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Steatoepatite e cirrosi: semaglutide inefficace per la fibrosi epatica

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NASH e cirrosi: semaglutide migliora i parametri cardiometabolici e i marcatori di danno epatico, ma non è riuscito a migliorare la fibrosi epatica

Secondo quanto presentato durante il recente International Liver Congress, semaglutide ha migliorato i parametri cardiometabolici e i marcatori di danno epatico, ma non è riuscito a migliorare la fibrosi epatica nei pazienti con steatoepatite non alcolica e cirrosi compensata.

“I pazienti con NASH e cirrosi compensata sono a maggior rischio di morbilità e mortalità correlata al fegato e per tutte le cause”, ha evidenziato Rohit Loomba, direttore di epatologia e NAFLD Research Center presso la UC San Diego School of Medicine. “In un precedente studio di fase 2b, controllato con placebo in pazienti con NASH senza cirrosi, semaglutide che è un analogo del peptide-1 simile al glucagone ha migliorato la risoluzione della NASH, i parametri metabolici ed è stato ben tollerato”.

Per determinare se la sicurezza e l’efficacia precedentemente stabilite di semaglutide fossero presenti anche in pazienti con cirrosi compensata correlata alla NASH, Loomba e colleghi hanno randomizzato 71 adulti con NASH confermata da biopsia e cirrosi compensata, BMI di almeno 27 kg/m2 e HbA1c inferiore o pari al 9,5% a ricevere 2,4 mg di semaglutide o placebo una volta alla settimana per 48 settimane.

L’end point primario dello studio, con parametri istologici valutati al basale e a 48 settimane da un singolo patologo, era la percentuale di pazienti con almeno uno stadio di miglioramento della fibrosi epatica senza peggioramento della NASH dopo 48 settimane.
Gli endpoint secondari includevano la risoluzione della NASH, i cambiamenti dell’alanina e dell’aspartato-aminotransferasi (ALT, AST), la rigidità epatica valutata mediante elastografia a risonanza magnetica (MRE), il contenuto di grasso epatico misurato mediante risonanza magnetica per la frazione di grasso della densità protonica (MRI-PDFF), parametri cardiometabolici, biomarcatori esplorativi ed eventi avversi.

Secondo i risultati dello studio, solo il 10,6% dei pazienti che avevano ricevuto semaglutide ha mostrato un miglioramento della fibrosi epatica rispetto al 29,9% dei pazienti trattati con placebo, ma il 34% ha mostrato una risoluzione della NASH rispetto al 20,8% di quelli trattati con placebo.

I ricercatori hanno osservato che i pazienti che avevano ricevuto semaglutide avevano AST (rapporto di trattamento stimato (ETR)=0,77), ALT (ETR=0,76) e MRI-PDFF (ETR=0,67) ridotti ma non MRE (ETR=0,93) rispetto al gruppo placebo.

Inoltre, i pazienti con diabete che avevano ricevuto semaglutide hanno mostrato riduzioni di HbA1c (p<0.01) e peso corporeo, nonché trigliceridi (ETR=0.83, p=0.01) ed elevato colesterolo LDL (ETR=0.83, p=0.01).

“Sebbene l’endpoint primario non sia stato raggiunto, semaglutide 2,4 mg una volta alla settimana è apparso sicuro ed è stato ben tollerato in questo studio di 48 settimane in pazienti con NASH e cirrosi compensata”, ha affermato Loomba.
“Semaglutide 2,4 mg ha migliorato i parametri cardiometabolici ed ha anche migliorato i marcatori non invasivi di danno epatico associati alla progressione della fibrosi”.

Ha aggiunto: “In un’analisi esplorativa post-hoc, non c’era differenza istologica tra i trattamenti per gli endpoint primari o secondari quando valutati da un singolo patologo o dal software di apprendimento automatico PathAI”.

Loomba R. Abstract LB001. Presented at: International Liver Congress; June 22-26, 2022; London (hybrid meeting).

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