Linfoma di Hodgkin: brentuximab efficace anche sui bambini


Linfoma di Hodgkin classico CD30+ in stadio avanzato: brentuximab più regime AVD in prima linea sicuro ed efficace anche nei pazienti pediatrici

Linfoma non-Hodgkin: naratuximab più rituximab efficaci

Nei pazienti pediatrici con linfoma di Hodgkin classico CD30+ in stadio avanzato, non trattati in precedenza, la terapia con il coniugato anticorpo-farmaco (ADC) brentuximab vedotin (A), in combinazione con la tripletta costituita da doxorubicina, vinblastina e dacarbazina (AVD) ha prodotto un beneficio in termini di efficacia, a fronte di un profilo di sicurezza accettabile, in uno studio di fase 1/2 i cui dati aggiornati sono stati presentati in un poster al recente congresso della European Hematology Association (EHA), a Vienna

Lo studio ha valutato il profilo di sicurezza e il tasso di risposta al trattamento con il regime A+AVD in pazienti pediatrici con linfoma di Hodgkin classico CD30+ in stadio III/IV, non trattati in precedenza

In questi pazienti, il trattamento con brentuximab vedotin alla dose di 48 mg/m2, identificata nella fase 1 dello studio, più la tripletta AVD ogni 2 settimane, è stato generalmente ben tollerato e, con un follow-up di 2 anni, ha prodotto un tasso di risposta globale (ORR) dell’88%, un tasso di sopravvivenza libera da progressione (PFS) del 72,6% e un tasso di sopravvivenza globale (OS) del 100%.

La ricerca italiana ha avuto un ruolo fondamentale in questo studio internazionale. Infatti, il trial è coordinato dal Professor Franco Locatelli, direttore del dipartimento di Onco-Ematologia e Terapia Cellulare e Genica del Bambino Gesù di Roma, e ha coinvolto centri italiani di eccellenza come l’Ospedale Pediatrico Regina Margherita di Torino, il Policlinico San Matteo di Pavia e l’Ospedale Pediatrico Meyer di Firenze.

Bisogni non soddisfatti
Nonostante l’alto tasso di guarigione del linfoma di Hodgkin in età pediatrica, gli attuali trattamenti, fra cui la radioterapia e la chemioterapia a base di agenti alchilanti, sono associati a sequele serie, fra cui patologie cardiovascolari e tumori secondari, specialmente nei pazienti più giovani.

«C’è dunque un bisogno insoddisfatto di nuove terapie per ridurre o eliminare la terapia radiante e/o gli agenti alchilanti al fine di mitigare questi eventi avversi, in questi pazienti», spiegano Locatelli e i colleghi nel loro poster.

Brentuximab vendotin è un ADC diretto contro il CD30 che è stato approvato in prima linea negli adulti con linfoma di Hodgkin classico in combinazione con la tripletta AVD sulla base dello studio registrativo ECHELON-1, i cui dati di follow-up a 6 anni sono stati presentati allo stesso congresso EHA e, poco prima, al meeting annuale dell’American Society of Clinical Oncology (ASCO).

Tuttavia, prima dello studio coordinato da Locatelli, la sicurezza, la tollerabilità, il dosaggio, l’immunogenicità e l’attività antitumorale del regime A+AVD non erano mai state valutate come terapia di prima linea nel setting dei pazienti pediatrici affetti da linfoma di Hodgkin avanzato, naïve al trattamento.

Lo studio
Nel poster portato all’EHA gli autori hanno riportato i dati aggiornati di sicurezza e efficacia dello studio (NCT02979522), un trial di fase 1/2, in aperto, nel quale si è valutato il trattamento con A+AVD in pazienti pediatrici con linfoma di Hodgkin classico di nuova diagnosi, in stadio III o IV.

I partecipanti avevano un’età mediana di 14 anni (range: 5-17 anni), poco più della metà (53%) era di sesso maschile e il 58% era bianco.

