La risonanza magnetica può scoprire l’Alzheimer


L’analisi delle caratteristiche strutturali del cervello con una risonanza magnetica può identificare nel 98% dei casi la malattia di Alzheimer precoce

Paralisi cerebrale infantile, uno studio italiano porta in Cina la ricerca sulla nutrizione clinica. L’indagine è stata guidata dal Prof. Claudio Romano dell’Università di Messina 

L’analisi delle caratteristiche strutturali del cervello tramite una tecnologia di apprendimento automatico applicata a una semplice risonanza magnetica può identificare nel 98% dei casi la malattia di Alzheimer in una fase precoce, quando può essere molto difficile da diagnosticare in altro modo. Sono i risultati di uno studio pubblicato sulla rivista Communications Medicine.

Anche se attualmente non esiste una cura per la malattia di Alzheimer, poterla diagnosticare in modo semplice e rapido in una fase precoce potrebbe essere di grande aiuto per i pazienti. Permetterebbe loro di accedere ad aiuto e supporto, ottenere delle cure per gestire i sintomi e pianificare il futuro. Essere in grado di identificare con precisione i pazienti in una fase iniziale della malattia aiuterà anche i ricercatori a comprendere i cambiamenti cerebrali che scatenano la malattia e a supportare lo sviluppo e la sperimentazione di nuovi trattamenti.

L’Alzheimer è la forma più comune di demenza e colpisce oltre mezzo milione di persone nel Regno Unito. Anche se nella maggior parte dei casi si manifesta dopo i 65 anni, la malattia può svilupparsi anche nelle persone più giovani. È caratterizzato da un progressivo deterioramento cognitivo e da atrofia cerebrale e i sintomi più frequenti sono la perdita di memoria e le difficoltà di pensiero, di problem solving e di linguaggio.

Attualmente i medici attualmente utilizzano una serie di test per diagnosticare la malattia, tra cui test di memoria e cognitivi e scansioni cerebrali. Queste ultime servono per verificare la presenza di depositi proteici nel cervello e il restringimento dell’ippocampo, l’area del cervello collegata alla memoria. Tutte queste analisi possono richiedere diverse settimane, sia per l’organizzazione che per l’elaborazione.

Il nuovo approccio richiede soltanto una risonanza magnetica cerebrale (MRI) eseguita su una macchina standard da 1,5 Tesla, che normalmente è presente nella maggior parte degli ospedali.

Rilevazione dei cambiamenti neuronali
I ricercatori, finanziati dal National Institute for Health and Care Research (NIHR) Imperial Biomedical Research Centre, in UK, hanno adattato un algoritmo sviluppato per la classificazione dei tumori e lo hanno applicato al cervello, suddividendolo in 115 regioni e assegnando 660 caratteristiche diverse, come dimensioni, forma e consistenza, per valutare ogni singola regione. Hanno quindi addestrato l’algoritmo per identificare le aree nelle quali i cambiamenti di queste caratteristiche potrebbero prevedere con precisione l’esistenza della malattia di Alzheimer.

Utilizzando i dati dell’Alzheimer’s Disease Neuroimaging Initiative, il team ha testato il proprio approccio sulle scansioni cerebrali di oltre 400 pazienti con Alzheimer in stadio iniziale e avanzato, controlli sani e pazienti con altre condizioni neurologiche, tra cui la demenza frontotemporale e la malattia di Parkinson. Lo hanno anche testato con i dati di oltre 80 pazienti sottoposti a test diagnostici per l’Alzheimer presso l’Imperial College Healthcare NHS Trust.

Alzheimer previsto con elevatissima precisione
Il solo sistema di apprendimento automatico basato sulla risonanza magnetica si è dimostrato in grado di prevedere con una precisione del 98% se il paziente avesse o meno l’Alzheimer. Non solo, è anche stato in grado di distinguere tra la malattia in stadio iniziale o avanzato, con una precisione del 79%.

«Attualmente nessun altro metodo semplice e ampiamente disponibile può prevedere l’Alzheimer con questo livello di accuratezza, quindi la nostra ricerca rappresenta un importante passo avanti» ha dichiarato l’autore senior Eric Aboagye dell’Imperial’s Department of Surgery and Cancer. «Molti pazienti che si presentano con l’Alzheimer nelle cliniche della memoria presentano anche altre condizioni neurologiche, ma anche all’interno di questo gruppo il nostro sistema potrebbe distinguere i pazienti con Alzheimer dagli altri».

«Aspettare una diagnosi può essere un’esperienza orribile per i pazienti e le loro famiglie. Se potessimo ridurre la loro attesa, rendere la diagnosi un processo più semplice e ridurre parte dell’incertezza, sarebbe di grande aiuto» ha aggiunto. «Il nostro nuovo approccio potrebbe anche identificare i pazienti in fase iniziale per le sperimentazioni cliniche su nuovi trattamenti farmacologici o sui cambiamenti nello stile di vita, una cosa attualmente molto difficile da fare».

Il nuovo sistema ha individuato cambiamenti in aree cerebrali in precedenza non associate all’Alzheimer, come il cervelletto (che coordina e regola l’attività fisica) e il diencefalo ventrale (legato a vista e udito), aprendo potenziali nuove strade per la ricerca in queste aree e i loro collegamenti con la malattia.

«Anche se i neuroradiologi interpretano già le scansioni MRI per aiutare a diagnosticare l’Alzheimer, è probabile che ci siano caratteristiche delle scansioni che non sono visibili, nemmeno agli specialisti» ha commentato Paresh Malhotra, neurologo consulente presso l’Imperial College Healthcare NHS Trust e ricercatore presso l’Imperial’s Department of Brain Sciences. «L’uso di un algoritmo in grado di selezionare la consistenza e le sottili caratteristiche strutturali del cervello che sono colpite dall’Alzheimer potrebbe davvero migliorare le informazioni che possiamo ottenere dalle tecniche standard di imaging».

Bibliografia

Inglese M et al. A predictive model using the mesoscopic architecture of the living brain to detect Alzheimer’s disease. Commun Med 2, 70 (2022).

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