici perché ogni reso comporta la restituzione del denaro, il tempo per lo svolgimento delle procedure del servizio, le conseguenti operazioni per la verifica e il riuso del capo venduto.
Oltre a questo però è da mettere sulla bilancia anche l’uso scorretto che si è sempre più diffuso tra gli acquirenti. La ‘furbata’ è quella di ordinare lo stesso capo in più taglie o in diversi colori per poi trattenere solo quello prescelto e restituire tutti gli altri. Fino a ieri gratis per il compratore ma, appunto, costoso per il venditore.
Ci sono poi i più giovani che l’ordine d’acquisto lo fanno solo per farsi un selfie da postare in rete: un acquisto fatto ben sapendo che il capo sarà al più presto reso.
Quel che non viene considerato da chi usa questi escamotage è in danno che stanno provocando all’ambiente. Accade, infatti, frequentemente che i capi restituiti non possano più essere posti in vendita e che per i retailer sia più conveniente buttarli: non solo lo smaltimento di grandi quantitativi di capi d’abbigliamento è un danno per l’ambiente, ma lo è anche tutto l’inquinamento che la sovrapproduzione della moda genera.
Per non parlare del conseguente aumento delle merci in circolazione e del costo anche ambientale dei trasporti. Imporre una commissione per la restituzione dell’abbigliamento acquistato potrebbe quindi dissuadere da questi comportamenti e limitarne in futuro la diffusione, rendendo i consumatori più attenti e responsabili al momento dell’acquisto.