Studio Bhave indaga il Patient Support Program


L’11% dei pazienti con patologie croniche o oncologiche è iscritto ad un Patient Support Program (PSP) ma meno del 4% li utilizza con regolarità

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Circa l’11% dei pazienti con patologie croniche o oncologiche è iscritto ad un Patient Support Program (PSP) ma meno del 4% dei pazienti utilizza con regolarità questi strumenti. È quanto emerge da una indagine condotta dall’Osservatorio Scenario Salute BHAVE attraverso la raccolta semestrale di interviste qualitative con 50 policymaker e stakeholder nazionali, 500 interviste CAWI con medici e 1.000 interviste con cittadini. (dati riferiti a dicembre 2021).

Il Codice Deontologico Farmindustria del 18 gennaio 2019 definisce il PSP come “un programma di assistenza sanitaria realizzato a beneficio del paziente in trattamento con un farmaco già autorizzato all’immissione in commercio da parte dell’azienda/e farmaceutica/e (es.: servizi telefonici e domiciliari di supporto alla terapia, servizi di monitoring della terapia anche attraverso attività diagnostiche, ecc.)”.

I Patient Support Program: i servizi di supporto al paziente 
Nell’ambito della digitalizzazione dei servizi di supporto al paziente, negli ultimi anni i PSP hanno acquisito sempre più rilevanza.
Un PSP è valido quando è in grado di fornire al paziente vicinanza, cura e assistenza, con la possibilità di risolvere alcuni possibili dubbi del paziente o segnalando la necessità di far riferimento al medico. La maggior parte dei PSP si propongono uno o più dei seguenti obiettivi:

  • sostenere i pazienti e aiutarli nell’assunzione corretta dei farmaci (conformità/aderenza);
  • aiutare i pazienti a comprendere le loro condizioni e fornire consigli sulla gestione della malattia (ad es. stile di vita, esercizio fisico o dieta);
  • fornire un servizio di assistenza finanziaria o di supporto nel rimborso per i pazienti (noti come Patient decision aids).

Nella pratica i PSP sono strumenti che si possono dimostrare utili ai pazienti nella gestione delle malattie, mentre raccolgono informazioni sui singoli pazienti utile a medici e operatori sanitari nella gestione del singolo ma anche a scopo statistico. Il supporto può essere telefonico, ad esempio attraverso un testo SMS per ricordare ai pazienti l’assunzione delle medicine, o digitale, ad esempio attraverso l’utilizzo di App che possono, per esempio, fornire promemoria riguardo la terapia o incoraggiare l’automonitoraggio, per esempio di glicemia e pressione arteriosa.

Se, per determinare il loro successo, i PSP devono interfacciarsi sia con medici sia con i pazienti, nella pratica non tutti i PSP rispettano questa caratteristica; un PSP che non coinvolge anche il medico non centrerà gli obiettivi di utilità, indipendentemente da quanto esso sia digitalizzato e automatizzato.

In Italia, sono numerosi i Patient Support Program attualmente disponibili (ad esempio D-line, LemGo, victozacare, PSOlife,GIADA, MyPKFit, OptimA, SiCura, Openingsprogram, HERHOME, programma dedicare, KogenAID, AbbVie Care, ENIXE), e le aziende che hanno sviluppato servizi di questo tipo (DOMEDICA, VIDIEMME, ITALIASSISTENZA, EGG, IQVIA , HNP, DEDICARE); moltissime aziende farmaceutiche hanno infatti deciso di promuoverli nell’ambito di un programma di supporto al paziente in terapia con uno dei loro farmaci, con l’obiettivo di migliorare i risultati clinici connessi alla terapia stessa. I PSP più diffusi sono dedicati ai pazienti con patologie croniche o oncologici, che necessitano di un supporto psicologico oltre che di un attento monitoraggio durante la terapia.

Statisticamente parlando, sono però ancora pochi i pazienti e i medici che li conoscono e utilizzano ; stime ottenute dall’Osservatorio Scenario Salute* di BHAVE, indicano che in Italia, circa l’11% dei pazienti con patologie croniche o oncologiche è iscritto a un PSP ma meno del 4% dei pazienti utilizza con regolarità questi strumenti.

Di contro, con diverse sfaccettature, mediamente i medici iscritti a un PSP sono circa il 26%, con una variabilità molto ampia a seconda della tipologia di specializzazione; si passa dal 2% dei MMG al 59% dei dermatologi per la gestione della psoriasi o del 52% dei neurologi per la gestione della sclerosi multipla.

Interessante è anche la quota di medici che erano iscritti a PSP ma che ora non lo sono più, pari al 22%; le motivazioni di abbandono del medico al PSP sono molto simili a quelle del paziente e riguardano sostanzialmente l’impegno di tempo da dedicare a questa attività e la gestione troppo complessa del PSP.

