Farmaci anticonvulsivi sicuri per l’allattamento al seno


L’uso di farmaci anticonvulsivanti durante l’allattamento al seno non è associato a differenze negli esiti cognitivi del bambino

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L’uso di farmaci anticonvulsivanti durante l’allattamento al seno non è associato a differenze negli esiti cognitivi del bambino all’età di 3 anni, secondo i nuovi risultati dello studio  MONEAD (Maternal Outcomes and Neurodevelopmental Effects of Antiepileptic Drugs), presentati a Seattle nel corso del meeting annuale dell’American Academy of Neurology (AAN) 2022.

Lo studio conferma i risultati dello studio NEAD (Neurodevelopmental Effects of Antiepileptic Drugs), che non ha trovato prove di danno cognitivo nei bambini che sono stati esposti in utero a farmaci antiepilettici.

«Nello studio NEAD abbiamo seguito la nostra coorte fino all’età di 6 anni e abbiamo scoperto che avevano effettivamente un miglioramento della cognizione di circa 4 punti QI quando sono arrivati all’età di 6 anni» ha detto Kimford J. Meador, professore di Neurologia presso la Stanford University in California durante la sua presentazione.

L’allattamento al seno ha benefici per la salute sia per le madri che per i bambini, tra i quali un ridotto rischio di infezioni del tratto respiratorio, dermatite atopica, asma e diabete nei bambini e un minore rischio di diabete, cancro al seno, cancro ovarico e depressione post partum nelle madri. Nonostante questi benefici, le preoccupazioni per i danni derivanti dall’esposizione a farmaci antiepilettici possono indurre alcune donne a evitare l’allattamento al seno.

I risultati di NEAD e MONEAD dovrebbero rassicurare i pazienti, secondo Meador. «Le donne con epilessia dovrebbero essere incoraggiate ad allattare al seno, dati i noti molteplici benefici che ne derivano» ha ribadito.

Persistenza di atteggiamenti non giustificati
Meador ha fatto esplicito riferimento allo stigma che circonda l’epilessia, ricordando alcune leggi statali (negli USA, NdR) che hanno richiesto la sterilizzazione delle donne con epilessia che è durata fino al 1960.

Si potrebbe pensare che tali atteggiamenti siano spariti, «ma sono tuttora presenti» ha affermato Meador, che ha testimoniato la veridicità della sua affermazione riportando un avvenimento che gli aveva riferito un collega riguardante appunto una donna che assumeva farmaci antiepilettici.

In ospedale, l’infermiera le aveva detto di non allattare al seno e lo stesso concetto è stato ribadito nel corso di un consulto neurologico. La donna ha comunque allattato al seno. «In seguito, l’hanno denunciata per abbandono infantile: e questo è accaduto solo pochi anni fa» ricorda Meador.

«Pertanto, ritengo che debba essere rivolto un messaggio forte e chiaro alle donne con epilessia per incoraggiarle ad allattare al seno perché i benefici sono noti, e ora diversi studi mostrano chiaramente che non vi è nessun effetto avverso derivante dall’allattamento al seno durante l’assunzione di farmaci antiepilettici» ha ribadito Meador.

I risultati dello studio MONEAD
Lo studio MONEAD ha incluso donne provenienti da 20 centri diversi, con 145 ricercatori partecipanti. Questi ultimi hanno confrontato i risultati di 284 donne con epilessia con quelli di 87 donne sane. Il QI medio materno era 98 tra le donne con epilessia ( intervallo di confidenza al 95% [CI], 96-99) e 105 (IC 95%, 102-107) tra le donne sane. Il 76% per cento delle donne con epilessia allattava al seno, contro l’89% dei controlli.

Nella coorte di studio, il 79% delle donne con epilessia era in monoterapia e il 21% era in politerapia. Il 35% ha ricevuto lamotrigina, il 28% levetiracetam, il 16% era trattata con un’altra monoterapia, il 10% ha ricevuto una combinazione di lamotrigina e levetiracetam e all’11% è stata prescritta una diversa combinazione.

All’età di 3 anni, non c’era alcuna associazione tra il punteggio dell’indice verbale del bambino, da un lato, e, dall’altro, se la madre avesse o meno crisi convulsive (differenza, 0,4; P = 0,770).

I ricercatori hanno trovato associazioni tra il QI della madre (0,3; P < 0,001) e il genere maschile dell’infante rispetto a quello femminile (-4,9; P < 0,001), l’etnia ispanica o latina (vs. non ispanica, -5,5; P < 0,001), la mancanza di diploma universitario nella genitrice (–7,0; P < 0,001), il punteggio medio Beck Anxiety Inventory dopo la nascita (-0,4; P < .001) e le settimane di età gestazionale al momento dell’arruolamento.

Il team guidato da Meador non ha riscontrato alcuna associazione tra i livelli ematici di farmaci anticonvulsivanti al terzo trimestre e il punteggio dell’indice verbale dopo aggiustamento (-2,9; P = 0,149), fatta eccezione per levetiracetam (–9,0; P = 0,033). Questo è un dato interessante ma da non sopravvalutare, perché nel complesso i bambini con madri trattate con levetiracetam non hanno avuto problemi, ha commentato Meador.

Va ricordato peraltro che i teratogeni agiscono in modo dipendente dall’esposizione; quindi, ci si trova costantemente in un atto di bilanciamento volto a cercare di assicurarsi una sufficiente concentrazione di farmaci per fermare le convulsioni e proteggere la madre e il bambino, e allo stesso tempo, non un dosaggio troppo alto dove per evitare il rischio di teratogenicità nel bambino, ha puntualizzato lo stesso Meador.

Richiamo alla responsabilità di informare correttamente le pazienti
La necessità per i neurologi di affrontare la gravidanza con pazienti di sesso femminile di agenti in età fertile è stata sottolineata da Jennifer Hopp, professore associato di Neurologia presso l’Università del Maryland a Baltimora, la quale ha svolto il ruolo di discussant per la presentazione.

«I problemi possono includere la fertilità, la gestione del peripartum e i risultati che attraversano davvero la durata della vita per includere anche i problemi della menopausa» ha aggiunto Hopp.

La stessa Hopp ha citato uno studio che mostra tassi più bassi di allattamento al seno tra le madri con epilessia. «I tassi di allattamento al seno nelle donne con epilessia sono sorprendentemente più bassi rispetto alle donne che non hanno l’epilessia» ha evidenziato. Un altro studio ha dimostrato che le donne con epilessia avevano meno probabilità di sostenere l’allattamento al seno dopo 6 settimane.

Hopp ha rivolto un accorato invito rivolto ai neurologi ad affrontare questo problema. «È nostra responsabilità coinvolgere ed educare le pazienti. Questi dati forniscono prove che i farmaci più recenti non influenzano negativamente l’esito, indipendentemente da altre esposizioni a farmaci, e supportano davvero scelte ben informate riguardo l’allattamento al seno» ha concluso.

Fonte:
Annual meeting of the American Academy of Neurology (AAN) 2022.