Uso di statine e Parkinson: un nuovo studio


Le persone anziane che assumono statine hanno una minore probabilità di sviluppare in seguito parkinsonismo secondo un nuovo studio

Un anziano malato di Parkinson con bastone aiutato da infermiera nel piano nazionale cronicità

Le persone anziane che assumono statine hanno una minore probabilità di sviluppare in seguito parkinsonismo rispetto alle persone che non stanno assumendo statine. È quanto suggerisce un nuovo studio i cui risultati sono stati appena pubblicati su “Neurology”, la rivista medica dell’American Academy of Neurology.

Il parkinsonismo – ricordano gli autori, guidati da Shahram Oveisgharan, del Rush University Medical Center di Chicago – è un termine usato per identificare un gruppo di condizioni neurologiche che causano problemi di movimento tra cui tremori, movimento rallentato e rigidità; tra queste la malattia di Parkinson rappresenta una delle cause più conosciute di tale disturbo.

Quanto alle statine – proseguono – sono I farmaci più prescritti per ridurre la colesterolemia e proteggere dall’aterosclerosi, ossia da quell’accumulo di placca lipidica nelle arterie che può portare al loro indurimento, così come a infarto e ictus.

Potenziale effetto protettivo sulle arterie cerebrali
«I nostri risultati suggeriscono che le persone che usano le statine possono avere un minor rischio di parkinsonismo e che ciò può essere in parte causato dall’effetto protettivo esercitato dalle statine sulle arterie del cervello» spiegano Oveisgharan e colleghi. «Tali evidenze sono entusiasmanti, perché i problemi di movimento che rientrano sotto l’ombrello del parkinsonismo – spesso debilitanti e generalmente incurabili – sono comuni negli anziani».

Lo studio – sostenuto dai National Institutes of Health – ha esaminato 2.841 persone (età media, 76 anni) che non avevano parkinsonismo all’inizio dello studio. Di questi, 936 persone, ovvero il 33%, stavano assumendo statine.

I ricercatori hanno effettuato visite di follow-up sui partecipanti una volta l’anno, per una media di sei anni, al fine di controllare dosi e tipo di statine che stavano assumendo e per valutare i segni di parkinsonismo.

Le persone erano considerate affette da parkinsonismo se soddisfacevano il requisito di una lieve compromissione di due o più dei seguenti sintomi: tremore, rigidità, andatura parkinsoniana (caratterizzata da andatura ‘strascicata’ – shuffling – che consiste in un trascinamento dei piedi durante la camminata con una breve lunghezza del passo e da una generale lentezza di movimento) e bradicinesia, un segno distintivo del parkinsonismo costituito dalla difficoltà a muovere rapidamente volontariamente il corpo.

Differenze significative tra chi assume o non usa gli ipolipemizzanti
Al termine dello studio, 1.432 persone (50%) hanno sviluppato segni di parkinsonismo. Su 936 soggetti che assumevano statine, 418 (45%) sei anni dopo hanno sviluppato parkinsonismo, rispetto a 1.014 su 1.905 (53%) di quanti non avevano assunto statine.

Dopo aver effettuato relativi a età, genere e rischi vascolari (come il fumo e il diabete) che avrebbero potuto influenzare il rischio di parkinsonismo, i ricercatori hanno scoperto che le persone che avevano assunto statine avevano un rischio inferiore – in media – del 16% di sviluppare parkinsonismo sei anni dopo rispetto a coloro che non avevano assunto statine.

Circa il 79% delle persone in terapia con statine assumeva statine di intensità moderata o alta. I ricercatori hanno anche rilevato come le persone che assumevano statine ad alta intensità avessero un rischio inferiore del 7% di sviluppare parkinsonismo rispetto a quelle con statine a bassa intensità.

I ricercatori hanno anche esaminato il cervello di 1.044 persone che sono decedute durante lo studio. Hanno scoperto che coloro che avevano usato le statine mostravano, in media, il 37% di probabilità in meno di avere aterosclerosi rispetto a quelli che non avevano usato le statine.

Possibile opzione terapeutica anche in soggetti non ipercolesterolemici
«Sono necessarie ulteriori ricerche, ma le statine potrebbero essere in futuro un’opzione terapeutica per aiutare a ridurre gli effetti del parkinsonismo nella popolazione generale degli anziani, non soltanto nelle persone con elevati livelli di colesterolo o che sono a rischio di ictus» sostengono Oveisgharan e colleghi.

«Quanto meno» aggiungono «il nostro studio suggerisce che le scansioni cerebrali o i test vascolari possono essere utili per gli anziani che mostrano segni di parkinsonismo ma che non hanno i classici segni della malattia di Parkinson o non rispondono ai farmaci per questa patologia».

Un limite dello studio risiede nel fatto che le valutazioni del parkinsonismo non sono state eseguite da specialisti del disturbo del movimento, quindi i casi di malattia di Parkinson potrebbero non essere stati classificati correttamente.

Bibliografia:
Oveisgharan S, Yu L, Barnes LL, Agrawal S, Schneider JA, Bennett DA, Buchman AS. Association of Statins With Cerebral Atherosclerosis and Incident Parkinsonism in Older Adults. Neurology. 2022;98:e1976-e1984. doi: 10.1212/WNL.0000000000200182. Link