Psoriasi: nuove frontiere per la cura della malattia


Cura della psoriasi: risultati importanti dai trial clinici di fase III su bimekizumab e l’importanza della doppia inibizione dell’interleuchina (IL)-17A ed F

Psoriasi nuove molecole arcutis

In un momento in cui la ricerca di nuovi trattamenti per la psoriasi è particolarmente fertile, al congresso della Società Italiana di Dermatologia medica, chirurgica, estetica e delle Malattie Sessualmente Trasmesse (SIDeMaST) 2022 sono stati discussi i risultati dei trial clinici di fase III su bimekizumab e  l’importanza della doppia inibizione dell’interleuchina (IL)-17A ed F.

Bimekizumab è stato approvato dall’Ema nel giugno del 2021 per il trattamento della psoriasi moderata/severa nei pazienti adulti che sono candidati alla terapia sistemica. Il dosaggio utilizzato negli studi è di due iniezioni da 160 mg (per un totale di 320 mg) da somministrare una volta ogni 4 settimane per le prime 16 settimane e successivamente ogni 8 settimane.

Il farmaco è oggetto di studi anche per il trattamento dell’idrosadenite suppurativa, l’artrite psoriasica e la spondilite anchilosante (AxSpA). I quattro trial di fase III sulla psoriasi sono BE READY, BE VIVID, BE SURE e BE RADIANT.

BE READY è uno studio 56 settimane randomizzato controllato verso placebo, nel quale bimekizumab ha consentito al 90% dei pazienti di ottenere miglioramenti di almeno il 90% rispetto al basale nello Psoriasis Area Severity Index (PASI 90) alla settimana 16, un dato coerente con l’elevata percentuale di pazienti che hanno raggiunto un punteggio di 0/1 (pelle libera o quasi libera da lesioni) nella scala a 5 punti dell’Investigator’s Global Assessment (IGA).

In BE VIVID, uno studio di 52 settimane controllato verso ustekinumab, la risposta PASI 90 alla settimana 16 è stata raggiunta dall’85% del gruppo bimekizumab rispetto al 50% con ustekinumab, anche in questo caso coerente con il risultato IGA 0/1, rispettivamente dell’84% e del 53%. La risposta di entrambi i farmaci si è dimostrata persistente fino alla settimana 52 e il delta in termini di efficacia si è mantenuto.

In BE SURE, uno studio controllato vs adalimumab della durata di 56 settimane, hanno raggiunto la risposta PASI 90 alla settimana 16 l’86% dei pazienti esposti a bimekizumab rispetto al 47% di quelli trattati con adalimumab. I partecipanti che alla settimana 24 sono stati switchati a bimekizumab hanno recuperato un’importante risposta terapeutica PASI 90, che alla settimana 56 è arrivata all’82%.

BE RADIANT è uno studio head to head della durata di 48 settimane volto a valutare la superiorità di bimekizumab verso secukinumab, come raccomandato per la psoriasi. Alla settimana 16 hanno raggiunto una risposta PASI 100 il 61% dei pazienti trattati con bimekizumab e il 48% nel gruppo secukinumab, con una differenza statisticamente significativa. L’endpoint secondario di una risposta PASI 100 alla settimana 48 è stato raggiunto rispettivamente dal 67% e dal 46% dei soggetti. Fino alla settimana 48 la risposta è stata persistente e la differenza si è mantenuta coerente.

Riguardo alla velocità di azione del farmaco, alla settimana 4, quindi dopo una sola somministrazione, con bimekizumab si osserva una risposta PASI 75 nel 76% dei pazienti, con una differenza significativa vs placebo, ustekimumab e adalimumab. Nel confronto con secukinumab, altra molecola caratterizzata da una rapidità di induzione importante, la percentuale di pazienti con risposta PASI 75 alla settimana 4 è stata del 71% con bimekizumab e del 47% con secukinumab, mentre la risposta PASI 90 alla settimana 4 è stata rispettivamente del 35% e del 17%.

Dal punto di vista della durabilità della risposta, nello studio di estensione a lungo termine in aperto dei trial randomizzati (BE BRIGHT), i pazienti che hanno raggiunto la risposta PASI 100 alla settimana 16 l’hanno mantenuta fino a 2 anni, in una percentuale superiore all’80%.

Riguardo al profilo di sicurezza, un aspetto clinico assolutamente rilevante nella pratica tutti i giorni, nell’analisi a 2 anni dei dati raggruppati di 6 trial randomizzati e di due estensioni in aperto relativa a una popolazione complessiva di 1.789 pazienti (pari a 3.109 anni-paziente), gli eventi avversi più comuni associati al trattamento in un anno sono stati infezioni rinofaringee nel 23% dei casi, candida orale nel 16% e infezione del tratto respiratorio superiore nell’11%. Il tasso di infezioni severe è stato dell’1-2%, coerente con quanto atteso sulla base dell’esperienza con altri inibitori della IL-17, senza nessuna riattivazione di tubercolosi.

