Lupus: studio indaga come è percepito da medici e pazienti


Lo studio multicentrico europeo SPOCS evidenzia che i pazienti, a differenza dei loro clinici, percepiscono in modo diverso l’impatto del lupus

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I risultati dello uno studio multicentrico europeo SPOCS, presentati in due poster (1,2) nel corso del congresso EULAR, hanno ribadito come, ancora oggi, i pazienti, a differenza dei loro clinici, percepiscano in modo diverso l’impatto del lupus. In pratica, i pazienti danno maggiore importanza ad alcuni fattori soggettivi da loro percepiti rispetto ai medici, la cui attenzione è rivolta particolarmente al danno d’organo e, quindi, alle manifestazioni più gravi di malattia. Il ruolo della “firma interferonica” (type 1 interferon gene signature) e le implicazioni di questa indagine.

Informazioni sullo studio
“SPOCS, questo l’acronimo dello studio presentato al Congresso (The Systemic Lupus Erythematosus Prospective Observational Cohort Study), è uno studio osservazionale internazionale, multicentrico, di disegno prospettico, condotto in pazienti con LES di grado moderato-severo – spiega la dr.ssa Chiara Tani (Reumatologa, UO di Reumatologia, AOP Pisana)”.

“Lo studio – continua – ha valutato sia numerosi parametri clinici di malattia, sia diversi outcome riferiti dai pazienti sottoposti a trattamento con lo “standard of care”, quindi con i farmaci attualmente disponibili per il trattamento di questa condizione. Inoltre, la peculiarità di questo studio è stata quella di stratificare i pazienti in base alla firma genica dell’interferone, un biomarcatore di attività di malattia”.

Lo studio ha incluso pazienti che sono stati seguiti fino a 3 anni, sottoposti a visite mediche di controllo a cadenza semestrale.

Tra i criteri di inclusione nello studio vi erano:
– un’età pari o superiore a 18 anni
– una diagnosi medica di LES effettuata in base ai criteri dell’American College of Rheumatology or Systemic Lupus International Collaborating Clinics (ACR/SLICC)
– un punteggio SLEDAI-2K di attività di malattia pari o superiore a 4 punti oppure un punteggio SLEDAI-2K pari o superiore a 6 punti
– una sieropositività pregressa o corrente agli anticorpi ANA o anti-dsDNA
– una durata di trattamento del LES pari o superiore a 6 mesi, con un trattamento sistemico di malattia al di là dell’impiego di FANS e analgesici

I pazienti con nefrite lupica sono stati esclusi, invece, da questo studio.

Il reclutamento dei pazienti era iniziato nel 2017, per concludersi anticipatamente quest’anno. Il cut-off dei dati analizzati e presentati al Congresso, però, è avvenuto prima, a febbraio dello scorso anno.
Di seguito, ecco una breve disamina dei due poster presentati al Congresso.

Primo poster: discordanza tra i punteggi PGA (valutazione dello stato di salute fatta dai medici) e i punteggi PtGA (valutazione dello stato di salute fatta dagli stessi pazienti)
1) Razionale e obiettivi
La valutazione della severità di malattia nel tempo è importante per ottimizzare la cura dei pazienti e la loro risposta individuale al trattamento.

I pazienti con LES si connotano per un’ampia gamma di manifestazioni cliniche e di decorsi di malattia non prevedibili che rendono particolarmente difficile la valutazione dell’attività di malattia e del suo impatto.
Sia nella ricerca clinica che nella cura dei pazienti è stata posta particolare enfasi sulla necessità di includere valutazioni che riflettano sia il punto di vista dei pazienti che quello dei clinici.

A questo riguardo, va detto che non sempre i due punti di vista collimano, e questo è stato già documentato nel lupus.

Alla luce d questi presupposti, l’obiettivo di questo studio multicentrico europeo è stato quello di analizzare la valutazione dei pazienti e dei medici relativa all’attività di malattia e di determinare le caratteristiche associate con la concordanza/discordanza di queste valutazioni in una coorte di pazienti con LES di grado moderato-severo.

2) Disegno dello studio
La valutazione globale dello stato di salute fatta dai medici (PGA) era definita in base alla valutazione complessiva dell’attività di malattia su scala analogica VAS da 0 (assenza di malattia) a 3 (malattia severa) e rappresentava l’attività di malattia del paziente nel corso delle ultime 4 settimane, effettuata indipendentemente dal medico curante del singolo paziente.