I pazienti sono stati trattati con A+AVD nei giorni 1 e 15 di un ciclo di 28 giorni, per un massimo di sei cicli. Nella fase 1, 8 pazienti sono stati trattati con brentuximab vedotin per via endovenosa alla dose di 48 mg/m2 circa un’ora dopo la somministrazione endovenosa di doxorubicina 25 mg/m2, vinblastina 6 mg/m2 e dacarbazina 375 mg/m2; le tossicità dose-limitanti (DLT) sono state valutate dal giorno 1 del ciclo 1 fino al giorno 56. Nella fase 2, sono stati arruolati altri 51 pazienti che sono stati trattati con lo stesso regime.

La PFS è stata definita come l’intervallo di tempo tra la prima dose e il momento della progressione della malattia, mentre la sopravvivenza libera da eventi (EFS) è stata definita come il tempo trascorso tra la prima dose e il momento del fallimento del trattamento; gli eventi su cui è stata calcolata la EFS sono stati la progressione della malattia, l’interruzione del trattamento e il decesso. Tutti i pazienti al momento del cut-off dei dati (24 settembre 2021) erano in studio da almeno 2 anni.

I dati presentati all’EHA si riferiscono alle fasi 1 e 2 combinate.

Complessivamente, tutti i pazienti delle fasi 1 e 2 (59) hanno completato i 6 cicli di trattamento.

Sicurezza gestibile
Nei sei partecipanti valutabili della fase 1 non sono state osservate tossicità limitanti la dose. La dose massima tollerata di brentuximab vedotin non è stata raggiunta e la dose raccomandata è risultata pari a 48 mg/m2.

Il profilo di sicurezza è risultato gestibile e la maggior parte degli eventi non ematologici emersi durante il trattamento è risultata di grado 1-2.

Durante il trattamento, tutti i pazienti hanno manifestato eventi avversi. I più comuni sono stati vomito (85%), nausea (75%) e neutropenia (58%).

In 14 pazienti (24%) durante il trattamento è stata segnalata neuropatia periferica, che si è risolta entro la fine del trattamento nella maggior parte dei casi. Inoltre, la neuropatia periferica ha avuto un’incidenza più bassa (24% contro 67%) e un tasso di risoluzione più alto (93% contro 67%) rispetto a quanto osservato nello studio ECHELON-1 in pazienti adulti, con un follow-up di lunghezza simile.

Tre pazienti hanno richiesto una riduzione del dosaggio: in un paziente per neutropenia febbrile di grado 4 e calo ponderale di grado 2, e in due pazienti per neuropatia periferica sensoriale di grado 2. Inoltre, in due pazienti si è resa necessaria la sospensione dell’infusione, ma nessun evento ha richiesto l’interruzione definitiva del trattamento e non si sono verificati decessi nello studio.

PET2 negativa nel 90% dei casi
Il 90% dei pazienti ha ottenuto una PET negativa (punteggio Deauville 1, 2 o 3) al termine del ciclo 2.

L’ORR valutato da un comitato di revisori indipendente è risultato dell’88% e il 76% dei pazienti ha ottenuto una risposta completa. La durata mediana della risposta e la durata mediana della risposta completa non sono risultate stimabili.

Inoltre, né la PFS mediana ne l’OS mediana sono state raggiunte.

Al termine del trattamento è stato sottoposto a radioterapia il 24% dei pazienti, una percentuale pari circa a un terzo rispetto a quanto osservato in altri studi con terapie guidate dai risultati della PET (60-88%).

In conclusione
«Il trattamento con A+AVD nei pazienti pediatrici con linfoma di Hodgkin classico in stadio avanzato, di nuova diagnosi, ha fornito risultati di sicurezza e efficacia generalmente sovrapponibili a quelli ottenuti in pazienti adulti nello studio ECHELON-1», scrivono Locatelli e i colleghi nelle conclusioni del loro poster.

Inoltre, concludono gli autori, «I dati ottenuti supportano il trattamento con A+AVD come opzione terapeutica di prima linea nella popolazione di pazienti pediatrici con linfoma di Hodgkin classico in stadio avanzato di nuova diagnosi».

Bibliografia
F. Locatelli et al. Updated data from a phase 1/2 study of brentuximab vendotin combined with chemotherapy in pediatric patients with advanced stage classical Hodgkin lymphoma. EHA 2022; abstract P1088. Link