Linfoma di Hodgkin: brentuximab vedotin e chemio riducono rischio morte


Linfoma di Hodgkin: la cura con brentuximab vedotin aggiunto alla chemioterapia in prima linea riduce del 41% il rischio di morte

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Il trattamento con il coniugato anticorpo-farmaco (ADC) brentuximab vedotin in combinazione con il regime AVD, cioè la tripletta costituita da doxorubicina, vinblastina e dacarbazina (A+AVD) ha dimostrato di migliroare in modo sostanziale la sopravvivenza globale (OS), riducendo del 41% il rischio di decesso rispetto al regime standard ABVD (doxorubicina, bleomicina, vinblastina e dacarbazina) nei pazienti con linfoma di Hodgkin classico in stadio III/IV, non trattato in precedenza. Sono i dati di follow-up a 6 anni dello studio randomizzato ECHELON-1 presentati di recente al congresso annuale della European Hematology Association (EHA) e, poco prima, dell’American Society of Clinical Oncology (ASCO).

Con un follow-up mediano di 73 mesi, gli autori hanno stimato tassi di OS a 6 anni del 93,9% (IC al 95% 91,6%-95,5%) nel braccio trattato con brentuximab vedotin più il regime AVD contro 89,4% nel braccio trattato con il regime standard di confronto (IC al 95% 86,6%-91,7%) (HR 0,59; IC al 95% 0,40-0,88; P = 0,009).

La mediana dell’OS, invece, non è stata ancora raggiunta in nessuno dei due bracci.

«Questo è il primo studio testa a testa dimostrare un vantaggio di sopravvivenza globale del regime A+AVD rispetto alla chemioterapia standard nel linfoma di Hodgkin classico, e questo è un risultato significativo, molto importante», ha affermato uno degli autori principali dello studio, Stephen Ansell, della Division of Hematology and Department of Internal Medicine della Mayo Clinic di Rochester, presentando i dati all’ASCO. «Sulla base di questi dati, la combinazione di brentuximab vedotin più la chemioterapia AVD dovrebbe essere considerata il trattamento di prima linea di scelta nei pazienti con linfoma di Hodgkin classico in stadio III-IV, non trattato in precedenza».

Lo studio ECHELON-1
ECHELON-1 (NCT01712490) è un trial multicentrico internazionale di fase 3 che ha coinvolto 1334 pazienti, assegnati casualmente secondo un rapporto 1:1 al trattamento con il regime A+AVD (664 pazienti) o ABVD (670 pazienti) per via endovenosa nei giorni 1 e 15 ogni 28 giorni, per un massimo di 6 cicli.
L’endpoint primario dello studio era la sopravvivenza libera da progressione (PFS) modificata, valutata da un comitato di revisione indipendente, mentre l’OS nella popolazione Intention-To-Treat era l’endpoint secondario chiave.

Inoltre, le valutazioni di follow-up a lungo termine includevano la PFS valutata dagli sperimentatori, l’uso successivo del trattamento e gli outcome di sicurezza inclusi i secondi tumori maligni, gli esiti della gravidanza nei pazienti e i loro partner, e i tassi di risoluzione e miglioramento della neuropatia periferica.

Miglioramento significativo della PFS mantenuto a lungo termine
Lo studio ha già dimostrato di aver centrato il suo endpoint primario ed evidenziato che il beneficio di PFS offerto dalla combinazione contenente brentuximab vedotin si mantiene a lungo termine.

I dati dello studio pubblicati nel 2018 sul New England Journal of Medicine, con un follow-up mediano di circa 15 mesi, hanno evidenziato nel braccio trattato con brentuximab vedotin più il regime AVD una riduzione del 23% il rischio di progressione della malattia o decesso rispetto al braccio trattato con il regime ABVD.

