Nomadi digitali: la storia di Patrizio Ambrosetti


Da 7 anni viaggia per il mondo per rivoluzionare il concetto di vivere e lavorare: vi raccontiamo la storia di Patrizio Ambrosetti

patrizio ambrosetti

Quasi contemporaneamente le dichiarazioni del miliardario Elon Musk che ha imposto ai suoi dipendenti il ritorno in ufficio per almeno 40 ore a settimana, pena il licenziamento e di Brian Chesky, CEO di Airbnb, che al contrario ha affermato che “l’ufficio come lo conosciamo è finito”, hanno riportato alla luce il dibattito mai concluso sulla possibilità delle aziende di concedere ai dipendenti il lavoro agile anche dopo la pandemia di coronavirus.

Il mondo sta vivendo uno dei cambiamenti più grandi della storia. I lavoratori stanno acquisendo una libertà e una flessibilità che non hanno mai avuto. Possono vivere fuori città e risparmiare soldi di affitto e acquisire un incredibile stile di vita che mai hanno avuto prima. Possono viaggiare il mondo ed esplorarlo, continuando ad essere pagati dalle loro aziende. Possono provare a creare aziende proprie, diventando imprenditori digitali. Possono passare più tempo con i figli e la famiglia e dedicarsi alle passioni personali. La realtà è che siamo solo all’inizio e più passerà il tempo e più saremo.”

Di questo ne è fermamente convinto il pioniere dei nomadi digitali Patrizio Ambrosetti (https://www.roverpat.com), romano di nascita ma da subito cittadino del mondo ed inguaribile sognatore. Dopo aver lasciato la carriera sciistica, che praticava a livello agonistico, Patrizio inizia la sua prima esperienza imprenditoriale a 19 anni nel mondo dell’organizzazione di eventi per giovani in Italia.

Nel 2013 partecipa come Brand Ambassador al lancio di Uber a Roma e poi si trasferisce a New York per continuare gli studi in Business & Management e per inseguire il suo sogno di poter costruire un giorno aziende seguendo modelli e approcci tipici degli Americani.

L’Italia iniziava a starmi stretta. Avevo tanta voglia di fare e il mio sguardo era sempre rivolto al futuro. Sono partito per New York a 24 anni con la scusa di imparare l’inglse, con solo una valigia piena di sogni e tanta ambizione. Sarei dovuto restare 4 mesi, ma la verità è che non sono mai più tornato. L’università e la vita frenetica di New York hanno risvegliato in me il sogno americano che ha alimentato la mia continua voglia di mettermi in gioco e di rincorrere i miei sogni.”

All’inizio del 2015, l’incontro che gli ha segnato la vita: “Ero in un bar a Manhattan con un amico e tra una chiacchiera e l’altra mi racconta di una nuova startup di coworking che si stava espandendo rapidamente e che per questo stava cercando risorse per le nuove aperture. Prima di entrare nel team ho dovuto superare 8 colloqui di selezione e, dopo una settimana dall’assunzione, mi venne chiesto di partire per Londra. Non esitai, feci le valigie e partii nuovamente.”

WeWork, la allora piccola startup nota per aver rivoluzionato il concetto di coworking, lo assume quindi come uno dei primi dipendenti internazionali e lo incarica di espandere il business in Europa e di lanciare nuovi mercati a livello globale, partendo da Londra, per poi passare ad Amsterdam, Parigi, Berlino, ecc. Da quel giorno Patrizio ha iniziato a viaggiare con un solo bagaglio a mano e il suo laptop, cambiando stanze di albergo ogni due settimane senza più avere una dimora fissa.

Viaggiavo molto, di città in città e dormivo poco. Il mio obiettivo era quello di crescere la community dei membri raggiungendo l’80% dell’occupazione il primo giorno di apertura, oltre che assumere il team locale e creare le strategie di marketing per costruire il brand. Per questo mi ero imposto di incontrare minimo 20 persone al giorno e di chiedere loro di parlare di WeWork e della sua mission ad altri 3 conoscenti. Non è stato un periodo facile, avevo parecchio stress e non mi fermavo mai, ma la mia determinazione mi ha permesso di farcela: in due anni ho aperto 4 nuovi mercati internazionali, fatto training dei nuovi General Managers e supervisionato Team sparsi in tutto il mondo.”

Tra la fine del 2016 e l’inizio del 2017, un amico consiglia a Patrizio il libro “The 4-hour work week” di Timothy Ferriss, che spiega come conciliare vita privata e lavoro. Questa lettura apre gli occhi a Patrizio che decide di lasciare WeWork e di trasferirsi a Chiang Mai, in Thailandia dove sperimenta la vita da nomade digitale, viaggiando per tutto il sud est asiatico, insieme ad altri giovani provenienti da ogni parte del globo, con cui forma una tra le prime community. Il 2018 lo passa tra Regno Unito (Londra), Stati Uniti (California), Colombia (Bogota), Philippine (Manila) e Indonesia (Bali), senza mai avere una base.