L’infezione da candida è stata più prevalente nella fase iniziale tra le settimane 0 e 16 ma senza un’incidenza cumulativa, con tendenza a ridursi nel tempo. Non sono stati rilevati stati casi di candidosi orale grave e quelli riscontrati erano di entità lieve o moderata e raramente hanno comportato la discontinuazione del farmaco. Le infezioni sono state tendenzialmente trattate o con nistatina topica o fluconazolo orale.

«Il motivo alla base dell’aumento di incidenza delle infezioni da candida è legato al fatto che la IL-17 svolge un ruolo fondamentale nell’immunità anti-candida a livello delle mucose» ha spiegato Paolo Gisondi, Professore Associato Sezione di Dermatologia e Venereologia, Dipartimento di Medicina – Università degli Studi di Verona. «Si tratta generalmente di candidosi del cavo orale, ma bisogna considerare che ci sono degli ulteriori fattori di rischio oltre al farmaco, come il diabete, le malattie linfoproliferative, le terapie antibiotiche o corticosteroidee e la bocca secca».

In conclusione i dati mostrano che bimekizumab, in un setting di trial clinico randomizzato, è più efficace e più rapido rispetto a placebo, adalimumab, ustekinumab e secukinumab. L’80-90% dei pazienti trattati mantiene la risposta PASI 100 a due anni. Il farmaco è stato ben tollerato, con un profilo di sicurezza coerente con un inibitore della IL-17. L’evento avverso più comune è stato la candida lieve/moderata, gestibile e tendenzialmente a livello del cavo orale.

Fisiopatogenesi della psoriasi: il ruolo di IL17A e IL17F e l’importanza di una inibizione duale 
Nella patogenesi della psoriasi concorrono numerose citochine infiammatorie tra cui IL23, IL22, TNF, IL17A, IL17F e IL17C.
Ognuna di esse ha una funzione molto specifica nel modulare la proliferazione e l’espressione genica dei cheratinociti e nella formazione della placca psoriasica, che appare come una placca ipercheratosica e infiammata. «Il ruolo di ciascuna citochina è stato identificato ma non così precisamente, per cui c’è ancora molto spazio per la ricerca per capire nello specifico il ruolo e la funzione delle varie interleuchine» ha spiegato il prof. Antonio Costanzo, Responsabile dell’Unità Operativa di Dermatologia dell’Humanitas center di Rozzano.

Le isoforme A ed F della IL-17 sembrano essere tra le citochine maggiormente responsabili dell’infiammazione, essendo anche coinvolte nella produzione da parte dei cheratinociti dei peptidi antimicrobici, che in parte proteggono la placca psoriasica per esempio dalle sovrainfezioni, ma in parte allertano il sistema immunitario e quindi amplificano l’infiammazione inducendo nuovamente la cascata fisiopatologica della malattia.

Se si si misura la quantità delle diverse citochine in un frammento di pelle psoriasica, rispetto alla cute non lesionale si osservano incrementi elevati dei livelli di IL-23 e della famiglia dell’interleuchina 17, in particolare delle isoforme F e C.

Con i farmaci attualmente disponibili è possibile inibire la produzione di queste citochine, anche se non sempre completamente. «Con gli inibitori della subunità p19 della IL-23 riusciamo a ridurre nelle lesioni psoriasiche molto più i livelli di interleuchina 17A rispetto alla F, come se ci fosse una parte di IL-17F che viene prodotta in maniera indipendente dalla IL-23» ha fatto presente Costanzo. «Questo fenomeno è molto importante perché, se consideriamo la grande quantità di IL-17F nelle placche psoriasiche, una sua riduzione incompleta lascia comunque nella placca una quantità residua di questa citochina, che può continuare a esercitare la sua funzione».

Uno studio ha analizzato la differenza di espressione genica di alcune importanti citochine infiammatorie tra la cute non lesionale e la placca psoriasica, prima e dopo otto settimane di trattamento con bimekizumab, l’inibitore duale di IL-17A e IL-17F. I risultati hanno mostrato non solo la normalizzazione dell’espressione genica di queste due citochina ma anche di altre interleuchine importanti, come la IL-23. È stata inoltre normalizzata l’espressione genica dalle KRT16, un indice indiretto di proliferazione di ipercheratosi, la IL-17 C e la IL-36A.

«Per riassumere, nel processo patogenetico della psoriasi sono coinvolti una serie di step che portano alla produzione di diverse citochine. Mi sono soffermato in particolare sull’interleuchina 17A ed F che sono fortemente espresse all’interno della pelle psoriasica, e in particolare sull’isoforma F che può avere una secrezione indipendente dalla IL-23. Pertanto, bloccare contemporaneamente la IL-17A ed F può dare un beneficio importante ai nostri pazienti» ha concluso Costanzo.