L’analisi di follow-up a 5 anni, presentata al congresso EHA dell’estate scorsa, ha confermato il beneficio di PFS a lungo termine associato al regime A+AVD in prima linea rispetto al regime ABVD, indipendentemente dal risultato della PET intermedia (PET2, effettuata dopo i primi due cicli di trattamento).

Infatti, la PFS stimata a 5 anni è risultata dell’82,2%, nel braccio trattato con brentuximab vedotin contro 75,3% nel braccio trattato con la sola chemioterapia e nei pazienti trattati con l’ADC più la tripletta chemioterapica si è registrata una riduzione del 32% del rischio di progressione o decesso rispetto ai pazienti assegnati alla chemioterapia standard (HR 0,681; IC al 95%; 0,543-0,867; P = 0,002).

Nell’analisi presentata quest’anno prima all’ASCO, e poi all’EHA, gli autori hanno calcolato una PFS a 6 anni dell’82,3% (IC al 95% 79,1%-85,0%) nel braccio trattato con brentuximab vedotin più AVD, a fronte del 74,5% (IC 95%, 70,8%-77,7%) nel braccio trattato con il regime ABVD (HR 0,68; IC al 95% 0,53-0,86; P = 0,002).

Inoltre, al congresso americano i ricercatori hanno riportato i dati dell’analisi relativa all’OS, effettuata dopo circa 6 anni di follow-up (cut-off dei dati: 1 giugno 2021).

Beneficio di OS con brentuximab coerente nei vari sottogruppi
Al momento del cutoff dei dati, i decessi sono stati significativamente meno numerosi nel braccio trattato con A+AVD rispetto al braccio assegnato al regime standard: 39 contro 64.

Inoltre, il beneficio di OS fornito dal regime contenente brentuximab vedotin rispetto al regime ABVD è risultato coerente nei vari sottogruppi previsti dal protocollo, fra cui i pazienti con malattia in stadio III (HR 0,86) e quelli con malattia in stadio IV (HR 0,48) alla diagnosi, così come quelli con PET negativa dopo il secondo ciclo (HR 0,58) o con PET2 positiva (HR 0,16) e quelli al di sotto dei 60 anni (HR 0,51) o di 60 anni e oltre (HR 0,83).

E ancora, il beneficio dell’OS è stato confermato in un’ analisi multivariata nella quale si è tenuto conto contemporaneamente dei fattori demografici e di quelli legati alla malattia al basale (HR 0,53; IC al 95% 0,34-0,83). In particolare, i fattori che hanno mostrato un’associazione più forte con l’OS sono risultati l’età, la razza non bianca, il performance status ECOG e lo stato della PET2.

Profilo di sicurezza a lungo termine rassicurante e senza sorprese
Sul fronte della sicurezza, non sono stati identificati nuovi segnali e il regime con brentuximab ha mostrato un profilo di sicurezza a lungo termine paragonabile a quello del regime ABVD, gestibile e coerente con quello delle analisi precedenti dei dati.

In particolare, i dati relativi alla neuropatia periferica (evento avverso noto dell’ADC) e alle gravidanze sono risultati in linea con quelli già riportati.

L’incidenza della neuropatia periferica a 2 anni è risultata del 67% nel braccio trattato con brentuximab vedotin più la chemioterapia e 43% nel braccio di confronto. Va osservato, tuttavia, che la neuropatia periferica emergente dal trattamento ha continuato a risolversi o a migliorare in entrambi i bracci, e all’ultima valutazione di follow-up l’86% dei casi del braccio A+AVD e l’87% di quelli del braccio ABVD si erano completamente risolti o erano migliorati. Il tempo mediano di risoluzione della neuropatia è stato rispettivamente di 16 e 10 settimane.

All’ultimo follow-up, i pazienti che presentavano ancora una neuropatia periferica di grado 1 sono risultati l’11% nel braccio sperimentale contro 6% nel braccio di confronto, quelli con una neuropatia periferica di grado 2 rispettivamente il 6% contro 2%, quelli con una neuropatia periferica di grado 3 rispettivamente il 2%; contro meno dell’1%, e meno dell’1% dei pazienti del braccio sperimentale aveva ancora una neuropatia periferica di grado 4.

