Dermatomiosite: luci e ombre per lenabasum


Dermatomiosite: il farmaco sperimentale lenabasum ha migliorato i sintomi cutanei, ma solo in alcuni pazienti

Dermatomiosite: il farmaco sperimentale lenabasum ha migliorato i sintomi cutanei, ma solo in alcuni pazienti

Un agonista sperimentale del recettore dei cannabinoidi di tipo 2 (CB2), lenabasum, è stato associato a miglioramenti maggiori rispetto al placebo nei pazienti con dermatomiosite a predominanza cutanea, alcuni dei quali statisticamente significativi, in uno studio di fase II pubblicato sul Journal of Investigative Dermatology.

I pazienti che assumevano lenabasum hanno ottenuto maggiori riduzioni nel Cutaneous Dermatomyositis Disease Area and Severity Index (CDASI), un esito convalidato progettato per valutare il coinvolgimento infiammatorio della pelle nella dermatomiosite a predominanza cutanea, una rara malattia autoimmune, oltre a miglioramenti nei risultati riportati dai pazienti e dei biomarcatori rispetto ai soggetti trattati con placebo, hanno riferito il primo autore Victoria Werth e colleghi dell’Università di Pennsylvania, a Filadelfia.

Risultati del trial di fase II
Lo studio di fase II a centro singolo, in doppio cieco, randomizzato e controllato, ha arruolato 22 adulti con dermatomiosite refrattaria con un coinvolgimento muscolare minimo, come evidenziato dalla normale resistenza massima al test muscolare all’ingresso e durante lo studio. La maggior parte dei partecipanti stava assumendo farmaci immunosoppressori e tutti avevano punteggi CDASI di almeno 20, con punteggi medi nell’intervallo grave (>26). I sintomi registrati in base alle misure di esito riportate dai pazienti erano da moderati a gravi.

I pazienti hanno ricevuto una mezza dose di lenabasum (20 mg una volta al giorno) per 1 mese e una dose intera (20 mg due volte al giorno) per 2 mesi, o placebo, e sono stati seguiti per un altro mese una volta interrotto il trattamento.

A partire dal giorno 43, circa 2 settimane dopo l’aumento della dose, nel gruppo lenabasum è stata osservata una tendenza verso una maggiore variazione del CDASI basale rispetto al gruppo placebo. Le differenze hanno raggiunto la significatività statistica il giorno 113 (P=0,038), un mese dopo che i pazienti avevano interrotto la terapia, suggerendo che la modulazione della risposta infiammatoria è continuata dopo l’ultima somministrazione del farmaco.

Cinque degli 11 pazienti trattati con lenabasum (45%) e nessuno di quelli nel gruppo placebo hanno ottenuto una riduzione di almeno il 40% del punteggio di attività CDASI entro la fine dello studio.

I pazienti nel gruppo lenabasum hanno anche ottenuto un miglioramento maggiore nei punteggi dei sintomi Skindex-29, una misura oggettiva del prurito, oltre a miglioramenti in altri esiti secondari di efficacia, incluso il dolore, anche se non hanno raggiunto la significatività statistica.

Le biopsie cutanee prima e dopo il trattamento hanno mostrato riduzioni significative delle citochine infiammatorie rilevanti per la patogenesi della malattia. I pazienti trattati con l’agonista CB2 avevano una tendenza al ribasso nella popolazione di cellule T CD4+, correlata ad esempio con una diminuzione dei punteggi dell’attività CDASI, e una diminuzione dell’espressione della proteina IL-31, correlata alla riduzione dei punteggi dei sintomi Skindex-29.

Non si sono verificati eventi avversi gravi correlati all’uso di lenabasum e nessuna interruzione del trattamento.

Efficacia e sicurezza confermata nel lungo termine
La parte principale dello studio di fase II, condotto dal 2015 al 2017, è stata seguita da una fase di estensione in aperto della durata di 3 anni, nella quale 20 dei 22 pazienti sono stati sottoposti a lenabasum 20 mg due volte al giorno. Il farmaco ha continuato a essere sicuro e ben tollerato e il punteggio di attività CDASI e altri risultati sono migliorati durante il primo anno e sono rimasti stabili in seguito, secondo un poster presentato all’European Congress of Rheumatology (EULAR) 2021.

Dopo 1 anno nell’estensione in aperto, il 60-70% dei pazienti aveva raggiunto una grado lieve di gravità della malattia cutanea di e il 75% aveva ottenuto una riduzione di almeno il 40% dell’attività CDASI.

«Molti pazienti, anche se non si sono liberati completamente della malattia, erano molto più felici in termini di prurito» ha fatto presente Werth. «Ora che la fase di estensione a lungo termine è terminata, per molti è difficile gestire la malattia».

Risultati in generale non positivi in uno studio di fase III
Anche in uno studio di fase III completato di recente una sottopopolazione di pazienti con malattia cutanea e muscolare attive ha mostrato una maggiore riduzione dei punteggi di attività CDASI, un risultato secondario.

Tuttavia nel complesso i risultati del trial DETERMINE ha prodotto risultati negativi. Ha arruolato un gruppo più eterogeneo di pazienti, compresi quelli con debolezza muscolare e coinvolgimento della pelle, e aveva come endpoint principale una misura composita più ampia, ossia il punteggio di miglioramento totale. Lo studio non è riuscito a soddisfare l’endpoint primario, secondo quanto comunicato nel giugno 2021 dalla compagnia Corbus Pharmaceuticals, che sta sviluppando il prodotto.

«I risultati di fase III sono frustranti per i pazienti che presentano manifestazioni cutanee sintomatiche e refrattarie delle dermatomiosite, considerati gli outcome promettenti dello studio di fase II e di uno studio di estensione in aperto» ha affermato Werth, che presenterà i dati al prossimo EULAR. «Lenabasum è una terapia che non funziona per tutti i pazienti, ma solo per una parte di loro. È in forma orale, è poco immunosoppressivo e non comporta molti effetti collaterali. Attualmente i pazienti vengono generalmente gestiti con gli steroidi e abbiamo davvero bisogno di trattamenti che non siano così tossici».

Lenabasum in valutazione anche in altre malattie
«La strategia dell’agonista CB2 è allettante perché non è immunosoppressiva e ha proprietà sia antinfiammatorie che antifibrotiche» ha concordato Robert Spiera, reumatologo direttore del Vasculite e Programma Sclerodermia, Hospital for Special Surgery, New York, che ha condotto studi su lenabasum per il trattamento della sclerosi sistemica cutanea diffusa. «Non vorrei rinunciare a questa opzione, soprattutto per i pazienti con sclerodermia e dermatomiosite, dato che lenabasum ha dimostrato di essere incredibilmente sicuro anche nel lungo termine».

Mentre lo studio di fase II nella sclerosi sistemica cutanea diffusa ha mostrato un chiaro beneficio rispetto al placebo, quello di fase III non ha raggiunto l’endpoint primario relativo all’indice di risposta combinata dell’American College of Rheumatology.

Lo sviluppatore sta cercando una partnership per valutare ulteriormente la nuova molecola nel trattamento in diverse sottopopolazioni e dovrebbero essere presto disponibili i risultati di uno studio di fase II nel trattamento del lupus eritematoso sistemico, con una valutazione del dolore come endpoint primario.

Bibliografia

Werth VP et al. Safety and Efficacy of Lenabasum, a Cannabinoid Receptor Type 2 Agonist, in Dermatomyositis Patients with Refractory Skin Disease A Randomized Clinical Trial. J Invest Dermatol. 2022 Apr 28;S0022-202X(22)00295-0. 

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