I PSP a supporto dell’aderenza
Se normalmente un paziente viene definito aderente quando assume almeno l’80% della terapia prescritta, le possibili cause di mancata aderenza nei pazienti risultano essere strettamente correlate sia al tipo di patologia sia ad altri fattori, come l’essere una malattia asintomatica. In particolare, questo fenomeno è influenzato principalmente da:

  • Cronicità della patologia: un trattamento cronico, soprattutto se con un regime terapeutico complicato o time-consuming, diminuisce l’aderenza per la difficoltà oggettiva riscontrata dal paziente; la terapia viene inoltre spesso sospesa autonomamente in presenza di effetti indesiderati anche non gravi o per scoraggiamento dopo il fallimento di diversi regimi terapeutici.
  • Asintomaticità: una malattia asintomatica non fa percepire al paziente il rischio reale della sua condizione e non consente neanche di far comprendere l’importanza dell’aderenza alla terapia.
  • Comorbilità: la presenza di più patologie può complicare il regime terapeutico che il paziente deve seguire nel complesso; è noto che quante più medicine il paziente deve assumere, tanto maggiore è il rischio di dimenticanza; le comorbilità aumentano anche il rischio di interazioni tra farmaci, con possibili effetti indesiderati che possono portare all’interruzione della terapia da parte del paziente senza condivisione con il medico.
  • Caratteristiche del paziente: disabilità, deficit cognitivi di vario tipo, anzianità. I pazienti anziani sono quelli che statisticamente aderiscono in minor misura, soprattutto in assenza di un caregiver.

Dal punto di vista del paziente, aspetti rilevanti nella mancata aderenza alla terapia sono la paura degli effetti indesiderati, la preoccupazione connessa alla tossicità per una terapia cronica e la presenza di un regime terapeutico che non si adatta al proprio stile di vita. Dal punto di vista dei medici, queste difficoltà riportate dai pazienti sono spesso connesse a un livello di alfabetizzazione sanitaria insufficiente, che non permette loro di avere piena consapevolezza dei danni causati dalla malattia e dei reali rischi connessi agli effetti indesiderati; questo li spinge spesso a lasciarsi condizionare dalle opinioni di amici e familiari.

A tal proposito, per incentivare l’aderenza dei propri pazienti alle terapie consigliate, il medico deve parlare in modo propositivo spiegando quali possono essere le reali conseguenze di una assunzione non corretta del farmaco, quali sono i reali rischi del non seguire minuziosamente il percorso clinico, quali sono i benefici dei farmaci prescritti; è fondamentale inoltre che si instauri un rapporto di fiducia con il paziente affinché questi si senta seguito e compreso nelle sue esigenze di sciogliere ogni dubbio in merito alle terapie.

Solo dopo l’instaurarsi della fiducia tra medico e paziente e dopo la comprensione da parte del paziente dell’importanza della terapia, i PSP possono dimostrarsi utili, in quanto sono in grado di mantenere alto un livello di aderenza nel tempo, livello che altrimenti andrebbe a calare.

I risultati dell’Osservatorio Scenario Salute BHAVE indicano che il successo di un PSP dipende dalla capacità di personalizzare il servizio in base all’esigenza individuale di ogni paziente e alle sue caratteristiche, ma soprattutto che ogni strumento risulterà inefficace finché il medico non riuscirà a responsabilizzare il paziente sulla propria salute e il paziente non riconoscerà l’importanza della terapia. I PSP di nuova generazione, al fine di minimizzare la mancata aderenza hanno incorporati al loro interno NUDGE (stratagemmi comportamentali basati sulla psicologia della salute e sul pensiero critico) attraverso il coinvolgimento di un infermiere o un operatore sanitario, per aiutare il paziente a modificare i propri comportamenti.

Ad oggi, si stima che circa il 30-60% dei pazienti non aderisce al proprio regime di trattamento, con punte ancora maggiori nel caso della terapia dell’asma e delle dislipidemie. Per tale ragione i PSP, spesso sponsorizzati dalle aziende farmaceutiche, sono diventati sempre più popolari nelle aree di terapia per le malattie croniche, presentati come un modo alternativo per migliorare i risultati dei pazienti sul piano della salute e del mantenimento della terapia.

Bibliografia

  1. G. Viganò e R. Zanuso. Synergia Magazine, La soddisfazione degli utenti nei servizi sanitari: spunti di riflessione. Link
  2. IQVIA claims data (Q3), 2020. Link
  3. Eyeforpharma, Patient-centred culture whitepaper. Link
  4. “Digital Therapeutics” – Intervista a Giuseppe Recchia. Link
  5. Medipragma, “Patient support programme” (whitepaper)
  6. “PATIENT ECOSYSTEMS: UNDERSTANDING THE PHYSICAL, EMOTIONAL AND SOCIAL IMPACT OF HEALTH CONDITIONS”, Kantar Health, 2017;
  7. Workshop on Patient Support and Market Research Programs;
  8. Patient assessment of treatment satisfaction: methods and practical issues, D. A. Revicki;
  9. “Who and what are electronic patient records for? An ethnomethdological ethnography of system deployment in the NHS”, David Martin (whitepaper);
  10. How Covid-19 will impact Patient Support, Corey Ford (MHA)