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Cirrosi correlata alla steatoepatite non alcolica: nuovi dati su semaglutide

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Cirrosi correlata alla steatoepatite non alcolica: il trattamento con semaglutide ha avuto affetti positivi sui parametri cardiometabolici e su diversi altri biomarcatori

Nei pazienti con cirrosi correlata alla steatoepatite non alcolica, il trattamento con semaglutide, anche se non ha raggiunto l’obietto primario di miglioramento della fibrosi epatica, ha avuto affetti positivi sui parametri cardiometabolici e su diversi altri biomarcatori. Sono i risultati di uno studio randomizzato di fase II presentati al congresso dell’European Association for the Study of the Liver (EASL) 2022.

I pazienti con steatoepatite non alcolica (NASH) e cirrosi compensata hanno un rischio più elevato di morbidità e mortalità sia correlate al fegato che per tutte le cause. Un precedente studio di fase II ha rilevato che il GLP-1 agonista semaglutide ha determinato tassi più elevati di risoluzione della NASH rispetto al placebo.

I ricercatori hanno pertanto randomizzato 71 pazienti con cirrosi correlata alla NASH a ricevere semaglutide per via sottocutanea alla dose di 2,4 mg una volta alla settimana (n=47) o placebo (n=24). Le caratteristiche basali erano simili tra i gruppi. L’età media era di 59,5 anni, il 69% erano donne e l’indice di massa corporea (BMI) medio era 35. Il punteggio medio dell’attività della NAFLD era 4,8 e il 75% dei soggetti soffriva di diabete di tipo 2.

La maggior parte dei partecipanti presentava steatosi di grado 1 (63-68%), infiammazione lobulare di grado 2 (66-71%) e rigonfiamento degli epatociti (62-67%). Al basale, il livello medio di alanina aminotransferasi era 36-48 U/l e l’aspartato aminotransferasi medio era di 39-47 U/l, con un modello medio per il punteggio MELD (Model for End-Stage Liver Disease, un sistema di punteggio utilizzato per valutare la gravità delle epatopatie) di 7,6-7,7. Il livello medio del Pro-C3 (propeptide del collagene di tipo III, un indicatore della fibrogenesi) era 18-20 ng/ml.

Miglioramento di biomarcatori cardiometabolici
Il 10,6% dei pazienti trattati con semaglutide ha ottenuto un miglioramento della fibrosi epatica senza alcun peggioramento della steatoepatite non alcolica (NASH) rispetto al 29,2% di quanti hanno ricevuto il placebo (P=0,087), ha riferito il relatore Rohit Loomba dell’Università della California San Diego, che ha sottolineato come il 34% del gruppo semaglutide rispetto al 20,8% dei pazienti sottoposti a placebo abbia sperimentato la risoluzione della NASH (P=0,286).

Rispetto al placebo, semaglutide ha comportato una riduzione dei trigliceridi (rapporto di trattamento stimato, ETR, 0,83), così come del colesterolo lipoproteico a densità molto bassa (ETR 0,83, P=0,01 per entrambi), oltre a miglioramenti significativi dei livelli di Pro-C3 (ETR 0,84), della steatosi epatica (ETR 0,67), dei livelli degli enzimi epatici come aspartato aminotransferasi (ETR 0,77), alanina aminotransferasi (ETR 0,76) e gamma-glutamil transferasi (ETR 0,74), ma non ha migliorato la rigidità epatica valutata mediante elastografia a risonanza magnetica (ETR 0,93).

In aggiunta semaglutide ha ridotto significativamente il peso corporeo (differenza di trattamento stimata, ETD, -8,75 kg) e migliorato i livelli di emoglobina glicata (HbA1c) (ETD -1,63) nei pazienti con diabete di tipo 2.

«Anche se non è stato raggiunto l’endpoint primario, semaglutide si è dimostrato sicuro e ben tollerato per 48 settimane in pazienti con NASH e cirrosi compensata» ha fatto presente Loomba. «Sono necessari studi più ampi per determinare se il farmaco migliora la morbidità e la mortalità correlate al fegato in questa popolazione».

La funzionalità epatica e renale è rimasta stabile con l’uso di semaglutide. Sono stati osservati tassi simili di eventi avversi tra il gruppo di trattamento e il gruppo placebo (89% vs 79%). Gli effetti collaterali di semaglutide sono stati per lo più disturbi gastrointestinali da lievi a moderati (77%) e hanno portato all’interruzione del trattamento nel 6% dei soggetti.

«Molti pazienti con cirrosi e comorbidità potrebbero trarre benefici dall’uso di semaglutide o altri GLP-1 agonisti per trattare diabete o obesità, ma non avevamo informazioni sulla sicurezza di questi farmaci nei pazienti con cirrosi» ha commentato Michelle Long del Boston Medical Center, non coinvolta nello studio. «Questa ricerca fornisce alcune evidenze a supporto della tollerabilità e della sicurezza di semaglutide nei pazienti con cirrosi».

Bibliografia

Loomba R et al. Semaglutide 2.4 mg once weekly improved liver and metabolic parameters, and was well tolerated, in patients with non-alcoholic steatohepatitis-related cirrhosis: a randomised, placebo-controlled phase 2 trial. EASL 2022; Abstract LB001.

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