Osteoporosi: denosumab aumenta la robustezza ossea


Osteoporosi: uno studio su denosumab ha documentato il mantenimento fino a 2 anni di migliori condizioni di robustezza ossea in pazienti adulti

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Uno studio recentemente pubblicato su JBMR ha documentato il mantenimento fino a 2 anni di migliori condizioni di robustezza e microarchitettura ossea in pazienti adulti utilizzatori di glucocorticoidi (GC) trattati con denosumab rispetto a quelli trattati con risedronato.

I risultati di questo studio suggeriscono che denosumab potrebbe rappresentare un’opzione terapeutica utile nei pazienti che iniziano una terapia con GC o in trattamento a lungo termine con questi ultimi, influenzando le decisioni di trattamento in questa popolazione di pazienti.

Razionale e disegno dello studio
I pazienti che ricorrono ai GC sono notoriamente a maggior rischio di andare incontro a fratture vertebrali e non vertebrali sia all’inizio del trattamento o in caso di trattamento prolungato, ricordano i ricercatori nell’introduzione allo studio.

I dati di imaging raccolti mediante tomografia computerizzata quantitativa periferica a risoluzione elevata (HR-pQCT) consentono la valutazione della microarchitettura e della robustezza ossea. Fino ad ora, però, mancavano dati specifici che mettessero a confronto l’impatto del trattamento farmacologico per l’osteoporosi nei pazienti utilizzatori di GC.

Nel nuovo studio pubblicato, i ricercatori hanno identificato un sottogruppo di 56 pazienti randomizzati a denosumab e di 54 pazienti randomizzati a risedronato da una popolazione di 590 pazienti reclutati in un trial clinico randomizzato che aveva messo a confronto l’efficacia di denosumab vs. risedronato in termini di densità minerale ossea (BMD).

I risultati del trial originario – presentati nel corso del congresso EULAR del 2018, avevano dimostrato incrementi di entità maggiore della robustezza ossea grazie al trattamento con denosumab rispetto al farmaco di confronto nei pazienti sottoposti a trattamento con GC.

Nella nuova analisi pubblicata, i ricercatori hanno passato in rassegna le scansioni ottenute mediante HR-pQCT del radio distale e della tibia al basale e dopo 12 e 24 mesi.
La robustezza e la microarchitettura ossea erano definite in termini di carico di rottura (FL= si definisce tale il carico massimo che l’osso, in questo caso, può sopportare senza rompersi) come outcome primario.

Il protocollo dello studio prevedeva, inoltre, la suddivisione dei pazienti in due sottopopolazioni:
– Pazienti iniziatori di trattamento con GC (GC-I)
– Pazienti sottoposti a trattamento continuato con GC (GC-C)

Risultati principali
Considerando i pazienti GC-I, è stato osservato, nel gruppo denosumab, che la FL aumentava in modo significativo dal basale ad un anno a livello del radio e della tibia (1,8% e 1,7%, rispettivamente), mentre non variava in modo significativo nel gruppo risedronato – il che si traduceva in una differenza significativa di trattamento tra i due farmaci in studio del 3,3% per il radio e del 2,5% per la tibia.

A 2 anni, la misura di FL del radio era rimasta immutata dal basale nei pazienti trattati con denosumab, mentre si era ridotta in modo statisticamente significativo nei pazienti trattati con risedronato, con una differenza pari a -4,1% – il che si traduceva in una differenza significativa tra i 2 trattamenti a livello del radio pari al 5,6% (p<0,001).

Le variazioni a livelli della tibia, invece, non sono risultate significativamente differenti tra i due gruppi di trattamento in studio.

Considerando, invece, i pazienti GC-C, è stato osservato che la FL dal basale ad un anno rimaneva immutata per entrambi i gruppi di trattamento in studio (denosumab e risedronato).
La FL, tuttavia, aumentava in modo significativo con denosumab (4,3%), mentre rimaneva immutata nel gruppo risedronato.

I ricercatori hanno anche osservato l’esistenza di differenze significative tra denosumab e risedronato in termini di variazioni percentuali della BMD corticale ossea, a fronte di variazioni e differenze meno prominenti di BMD trabecolare.

Limiti e implicazioni dello studio
Nel commentare i risultati, i ricercatori hanno ammesso, tra i limiti metodologici intrinseci del loro lavoro, l’impiego della HR-pQCT, che limita la misurazione della microarchitettura trabecolare; l’impiego dei soli parametri standard per la HR-pQCT, la qual cosa non permette di fare approfondimenti sulle variazioni a livello dell’endostio; l’impossibilità di poter effettuare aggiustamenti in ragione della molteplicità dei dati.

Ciò detto, i risultati suffragano la superiorità di denosumab rispetto a risedronato nel prevenire la FL e la perdita di BMD a livello del radio e della tibia nei neo-utilizzatori di GC, e di aumentare la FL e la BMD totale a livello del radio negli utilizzatori di GC a lungo termine.

“I risultati di questo studio – spiegano nelle conclusioni del lavoro – possono contribuire alla decisioni di trattamento per la prevenzione delle frattura sia nei pazienti GC-I che GC-C. In presenza dei soli dati limitati sulle fratture provenienti dai trial clinici sull’osteoporosi indotta da GC (GIOP), la riduzione delle fratture con i trattamenti validi per questa condizione si basa prevalentemente su una estrapolazione delle riduzioni del rischio di frattura determinate nei trial clinici sul trattamento dell’OP in generale. Nei trial clinici sulle donne in post-menopausa, le variazioni di aBMD a carico della colonna lombare, del collo femorale e dell’anca in toto sono considerate in utile endpoint surrogato di frattura. Tuttavia, la relazione tra aBMD e il rischio di frattura è differente nella GIOP rispetto all’OP in post-menopausa, con un rischio più elevato di frattura negli utilizzatori di GC rispetto ai non utilizzatori con la stessa aBMD”.

“I parametri legati alla HR-pQCT e la FL – aggiungono i ricercatori – migliorano la predizione di frattura oltre la aBMD del collo femorale. Nei pazienti GC-I, con T-score solo moderatamente ridotti, lo scopo della prevenzione delle fratture e allora quello di preservare la FL mentre nei pazienti GC-C, con T-score considerevolmente più bassi, indicativi di un osso già compromesso dal punto di vista meccanico, lo scopo è quello di aumentare la FL”.

“La valutazione mediante HR-pQCT, pertanto – concludono – potrebbe dare un quadro migliore sulla robustezza ossea nei trial clinici non statisticamente dimensionati per valutare la prevenzione delle fratture, soprattutto quando possono essere incluse popolazioni limitate di pazienti, come quelli GC-I e quelli GC-C”

Bibliografia
Geusens P et al. Effect of denosumab compared to risedronate on bone strength in patients initiating or continuing glucocorticoid treatment. J Bone Miner Res. 2022 Mar 26. doi: 10.1002/jbmr.4551. Epub ahead of print.
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