La valutazione globale dello stato di salute fatta dal paziente (PtGA) era definita utilizzando un questionario degli outcome riferiti dai pazienti (PRO), reso disponibile al paziente su carta o in formato digitale per la compilazione in totale autonomia, che richiedeva al paziente di valutare tutti gli aspetti della malattia lupica che avevano avuto un impatto sulla qualità di vita nel corso della settimana precedente alla loro compilazione.
Le risposte, parametrate su scala VAS 0-100, erano comprese da “impatto molto positivo” (0 mm) a impatto molto scarso (100 mm).

Outcome
Sono stati presi in considerazione come outcome la valutazione delle caratteristiche iniziali dei pazienti associata con la concordanza/discordanza di PGA e PtGA, nonché la correlazione tra PGA e PtGA.
La discordanza tra PGA e PtGA era definita come una differenza tra i punteggi PtGA e PGA (previa ri- parametrazione della scala PGA da 0 a 3mm a 0 fino a 100 mm) pari o superiore a 25, precedentemente considerata come una differenza clinicamente importante.

3) Risultati principali
Pazienti
Sono stati inclusi nell’analisi dello studio SPOCS i dati relativi a 827 pazienti.  Al basale, il punteggio medio PGA (non ri-parametrato) era pari a 1,5±0,6 mente quello medio PtGA era pari a 51,1±25,5.
Già al basale, inoltre, la correlazione tra punteggi PGA e PtGA era piuttosto bassa (rho=0,19).

Discordanza tra punteggi PGA e PtGA
In 301 pazienti (pari al 38% del totale) si è avuta una discordanza tra i punteggi PGA e PtGA.

In particolare, tra quelli che superavano la soglia di definizione della condizione di discordanza, è stato osservato che 152 pazienti (19%) presentavano punteggi PGA più elevati dei punteggi PtGA, mentre 149 (19%) mostravano punteggi PtGA più elevati dei punteggi PGA.

L’impiego di farmaci biologici è risultato leggermente più elevato nei pazienti che mostravano punteggi PGA rispetto a quelli che mostravano punteggi PtGA più elevati rispetto all’altro gruppo (16% vs. 13%).

I medici hanno classificato i pazienti con  “signature” interferonica (ovvero la “firma” che l’interferone, molecola chiave nella patogenesi del lupus, lascia a livello di tutto l’organismo) rilevata mediante test apposito, quelli con livelli ridotti di proteine del complemento C3 e C4 e con positività agli anticorpi ANA e anti-dsDNA come quelli caratterizzati da maggior severità di malattia rispetto a quanto facevano i pazienti stessi (positività alla firma interferonica: 78% vs. 64%; livelli ridotti complemento: 60% vs. 43%; positività agli ANA e agli anti-dsDNA: 94% vs. 85%).

Tra le caratteristiche associate alla discordanza vi erano, nei pazienti con punteggi PGA più elevati rispetto ai pazienti con punteggi PtGA più elevati:
– punteggi medi SLEDAI-2K più elevati
– una maggiore attività sierologica
– una positività più frequente alla firma interferonica

Invece, tra le caratteristiche associate alla discordanza nei pazienti con punteggi PtGA più elevati rispetto ai pazienti con punteggi PGA più elevati vi erano:
– la maggior probabilità d’impiego di analgesici
– la maggior probabilità d’impiego di antidepressivi
– un BMI più elevato
– una minore probabilità di essere occupati dal punto di vista lavorativo
– la presenza di una o più recidive di grado lieve

4) Riassumendo
Dai risultati di questo studio emerge che la ridotta correlazione esistente tra i punteggi PGA e PtGA suggerisce la necessità di considerare questi due strumenti di valutazione come complementari, da usare insieme al fine di avere un quadro più ampio dell’impatto del LES sulla salute complessiva dei pazienti.

In particolare, medici e pazienti potrebbero definire e descrivere la malattia attiva utilizzando diversi parametri.
Ad esempio:
– i pazienti con misure di laboratorio più elevate sono stati classificati come affetti da maggiore severità di malattia dai loro medici rispetto a quanto fatto dai pazienti stessi.
– I pazienti con uno o più fattori esterni latenti, come l’aggiunta di farmaci, un BMI più elevato e lo stato di disoccupazione, si sono considerati maggiormente affetti da cattive condizioni di salute rispetto a quanto fatto dai loro medici, che potrebbero non essere sufficientemente consci dell’impatto che questi fattori esercitano sullo stato di benessere e sulla qualità della vita

Questi dati, pertanto, suffragano la necessità di ricorrere a misure di outcome riferite dai pazienti (PRO) più specifiche per comprendere meglio l’impatto complessivo di malattia.