Più gravidanze e meno seconde neoplasie maligne
Inoltre, nel braccio assegnato alla combinazione con brentuximab vedotin più pazienti di sesso femminile hanno riportato gravidanze e nascite di neonati vivi rispetto al braccio ABVD: rispettivamente 49 contro 28 e 56 contro 23.

Tra i partner di pazienti maschi sono state riportate 33 gravidanze e 40 nati vivi nel braccio A+AVD rispetto a 33 gravidanze e 36 nati vivi nel braccio ABVD, mentre non sono stati segnalati nati morti in nessuno dei due bracci.

Un ulteriore beneficio del trattamento con brentuximab vedotin consiste nel fatto che nel relativo braccio state riportate meno seconde neoplasie maligne rispetto al braccio di confronto (23 contro 32), un risultato che rispecchia quelli già riportati in precedenza. Due pazienti con seconde neoplasie in ciascun braccio sono stati sottoposti al trapianto di cellule staminali e tre nel braccio assegnato al regime ABVD a una precedente radioterapia.

Con brentuximab meno decessi per il linfoma e altre complicanze 
Meno pazienti sono deceduti a causa del linfoma di Hodgkin e di complicanze correlate alla malattia o al trattamento nel braccio trattato con il regime A + AVD (rispetto al braccio trattato con ABVD: 5,9% contro 9,7%.

Nel braccio sperimentale, 19 pazienti deceduti avevano mostrato una progressione della malattia e 18 erano stati sottoposti a una terapia successiva dopo quella prevista dallo studio, mentre nel braccio di confronto i pazienti deceduti andati in progressione erano 28 e 25 erano stati sottoposti a una terapia successiva (brentuximab vedotin in 13 casi).

Meno terapie successive nel braccio trattato con brentuximab
Nel braccio trattato con l’ADC più la tripletta chemioterapica la percentuale di pazienti che hanno fatto ricorso a una terapia successiva dopo quella in studio è risultata più bassa rispetto al braccio trattato con il regime ABVD: 20% contro 24%.

Il tipo di terapia successiva comprendeva brentuximab vedotin o regimi chemioterapici nel 12% dei pazienti del braccio A+AVD e nel 16% di quelli del braccio ABVD, la radioterapia nell’8% dei pazienti in entrambi i bracci, la chemioradioterapia in meno dell’1% dei pazienti di entrambi i bracci, la chemioterapia ad alte dosi e il trapianto rispettivamente nel 7% e 9% dei pazienti, il trapianto allogenico rispettivamente in meno dell’1% dei casi e nel 2%, l’immunoterapia rispettivamente nel 3% e 4% o altro in meno dell’1% dei pazienti del braccio ABVD.

In conclusione
«Il trattamento con il regime A+AVD ha migliorato l’OS rispetto al regime ABVD nonostante un’ampia disponibilità e un ampio uso di un trattamento attivo di salvataggio, compreso un ricorso sostanziale a un trattamento successivo con brentuximab vedotin nel braccio ABVD. Inoltre il vantaggio di OS nel braccio trattato con A+AVD è risultato associato a un minor numero di secondi tumori maligni rispetto al regime ABVD», ha sottolineato Ansell al termine della sua presentazione.

«Il beneficio di OS osservato nel braccio trattato con il regime contenente brentuximab vedotin, il minor numero di decessi correlati alla malattia e una concomitante riduzione dei casi di progressione della malattia osservati in questo braccio suggerisce che questo regime abbia potenzialmente curato più pazienti dalla malattia» ha concluso l’autore.

Bibliografia
M. Hutchings, et al. Improved overall survival with first-line brentuximab vedotin plus chemotherapy in patients with stage III/IV classical Hodgkin lymphoma: 6-year analysis of ECHELON-1. EHA 2022; abstract S200. Link