Simulata la formazione del ghiaccio con un’accuratezza senza precedenti


Grazie ad algoritmi basati su una rete neurale profonda per la soluzione di equazioni quantistiche simulata la formazione del ghiaccio con un’accuratezza senza precedenti

formazione del ghiaccio

Come fa l’acqua a diventare ghiaccio? La risposta ovvia – basta raffreddarla a temperature sotto lo zero – è alquanto insoddisfacente. E non solo perché la temperatura di solidificazione dipende da numerosi fattori, come pressione e presenza di impurità: esistono per esempio anche fenomeni come la sopraffusione (in inglese, supercooling), all’origine del cosiddetto gelicidio, con l’acqua che rimane liquida ben oltre la temperatura di solidificazione per poi diventare ghiaccio all’improvviso. Il fatto è che, come tutte le transizioni di fase, il passaggio da liquido a solido è un processo quanto mai complesso. Complesso al punto che il tempo di calcolo per simulare in modo appena accettabile il fenomeno della nucleazione – ovvero della formazione dei primissimi “germi” solidi nel liquido – è stato fino a oggi molto al di là della portata dei computer, anche di quelli più potenti. Grazie all’intelligenza artificiale, però, le cose stanno ora cambiando. Un importante risultato, in questo senso, arriva da uno studio guidato dalla Princeton University pubblicato questa settimana su Pnas. Uno studio che parte da lontano. E parte dall’Italia.

Era infatti il 1985 quando una coppia di fisici della Sissa e dell’Università di Trieste – Roberto Car (attualmente a Princeton, negli Usa) e Michele Parrinello (che oggi si divide fra l’Eth di Zurigo e l’Istituto italiano di tecnologia) – firmavano un articolo, pubblicato su Physical Review Letters, destinato ad avere un impatto enorme, nei decenni a seguire, sugli studi di dinamica molecolare, e dunque sulle tecniche per simulare al computer processi fisico-chimici – come appunto la solidificazione – a livello atomico e molecolare. L’articolo di Car e Parrinello proponeva un approccio radicale al problema: simulare il sistema ab initio, ovvero dalla “casella di partenza”: dando dunque in pasto al simulatore nient’altro che le leggi fondamentali della natura – quelle della meccanica quantistica, in particolare il comportamento degli elettroni – e le specie atomiche in gioco – nel caso delle molecole d’acqua, atomi di idrogeno e atomi di ossigeno.

Un approccio al tempo stesso brutale e straordinariamente elegante, ma con un problema: necessita di tempi di calcolo tali da renderlo impraticabile. Determinare la struttura elettronica di atomi, molecole e cristalli, e delle forze che agiscono fra essi, implica risolvere l’equazione di Schrödinger elettronica a molti corpi. Anche usando i computer più potenti, e pur facendo ricorso ad algoritmi di approssimazione come quelli basati sulla teoria del funzionale della densità di Kohn–Sham, non si è mai riusciti ad andare oltre la simulazione di sistemi quantistici relativamente piccoli (circa mille atomi) e di durata brevissima (nell’ordine dei cento picosecondi). Troppo poco per studiare un fenomeno come la nucleazione.

La svolta è arrivata nel 2018 alla Princeton University, quando l’allora dottorando Linfeng Zhang, in collaborazione con lo stesso Roberto Car e Weinan E, ha trovato un modo per applicare le reti neurali profonde – in particolare, il modello di machine learning Scan, accuratamente addestrato per riprodurre dati su una vasta regione del diagramma di fase dell’acqua – alla modellazione delle forze interatomiche quantomeccaniche. I risultati non si sono fatti attendere: gli autori dello studio pubblicato lunedì scorso su Pnas, guidato da Pablo Piaggi della Princeton University, sono riusciti a calcolare ab initio il comportamento di sistemi da 300mila atomi – dunque 100mila molecole d’acqua. Quanto basta per ottenere i tassi di nucleazione per un’ampia gamma di sopraffusioni. In altre parole, grazie all’intelligenza artificiale hanno potuto simulare con precisione quantistica il modo in cui le molecole d’acqua si trasformano in ghiaccio.

«In un certo senso, è un sogno che si avvera», dice ora Car, fra gli autori del nuovo studio, a oltre 35 anni di distanza dallo storico articolo firmato assieme a Parrinello. «La nostra speranza, all’epoca, era proprio che alla fine saremmo stati in grado di studiare sistemi come questo, ma non era possibile senza un ulteriore passo avanti concettuale. Passo avanti che è giunto da un ambito completamente diverso, quello dell’intelligenza artificiale e della scienza dei dati».

Un risultato, va sottolineato, con immediate ricadute nei più diversi campi della scienza, dai modelli climatici alle previsioni meteo, nelle quali la nucleazione gioca un ruolo cruciale. Ma anche per la simulazione di reazioni chimiche, per la progettazione di nuovi materiali e per lo studio delle atmosfere planetarie: le simulazioni molecolari rese possibili dal lavoro degli scienziati di Princeton consentono infatti di stimare i processi di formazione di ghiaccio in condizioni di temperatura e pressione estreme, come appunto quelle presenti su pianeti diversi dal nostro.

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