“Giuliano Vangi. Colloquio con l’antico” a Rovereto fino al 9 ottobre


Al Mart di Rovereto, fino al 9 ottobre 2022, la mostra che rende omaggio a Giuliano Vangi, uno dei protagonisti italiani dell’arte contemporanea

Giuliano Vangi, "Donna e paesaggio", 1982
Giuliano Vangi, “Donna e paesaggio”, 1982
Ideata dal presidente del Mart, Vittorio Sgarbi, con la curatela di Massimo Bertozzi e Daniela Ferrari in collaborazione con Nicola Loi, Studio Copernico di Milano, GIULIANO VANGI. COLLOQUIO CON L’ANTICO.

PISANO, DONATELLO, MICHELANGELO, è una grande mostra che desidera rendere omaggio ad uno dei protagonisti italiani dell’arte contemporanea di fama internazionale, in occasione del suo novantesimo compleanno. Ciò nella ricerca di continuità e similitudini tra l’arte antica e l’arte contemporanea e laddove sculture e disegni del maestro, si confrontano con l’arte di alcuni grandi maestri del passato, tra cui Pisano, Donatello, Michelangelo, in un grande allestimento firmato da Mario Botta.

” E’ questa una mostra che mette a nudo l’artista e ne rivela le origini e i temi di riflessione, in una storia che continua. Una autobiografia in scultura. Non ci sono antico e moderno, presente e passato. E non è un capriccio il desiderio manifestato da Vangi, e da me condiviso, di un accostamento a Michelangelo. Perché proprio le figure in movimento per una Trasfigurazione non testimoniano una citazione, ma una interiorizzazione, il passo di Michelangelo e quello di Vangi si sintonizzano. Procedono all’unisono, con lo stesso ritmo interiore. Non è continuità, è contemporaneità. Vangi respira, ansima con Michelangelo. Il linguaggio è lo stesso, e non c’è distanza nè filtro del tempo” commenta il noto critico d’arte e presidente del Mart, Vittorio Sgarbi.

I visitatori potranno ammirare in mostra oltre cinquanta sculture e una ventina di disegni, di cui uno di 36 metri realizzato appositamente per questa esposizione. Una esposizione che si apre fin dalla piazza del museo e che poi si sviluppa nelle gallerie del secondo piano ripensate per l’occasione da chi vent’anni fa le ha progettate, l’architetto Mario Botta. Grande amico dell’artista, Botta lo ha invitato più volte a confrontarsi con alcune delle sue architetture religiose: la cappella di Azzano di Serravezza, la chiesa di Giovanni XXIII a Seriate e, più di recente, quella di Namyang in Corea del Sud, per la quale Vangi ha realizzato una crocifissione lignea e due grandi vetrate. Oggi i ruoli si invertono, è Giuliano Vangi a coinvolgere Botta, a conferma di un sodalizio di lunga data, non solo artistico.

L’allestimento, a cura di Botta Architetti (Mario e Tommaso Botta), si apre con una sorta di esedra, luogo di ritrovo e di incontro con l’arte, come la stessa piazza del museo. Si prosegue in un grande open space suddiviso in tre navate, scandite da alcuni prismi che contegono le nicchie con le opere antiche e gli avori di Vangi.

Oltre che con l’architettura contemporanea, al Mart Vangi dialoga con alcuni artisti gotici o rinascimentali: primi fra tutti Giovanni Pisano, Donatello e Michelangelo Buonarroti, ma anche Jacopo della Quercia, Tino di Camaino, Agostino di Giovanni, Francesco di Valdambrino.

Sono ben dodici le opere antiche in dialogo con le ooere di Vsngi in questa mostra, tra cui tre disegni di Michelangelo provenienti da Casa Buonarroti, il Busto di Niccolò da Uzzano di Donatello, appartenente alle raccolte del Bargello, e un Crocifisso di inizio Trecento di Giovanni Pisano, dalla Chiesa di Sant’Andrea di Pistoia.

