Tumore al seno HER2+ e risposta patologica completa: un nuovo studio


Tumore al seno HER2+: il raggiungimento di una risposta patologica completa (pCR) conferma il suo ruolo come solido fattore predittivo degli outcome nei pazienti

Tumore al seno HER2+: il raggiungimento di una risposta patologica completa (pCR) conferma il suo ruolo come solido fattore predittivo degli outcome nei pazienti

Il raggiungimento di una risposta patologica completa (pCR), cioè una scomparsa completa del tumore dopo la terapia neoadiuvante, conferma il suo ruolo come solido fattore predittivo degli outcome nei pazienti con carcinoma mammario HER2-positivo, in particolare quelli negativi per i recettori ormonali (HR). Si tratta di una conferma importante, che deriva da una metanalisi di ricercatori dell’Università di Padova, pubblicata di recente su ESMO Open.

Minor rischio di recidiva e morte se si raggiunge la pCR
Rispetto ai pazienti che avevano una malattia residua dopo la terapia neoadiuvante, quelli che hanno ottenuto una pCR hanno mostrato una sopravvivenza libera da recidiva (RFS) migliore (HR 0,45; IC al 95% 0,34-0,60), nonché una sopravvivenza globale (OS) migliore (HR, 0,32; 95%; IC al 95% 0,22-0,48) con tutti i trattamenti di combinazione considerati nell’analisi.

Nella popolazione di pazienti con tumori HR-negativi, il raggiungimento della pCR è risultato associato a una riduzione del rischio di recidiva o decesso del 65% e di decesso del 73%. Anche la popolazione HR-positiva ha ottenuto un miglioramento della RFS in caso di raggiungimento di una pCR, ma il beneficio è risultato meno pronunciato rispetto alla popolazione HR-negativa.

«Come previsto, nella presente metanalisi, abbiamo confermato che la pCR è fortemente associata alla prognosi…. Questa scoperta rafforza le già solide prove a sostegno del ruolo della pCR come biomarcatore prognostico per il singolo paziente con tumore al seno HER2-positivo sottoposto alla chemioterapia combinata con agenti mirati anti-HER2 nel setting neoadiuvante. In particolare, sebbene sia stato riscontrato che vi è un’associazione positiva fra pCR e outcome a lungo termine sia nei pazienti HR-positivi sia in quelli HR-negativi, la forza dell’associazione è risultata maggiore in quest’ultimo sottogruppo», scrivono gli autori, coordinati da Valentina Guarneri, Ordinario di Oncologia Medica presso l’Università degli Studi di Padova e Direttore dell’UOC di Oncologia 2 presso l’Istituto Oncologico Veneto (IOV) IRCCS di Padova.

Superare i limiti degli studi precedenti
Nell’introduzione del lavoro, Guarneri e colleghi spiegano che il raggiungimento di una pCR dopo la terapia neoadiuvante rappresenta un solido endpoint surrogato del miglioramento della sopravvivenza a lungo termine a livello del singolo paziente.

Tuttavia, aggiungono i ricercatori, mancava ancora il riconoscimento formale a livello di trial di un’associazione fra pCR ed efficacia del trattamento, fatto che portava a mettere in discussione il ruolo della pCR come endpoint surrogato ai fini regolatori.

Per superare questo limite, oltre a quello delle dimensioni limitate del campione nei singoli studi in cui si era valutato questo aspetto, il team dell’Università di Padova ha effettuato la metanalisi ora pubblicata su ESMO Open.

La metanalisi
Per il loro studio, Guarneri e i colleghi hanno effettuato una revisione sistemica utilizzando i dati di studi randomizzati di fase 2 e 3 nei quali si è utilizzata la chemioterapia neoadiuvante in combinazione con trastuzumab o lapatinib o la combinazione dei due agenti anti-HER2 (Herceptin) in pazienti con carcinoma mammario in stadio iniziale, HER2-positivo. Una ricerca nel database ha restituito 1794 record, di cui 54 sono stati valutati e quattro (gli studi CALGB 40601, Cher-LOB, NSABP-B41, NeoALTTO) sono stati inclusi nella sintesi quantitativa.