Secondo poster: ruolo della firma interferonica in relazione agli outcome riferiti dai pazienti
1) Razionale e obiettivi dello studio
I pazienti con LES sperimentano diversi sintomi e vanno incontro a fluttuazioni dell’attività di malattia che hanno un impatto significativo sulla qualità della vita legata allo stato di salute (HRQoL).

L’interferone di tipo 1 gioca un ruolo significativo nella patogenesi del lupus: infatti, livelli elevati di questo interferone sono stati associati ad un aumento dell’attività di malattia lupica e dell’attività sierologica.

Alla luce di questi presupposti, l’obiettivo di questo studio multicentrico europeo è stato quello di esaminare il decorso di malattia dei pazienti con LES in relazione alla maggiore o minore espressione dei trascritti genici responsabili della cosiddetta “firma genica interferonica” (ovvero la “firma” che l’interferone lascia a livello di tutto l’organismo) rilevata mediante test apposito.

2) Disegno dello studio
Outcome
Sia all’inizio dello studio che a distanza di un anno è stata effettuata la valutazione della HRQoL mediante impiego della versione 2 del questionario SF-36 (scala da o a 100), del questionario  LupusQoL (scala da 0 a 100) e del questionario FACIT-F (relativo alla fatigue, su scala da 0 a 52). La rilevazione di punteggi più elevati era indicativa di outcome migliori per tutte le misure sopra menzionate.

Questa analisi sono state stratificate in base alla maggiore o minore espressione della “firma interferonica” (IFNGS high o low) mediante test apposito.

Differenza minima clinicamente importante (MCID)
Le soglie per la determinazione delle MCID delle varie misure di qualità della vita erano le seguenti:
– SF-36 v2: uguale o superiore a 2,5; componenti fisica (PCS) e mentale (MCS) uguale o superiore a 5 per gli otto domini SF-36 (funzione fisica, salute mentale, funzionamento fisico, dolore, salute generale, vitalità, attività sociali e benessere emotivo)
– LupusQoL: 1) salute fisica pari o superiore a 3,4; dolore pari o superiore a 8.5; fatigue pari o superiore a 3,9; salute emotiva pari o superiore a 3,4; pianificazione concepimento pari o superiore a 6,5; relazioni intime pari o superiore a 9,2; altro pari o superiore a 5,3; percezione del proprio corpo pari o superiore a 1,1
– FACIT-F: uguale o superiore a 4

3) Risultati principali
Pazienti
Sono stati inclusi nell’analisi dello studio SPOCS i dati relativi a 827 pazienti (525 IFNGS high, 219 IFNGS low, 83 con dati mancante sulla “firma interferonica”).

I pazienti IFNGS high erano generalmente più giovani, di etnia Afro-Americana, più attivi a livello sierologico generalmente in terapia con immunosoppressori o corticosteroidi orali, e con un numero ridotto di comorbilità rispetto ai pazienti IFNGS low.

SF-36 v.2
I punteggi al basale e dopo un anno riportati per la maggior parte dei domini individuali del questionario SF-36 v.2 erano maggiori nei pazienti IFNGS high rispetto agli altri, ad indicare una migliore qualità della vita.

Il punteggio medio della componente fisica (PCS) del questionario SF-36 nei pazienti IFNGS high era significativamente maggiore rispetto a quello riportato dai pazienti IFNGS low (p<0,0001), sia all’inizio dello studio che dopo un anno.

Lupus QoL
In media, i punteggi LupusQoL sono risultati maggiori al basale, per la maggior parte dei domini considerati, nei pazienti IFNGS high rispetto all’altro gruppo, eccezion fatta per il dominio della percezione del proprio corpo.

Ad un anno, invece, si è avuto un aumento di questi punteggi relativamente ad alcuni domini nei pazienti IFNGS high, mentre i risultati al basale e ad un anno sono stati relativamente sovrapponibili nel gruppo IFNGS low.

Differenze clinicamente significative rilevate per alcuni outcome riferiti dai pazienti (PRO)
I pazienti IFNGS high hanno mostrato miglioramenti clinicamente significativi relativamente alla componente PCS del questionario SF-36 e ad alcuni domini del questionario LupusQoL (salute fisica, altro e immagine corporea).