Nel 2019 entra in Selina come Global Head of Partnerships e go to market e contribuisce all’apertura di nuovi mercati e spazi per il coliving e coworking, duplicando il numero di alberghi esistenti per nomadi digitali in tutto il Sud America, Europa e USA. Nel 2020 si trasferisce a Barbados dove, dopo 8 anni di viaggi no stop, stabilisce la sua base e nel 2021 lascia Selina per iniziare un percorso imprenditoriale personale.

In piena pandemia una mia amica mi segnalò un articolo in cui si raccontava che Barbados aveva introdotto uno speciale permesso dedicato ai nomadi digitali per lavorare dall’isola per 12 mesi. Non persi tempo, prenotai l’aereo e dopo aver attraversato Messico e Canada in 3 giorni mi ritrovai a surfare nel mar dei Caraibi tra una call e l’altra.

Attualmente Patrizio si trova ancora a Barbados nei Caraibi, dove lavora da remoto e segue e gestisce le sue imprese per aiutare tutti coloro che vogliono iniziare la vita da nomade, tra cui la TOA Partners (www.wearetoa.com), creata con il suo ex collega di Selina, Andrea Melillo e formata da un team di professionisti provenienti da Airbnb, WeWork, Selina, Soho House, Melia Hotel e altre aziende di ospitalità e real estate. Da diversi anni, inoltre, dopo l’esperienza in WeWork e Selina è Advisor di aziende globali che stanno rivoluzionando il modo in cui viviamo, viaggiamo, lavoriamo e ci connettiamo, come ad esempio Passwork (piattaforma leader di CoWorking in Messico), Legends (primo social network globale per viaggiatori), Pink Coconuts (marketplace platform di viaggiatori della community LGBTQ) vantando tra l’altro collaborazioni precedenti con le italiane Talent Garden (network di coworking e piu grande piattaforma di educazione in Europa) e WeRoad (la community di viaggiatori più popolare di Italia, Spagna e Regno Unito).

La mia missione è di educare e ispirare nuovi nomadi digitali, aiutare aziende globali a transitare verso il lavoro da remoto e supportare, allo stesso tempo, i dipendenti in questo cambiamento. Mi impegno, inoltre, quotidianamente affinché i governi diventino più attrattivi per i nuovi e attuali nomadi digitali. Per questi motivi creo contenuti video e podcast sui miei canali social (IG: @rover_pat), partecipo come ospite a molti seminari ed eventi e sto lanciando un fondo di investimento (www.fundvega.com) basato in America che investirà in startup per Digital Nomads e la nuova generazione di viaggiatori”.

Dopo il successo dell’iniziativa di Barbados altri 46 paesi hanno introdotto il visto per nomadi digitali. Barbados in questi due anni, grazie a questa misura ha visto transitare oltre 3000 nomadi digitali provenienti da tutto il mondo. Un bel indotto per l’isola che in precedenza aveva un turismo più maturo e geolocalizzato.

Patrizio auspica che anche in Italia presto si renda operativo un visto speciale per chi lavora da remoto e per questo porta avanti la sua missione affinché sempre più realtà riconoscano i benefici in termini non solo economici ma di qualità della vita di quello che si contraddistingue come un vero e proprio movimento rivoluzionario.

Parliamo di una predizione di 100M di nomadi digitali che saltano da città in città nei prossimi 3 anni e forse arriveremo al Miliardo nel 2035 come diciamo tutti noi nell’industria. Questo fenomeno sta creando una decentralizzazione di città, di aziende, di team. Tantissime aziende stanno accettando questo e capiscono che possono davvero continuare ad avere ottimi profitti senza avere i loro team in ufficio. Altre aziende stanno andando contro, ma arriveranno al momento in cui dovranno accettare e convertirsi anche loro al lavoro remoto dei loro dipendenti. Stiamo per assistere ad uno dei più grandi processi migratori della storia.” – Conclude Patrizio

Alcuni numeri sui nomadi digitali nel mondo

Non è semplice quantificare il numero di nomadi digitali nel mondo. Tra le realtà che hanno provato a fare il punto sul fenomeno vi è il sito Brother Abroad che a settembre 2021 ha pubblicato un report che riunisce 63 statistiche pubblicate in tutto il mondo. Tra i dati emersi è stato rilevato che in tutto il mondo ci sono oltre 35 mln di persone di varie nazionalità che si definiscono tali. E’ stato, inoltre, stimato che il valore economico della comunità globale dei nomadi digitali è stimato in $ 787 Mld l’anno che corrisponde alla somma della spesa totale di ogni nomade digitale in un anno (in media circa 22.500 dollari all’anno, 1.875 dollari al mese). Se la comunità globale dei nomadi digitali fosse un Paese, si classificherebbe al 41° posto per numero di abitanti, subito dopo il Canada (37.742.154) e il Marocco (36.910.560)1.