Diabete: negli Usa approvata la cura con tirzepatide


Il primo agonista del recettore GLP-1/GIP tirzepatide ha ricevuto l’approvazione della Fda per il trattamento dei pazienti con diabete di tipo 2

Livelli di glicemia e insulina ridotti con 10 minuti di scale al giorno

Il primo agonista del recettore GLP-1/GIP tirzepatide ha ricevuto l’approvazione della Fda per il trattamento dei pazienti con diabete di tipo 2, in aggiunta alla dieta e all’esercizio fisico.

Tirzepatide, un agonista del peptide-1 simile al glucagone e del polipeptide insulinotropico glucosio-dipendente (GLP-1/GIP) è disponibile in tre dosaggi (5 mg, 10 mg e 15 mg), deve essere somministrato tramite iniezione sottocutanea una volta alla settimana ed è indicato in aggiunta alla dieta e all’esercizio fisico. Negli Usa verrà commercializzato con il brand Mounjaro.

In cinque studi clinici nel programma SURPASS, il farmaco da solo o come terapia aggiuntiva si è dimostrato superiore a insulina degludec o glargine a lunga durata d’azione, al GLP-1 agonista semaglutide e al placebo nel ridurre i livelli di emoglobina glicata (HbA1c).

«Considerate le sfide che molti pazienti affrontano nel raggiungere i loro obiettivi glicemici, l’approvazione di tirzepatide rappresenta un importante progresso nel trattamento del diabete di tipo 2» ha affermato in una dichiarazione Patrick Archdeacon, della Divisione di diabete, disturbi lipidici e obesità presso l’Fda’s Center for Drug Evaluation and Research.

Riduzione della glicemia e del peso corporeo
Rispetto al placebo, i pazienti randomizzati a ricever la dose massima raccomandata di tirzepatide (15 mg) hanno ottenuto una riduzione della HbA1c dell’1,6% assoluto con l’utilizzo in monoterapia e dell’1,5% in combinazione con un’insulina ad azione prolungata. La riduzione è risultata dell’1,0%, 0,9% e 0,5% in più in confronto rispettivamente a insulina glargine, insulina degludec o semaglutide.

La maggior parte dei partecipanti agli studi era obesa, con un indice di massa corporea (BMI) medio di 32-34 kg/m2 al momento dell’arruolamento, ma i pazienti randomizzati a ricevere il nuovo agente hanno perso peso in misura significativamente superiore rispetto a quelli assegnati ai gruppi placebo: una perdita di peso di 6,8 kg maggiore in monoterapia e di 10,4 kg maggiore in combinazione con insulina. Il calo ponderale alla dose massima è stato inoltre rispettivamente di 5,4 (0,5%), 13,1 (0,9%) e 12,2 kg (1%) superiore rispetto a semaglutide, insulina degludec e insulina glargine.

«Avere un altro nuovo faramco da aggiungere al nostro armamentario, il primo agonista della combinazione GLP-1/GIP, è davvero eccitante. Inoltre, il beneficio aggiuntivo della perdita di peso per i pazienti con diabete di tipo 2 è altrettanto entusiasmante» ha commentato Daniel Hsia, Professore Associato ed Endocrinologo presso la Clinical Trials Unit del Pennington Biomedical Research Center.

«Dai dati degli studi clinici il doppio antagonismo sembra funzionare in sinergia. Dal punto di vista cardiovascolare vogliamo assicurarci che questi agenti siano sicuri e questa valutazione è attualmente in corso. Speriamo anche di vedere ulteriori benefici, come quelli mostrati dagli SGLT2 inibitori e dai GLP-1 agonisti» ha aggiunto. «Anche gli effetti positivi sulla perdita di peso di tirzepatide sono promettenti, dato che molti dei nostri pazienti non hanno il solo diabete di tipo 2 ma presentano altre comorbidità»

Tra gli eventi avversi più frequenti osservati dalla Fda negli studi SURPASS vanno menzionati nausea, vomito, diarrea, diminuzione dell’appetito, stitichezza, disagio addominale superiore e dolore addominale. L’agenzia ha anche avvertito che negli studi sui ratti sono stati osservati tumori delle cellule C della tiroide, ma non è noto se questo possa essere un rischio per l’uomo. Indipendentemente da questo, ai pazienti con una storia di cancro midollare della tiroide (o una storia familiare) e quelli con sindrome da neoplasia endocrina multipla di tipo 2 non deve essere prescritto il farmaco.

Tirzepatide non è indicata per i pazienti con diabete di tipo 1, ha sottolineato l’agenzia, e non è stata studiata nei soggetti con una storia di pancreatite.