Considerando la popolazione di pazienti in toto, miglioramenti di entità pari o superiore alla MCID per la percezione della propria immagine corporea sono stati osservati solo nei pazienti IFNGS high.
Da ultimo, i pazienti IFNGS low non hanno raggiunto la MCID relativamente ad alcuni PRO.
FACIT-F

I punteggi FACIT-F al basale e ad un anno nei pazienti IFNGS high sono risultati maggiori rispetto all’altro gruppo.

4) Riassumendo
Nel complesso, i risultati dello studio SPOCS hanno mostrato che i pazienti con LES di grado moderato-severo si caratterizzano per un cattivo stato di salute, una cattiva HRQoL e per la fatigue.
I pazienti IFNGS high erano più giovani, con un numero ridotto di comorbilità, ma hanno riportato livelli simili di funzionamento alterato e qualità della vita rispetto ai pazienti IFNGS low.

Considerando i due sottogruppi di pazienti stratificati in base alla firma interferonica, in entrambi i casi non è stato raggiunto un miglioramento clinicamente significativo per la maggior parte dei PRO considerati, ad indicare che i pazienti continuano ad avere un unmet need importante di miglioramento delle opzioni terapeutiche disponibili.

Le implicazioni dello studio SPOCS e le prospettive terapeutiche  
Nel commentare i risultati dello studio SPOCS ai nostri microfoni, la dr.ssa Tani ha sottolineato come dallo studio emerga “…un gap di prospettiva tra il medico e il paziente, che deriva dal fatto che i pazienti sono maggiormente interessati a tutti quei sintomi che impattano sulla funzione,  sulla possibilità di svolgere un lavoro, di avere una vita sociale e, quindi, sulla fatigue e il dolore.

Noi medici, invece, siamo molto più focalizzati su quei parametri che sappiamo accompagnarsi ad un aumento della morbilità e della mortalità (es: parametri renali, parametri legati al danno d’organo, non percepiti in modo diretto dal paziente. Questo gap comunicativo è causa talvolta di incomprensione e può essere causa di scarsa aderenza alla terapia. Di qui la necessità di una visione più olistica della malattia, che tenga conto maggiormente della percezione di malattia da parte dei pazienti”.

“Lo studio SPOCS, inoltre, – continua – ha evidenziato come i pazienti con lupus abbiano una scarsa qualità di vita rispetto alla popolazione generale (…) e che, nonostante nel corso dell’anno di follow-up ci sia stato sicuramente un miglioramento dei parametri clinici di questi pazienti trattati con lo standard terapeutico, i parametri della qualità della vita non sono granchè migliorati. Questo fa comprendere l’esistenza, ancora oggi, di ampi margini di intervento e di miglioramento delle cure, per venire incontro anche a quelle esigenze ritenute maggiormente importanti per i pazienti”.

In quest’ottica, la peculiarità del ricorso nello studio SPOCS alla stratificazione dei pazienti lupici in base alla “firma genica interferonica”, un biomarcatore di attività di malattia, porta a fare alcune considerazioni anche in termini di prospettive terapeutiche.

“L’avere a disposizione questo biomarcatore come possibile target della terapia – spiega ai nostri microfoni Chiara Tani –  potrebbe rappresentare una strategia terapeutica innovativa personalizzata e quindi anche più efficace anche verso quei parametri che rappresentano ancora degli unmet need come la qualità della vita. Non a caso, infatti,   lo studio SPOCS ha evidenziato, fra l’altro, delle differenze in termini di “firma genica interferonica”  tra i pazienti in base ai PRO considerati”.

“Sappiamo da diversi anni – conclude – che l’interferone di tipo 1 ha un ruolo importante nella patogenesi di alcune manifestazioni del lupus. L’avere. Pertanto, come target della nostra terapia proprio l’interferone di tipo 1 (come nel caso di anifrolumab, un anticorpo monoclonale completamente umanizzato che si lega alla sottounità 1 del recettore dell’interferone di tipo I, bloccando l’attività di tutti gli interferoni di tipo I, di prossima introduzione anche nel nostro Paese) apre sicuramente nuove possibilità terapeutiche e nuove opportunità di personalizzazione della cura”.

Bibliografia
1) Arnaud L et al. Discordance between patient global assessment and physician global assessment of disease activity in the moderate to severe systemic lupus erythematosus prospective observational cohort study (SPOCS). Presented at EULAR 2022; poster POS0733
2) Aringer M et al. Association of patient-reported outcomes with type i interferon gene signature from the international systemic lupus erythematosus prospective observational cohort study (SPOCS). Presented at EULAR 2022; poster POS0731