Fibrosi polmonare. dati positivi sull’uso di cudetaxestat


Dimostrata la capacità di cudetaxestat, inibitore dose-dipendente dell’enzima autotaxina, di ridurre in modo statisticamente significativo il processo di fibrosi polmonare

Fibrosi polmonare idiopatica: in fase II buoni risultati per la nuova terapia sperimentale di Boehringer Ingelheim

Con un comunicato stampa, Blade Therapeutics, azienda biotecnologica responsabile dello sviluppo clinico di una nuova possibile opzione terapeutica contro la fibrosi polmonare, ha annunciato i risultati di uno studio pre-clinico presentato nel corso dei lavori annuali dell’American Thoracic Society dai quali emerge la capacità di cudetaxestat, inibitore dose-dipendente dell’enzima autotaxina, di ridurre in modo statisticamente significativo il processo di fibrosi polmonare, nonché i livelli di alcuni marker fibrotici e di alcune molecole pro-fibrotiche in un modello polmonare di fibrosi polmonare.

I risultati sono stati definiti molto incoraggianti dai vertici dell’azienda e fanno ben sperare nella partenza, a breve, di un primo trial clinico di fase 2 sull’impiego di cudetaxestat in pazienti con fibrosi polmonare idiopatica (IPF).

Informazioni su cudetaxestat
Cudetaxestat è una molecola disponibile per os, disegnata al fine di bloccare l’attività dell’autotaxina (ATX), un enzima che trasforma la lisofosfatidilcolina (LPC) in acido lisofosfatidico (LPA) una molecola di trasduzione di segnali pro-fibrotici.

“Va sottolineato, a questo riguardo, che i livelli tissutali di ATX  e di LPA sono elevati in alcuni stati di malattia fibrotica, come nel caso dell’IPF – ricordano gli autori dello studio”.

Altra caratteristica che distingue questa molecola dalle altre con lo stesso meccanismo d’azione è che l’effetto è dose-dipendente, a differenza di ziritaxestat, un farmaco soppressore di autotaxina il cui sviluppo clinico per l’IPF è stato interrotto lo scorso anno a causa di un profilo rischio-beneficio non favorevole.

Queste differenze potrebbero essere legate al fatto che ziritaxestat, a differenza di cudetaxestat, compete con il substrato dell’autotaxina per la stessa regione enzimatica. Ciò significa che gli effetti soppressivi di ziritaxestat potrebbero essere particolarmente limitati quando il substrato è presente a livelli elevati.

Nei trial di fase 1 condotti in volontari sani, cudetaxestat ha mostrato un profilo farmacologico e di safety favorevole, sia da solo che in combinazione con nintedanib o pirfenidone . due farmaci orali approvati per l’IPF.

Lo studio
Nel lavoro preclinico presentato al Congresso, i ricercatori hanno fornito nuovi dati a supporto delle caratteristiche differenti delle due terapie summenzionate.

Focalizzando l’attenzione ai meccanismi d’azione di cudetaxestat e ziritaxestat, i ricercatori hanno scoperto che cudetaxestat blocca l’enzima legandosi ad una regione distinta piuttosto che interagendo con il substrato LPC.
Di conseguenza, è contrariamente a ziritaxestar, si è avuto un mantenimento della potenza di cudexatestat in presenza di livelli elevati di LPC – simile a quanto osservato nei tessuti fibrotici.

Di rilievo è stata l’osservazione in base alla quale è emerso che cudetaxestat mostra una potenza 160 volte maggiore rispetto a ziritaxestat.

Inoltre, il trattamento giornaliero con cudetaxestat ha ridotto in modo significativo la fibrosi polmonare e i livelli dei marker fibrotici, come il collagene e l’actina alfa delle cellule muscolari in un modello murino di fibrosi polmonare.

Da ultimo, la soppressione del pathway ATX-LPA con cudetaxestat è risultata significativamente più bassa e, generalmente, normalizza i livelli di alcune molecole chiave pro-fibrotiche in questo modello animale.
Tali risultati, pertanto, suffragano l’esistenza di effetti fibrotici diretti associati a questo trattamento.

Degna di nota è stata l’osservazione che questi effetti “erano dose-dipendenti mentre ziritaxestat non aveva mostrato una relazione dose-dipendente agli stessi dosaggi testati”.

Mentre entrambe le terapie “hanno mostrato riduzioni di entità simile dei livelli ematici di LPA, le differenze di efficacia potrebbero essere il riflesso di una inibizione non-competitiva vs. competitiva come le differenze a livello di penetrazione tissutale e modulazione dei pathway – scrivono i ricercatori”.

“L’inibizione non competitiva di ATX ad opera di cudetaxestat fornisce un profilo differenziato che manterrà la potenza del trattamento in presenza di concentrazioni elevate di LPC, con possibili ripercussioni in termini di miglioramento di copertura del target”.

In conclusione, “…cudetaxestat mostra chiari vantaggi in termini di efficacia su molteplici biomarcatori in un modello preclinico di fibrosi polmonare, suffragandone le potenzialità in termini di outcome terapeutici differenziati”.