Il confronto tra la scultura di Vangi e l’arte del passato, da quella etrusca in poi, con particolare attenzione alla storia toscana, da anni suggerisce riflessioni ad alcuni tra i più noti critici e storici dell’arte, per esempio Carlo Ludovico Ragghianti, Enzo Carli, Luigi Carluccio. Come illustrato nel catalogo, Vangi reinterpreta e magistralmente rinnova un filone tra i più ricchi della grande storia dell’arte italiana. I curatori della mostra alludono a una “impronta genetica” ereditata da Vangi, una “linea del sangue: Giovanni Pisano, e gli sviluppi della sua lezione, con Agostino di Giovanni e Tino di Camaino; e poi l’eleganza formale, che l’onda lunga del gotico internazionale depone sulla battigia dell’umanesimo, con Francesco di Valdambrino e Jacopo della Quercia, fino alla piena maturità della stagione rinascimentale, con Donatello, Matteo Civitali, Michelangelo, è quella che traccia i principali indirizzi della ricerca di Vangi, così come la si vuole far emergere e celebrare con questa mostra, che ripercorre per intero la storia artistica di uno scultore per il quale l’impronta della tradizione toscana e la maestria di un sapere antico hanno rappresentato uno straordinario bagaglio espressivo, al servizio di una rara sensibilità e di una grande immaginazione”.

Dopo un breve esordio legato all’astrattismo, Vangi torna alle proprie radici, a quella classicità che recupera senza subordinamento ma con audace rinnovamento, con rigorosa sintesi plastica e formale. Ben rappresentata in mostra con opere che vanno dagli anni Sessanta a oggi, la grande arte di Vangi risulta autonoma, universale, ieratica. L’originalità si manifesta nell’abilità di pittore e nella sublime capacità scultorea. Non c’è materiale che non interessi la visione plastica di Vangi: la pietra e il marmo più forti; diversi tipi di legno, come l’ebano; i metalli e il bronzo; le moderne resine; il raro avorio. In alcuni periodi Vangi realizza sculture polimateriche e policrome, utilizzando i colori – come i più antichi fra gli antichi –, smalti, vernici. Altrove applica protesi, denti di porcellana, occhi di vetro, conferendo alle sue sculture una particolare forza espressiva. La ricerca di Vangi investe la condizione umana tutta: il senso di solitudine, lo smarrimento, le inquietudini del presente. Con rara efficacia nel rappresentare la solidità e la stabilità, così come la precarietà, i corpi rivelano l’eterno tentativo di resistere al disagio esistenziale. In questa indagine sono cruciali le apprensioni sugli urgenti cambiamenti climatici e le catastrofi ambientali che rendono l’angoscia individuale collettiva. Vangi raffigura gli esseri umani moderni con compassione, con pietas partecipata e senziente. Nella solennità e nell’eternità della sua opera, c’è qualcosa di spirituale, religioso o laico che si preferisca, un portato sacro quanto sacra può essere l’esistenza.

Il film documentario 

La mostra è l’occasione per presentare in anteprima un docufilm su Giuliano Vangi realizzato negli ultimi mesi con interviste all’artista, all’architetto Botta, a Vittorio Sgarbi, a Nicola Loi, Studio Copernico, e a Koko Okano, direttrice del Museo Vangi di Mishima.
“Giuliano Vangi, che ha compiuto novant’anni, si racconta in un documentario. E lo fa a Pietrasanta, ai piedi delle Alpi Apuane, nel grande atelier, dove crea le sue opere e sta preparando la sua grande opera per Seul. Tra le pareti verticali delle cave di marmo, e a Pesaro, la città dove vive. Un racconto e un viaggio tra progetti e opere, ricordi e emozioni, ricerca e passione del grande scultore italiano”.

Le ultime riprese del film sono state girate al Mart, in occasione dell’allestimento della mostra.

Di Emerson Gattafoni e Valeria Cagnoni, prodotto da Gekofilm S.r.l. per la televisione, il documentario dura 30 minuti. Regia di Emerson Gattafoni.

Il catalogo

Completa la mostra un progetto editoriale in italiano e in inglese pubblicato da 24 ORE Cultura.

Hanno scritto: Vittorio Sgarbi e Mario Botta, oltre ai curatori della mostra Massimo Bertozzi e Daniela Ferrari.

MARILENA SPATARO

Marilena Spataro è giornalista freelance. Nata in provincia di Reggio Calabria, attualmente vive e lavora tra Bologna e la Romagna. Collabora con testate di arte e cultura. Ha diretto una rivista di ecologia e benessere e lavorato presso case editrici di livello nazionale. Svolge anche attività di addetto stampa/PR/organizzazione di eventi