Amianto: ancora vittime a 30 anni dalla messa al bando


A 30 anni dalla messa al bando, la questione amianto al centro di un convegno al Cnel promosso da Cgil, Cisl e Uil

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Con la legge 257 del 1992, l’Italia è stata uno dei primi Paesi al mondo a mettere al bando qualsiasi utilizzo dell’amianto, dall’estrazione alla commercializzazione. Trent’anni dopo, però, questo materiale altamente nocivo rimane un grande problema di sanità pubblica, che continua a mietere migliaia di vittime. Cgil, Cisl e Uil hanno promosso a Roma, presso il Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro, un convegno nazionale che ha messo a confronto su questo tema sindacati e istituzioni. Alla tavola rotonda conclusiva, che ha coinvolto, tra gli altri, i ministri del Lavoro e della Salute, Andrea Orlando e Roberto Speranza, e i segretari generali di Cgil, Cisl e Uil, Maurizio Landini, Luigi Sbarra e Pierpaolo Bombardieri, è intervenuto anche il presidente dell’Inail, Franco Bettoni.

Bettoni: “L’Inail è pronto a fare la sua parte”. “Il tema dell’amianto – ha sottolineato Bettoni – purtroppo rappresenta ancora oggi una problematica che coinvolge a vario titolo tutte le istituzioni. L’Inail come sempre è pronto a fare la sua parte, contribuendo con il proprio patrimonio informativo e le professionalità specialistiche per migliorare e razionalizzare le tutele già esistenti”. Nel quinquennio 2016-2020 in media sono stati circa 1.600 l’anno i lavoratori a cui l’Istituto ha riconosciuto una malattia asbesto-correlata. Concentrando l’attenzione sul triennio più consolidato 2016-2018, il numero dei malati sale a 1.700 l’anno, con una media di 735 casi mortali (777 per l’anno di protocollazione 2016, più consolidato).

Dalle bonifiche alla ricerca un impegno a 360 gradi. L’impegno dell’Istituto in tema di amianto non si esaurisce nella funzione assicurativa, ma si concretizza anche attraverso altri filoni di intervento, dal finanziamento dei progetti di bonifica attraverso un asse di finanziamento specifico inserito nel bando Isi, con cui l’Inail dal 2010 mette a disposizione delle imprese incentivi a fondo perduto per il miglioramento dei livelli di salute e sicurezza, alle attività di supporto tecnico-scientifico previste dal Piano della ricerca, che comprendono la formazione di personale qualificato, la valutazione dei rischi nei siti da bonificare di interesse nazionale e l’elaborazione di corrette procedure a tutela dei soggetti esposti.

Nel VII Rapporto del ReNaM i dati di oltre 30mila casi di mesotelioma maligno. L’Istituto, inoltre, svolge una funzione di coordinamento, indirizzo e collegamento della rete di sorveglianza epidemiologica del mesotelioma maligno in Italia attraverso il Registro nazionale dei mesoteliomi (ReNaM), un network ad articolazione regionale che raccoglie i casi accertati di questo tumore associato all’esposizione all’amianto, al fine di stimarne l’incidenza, definire le modalità di esposizione, l’impatto e la diffusione nella popolazione, e identificare le sorgenti di contaminazione ancora ignote. Il VII Rapporto del ReNaM, pubblicato nel mese di febbraio, riporta le informazioni relative a oltre 30mila casi di mesotelioma maligno diagnosticati nel periodo 1993-2018, analizzando i cluster territoriali e i dati relativi alle attività economiche e alle mansioni maggiormente coinvolte nell’esposizione, rilevati dalle interviste ai soggetti ammalati.

“Per politiche di prevenzione adeguate servono dati completi e affidabili”. “Nonostante alcune criticità operative – ha precisato a questo proposito Bettoni – grazie all’impegno e al sostegno dell’Inail è stato possibile completare la rete nazionale dei Centri operativi regionali, che ha consentito di alimentare questo importante sistema di sorveglianza epidemiologica sulle malattie da amianto. Si tratta di un modello di grande rilievo per la capillarità della rilevazione, la quantità e qualità dei risultati scientifici finora prodotti. Per delineare politiche di prevenzione adeguate, sviluppare misure specifiche di contenimento dei rischi e produrre informazione corretta ed esaustiva, infatti, è indispensabile disporre di dati completi e affidabili sulla diffusione delle patologie e sulle relative cause”.