Complessivamente sono stati valutati come parte dell’ analisi di sopravvivenza 1410 pazienti.

Gli endpoint di sopravvivenza erano rappresentati dalla RFS e dall’OS.

Gli autori hanno calcolato gli hazard ratio (HR) per l’effetto del trattamento con il doppio blocco di HER2 (trastuzumab più lapatinib) rispetto al solo trastuzumab, in aggiunta alla chemio neoadiuvante, e l’effetto del raggiungimento di una pCR rispetto al mancato raggiungimento di questo obiettivo sia nella popolazione complessiva sia in funzione della positività o meno per i recettori ormonali.

Beneficio di sopravvivenza con il doppio blocco di HER2
Oltre ai risultati sopra descritti, Guarneri e i colleghi hanno evidenziato che anche il doppio blocco di HER2 con trastuzumab più lapatinib, in aggiunta alla chemio neoadiuvante, ha migliorato significativamente l’RFS (HR 0,62; IC al 95% 0,46-0,85) rispetto al solo trastuzumab.

Inoltre, il doppio blocco con lapatinib più trastuzumab si è dimostrato efficace nel migliorare l’OS rispetto all’anti-HER2 come agente singolo (HR 0,65; IC 95%, 0,43-0,98), in aggiunta alla chemio neoadiuvante.

«Al di là del ruolo consolidato di lapatinib nella gestione del tumore al seno HER2-positivo in stadio avanzato, la presente metanalisi ha mostrato un significativo beneficio di sopravvivenza di un approccio intensificato che prevede il doppio blocco di HER2 con lapatinib e trastuzumab nel setting neoadiuvante per i pazienti con tumore della mammella HER2-positivo ad alto rischio. Inoltre, vista la maturità del follow-up degli studi inclusi, i nostri risultati forniscono le basi per riconsiderare il ruolo di lapatinib nel setting del trattamento iniziale», commentano i ricercatori italiani.

pCR fattore prognostico più forte nei pazienti HR-negativi
Gli autori hanno identificato un’associazione positiva anche fra pCR e RFS (HR 0,35; IC al 95% 0,23-0,53), nonché fra pCR e OS (HR, 0,27; IC 95%, 0,15-0,47) nel sottogruppo di pazienti con tumore HR-negativo.

L’associazione positiva fra pCR e RFS è stata osservata ed è risultata significativa anche nel sottogruppo HR-positivo (HR 0,60; IC al 95% 0,37-0,97), mentre in questa popolazione l’associazione fra pCR e OS ha mostrato una significatività borderline (HR 0,52; IC 95% 0,23- 1.15), ragion per cui in questo caso la pCR si è dimostrata un fattore predittivo meno forte di sopravvivenza a lungo termine.

«Sebbene sia stato riscontrato che vi è un’associazione positiva fra pCR e outcome a lungo termine sia nei pazienti positivi sia in quelli negativi per i recettori ormonali, la forza dell’associazione è risultata maggiore in quest’ultimo sottogruppo. Questi dati confermano le osservazioni della metanalisi CtNeoBC, condotta su un’ampia popolazione di pazienti con tumore della mammella HER2-positivo, trattati in modo omogeneo con una chemioterapia a base di taxani (+/− antracicline) associata al blocco di HER2» scrivono Guarneri e i colleghi.

Inoltre, osservano infine i ricercatori padovani, è stato dimostrato in modo coerente nei diversi studi nel setting neoadiuvante che il miglioramento della pCR riportato in questi studi si traduce in ultima analisi in un beneficoo significativo di sopravvivenza e ciò acquisisce ulteriore rilevanza considerando lo scenario attuale, nel quale l’impiego dell’anti-HER2 pertuzumb come trattamento neoadiuvante non è ancora rimborsato in tutti i Paesi.

Bibliografia
V. Guarneri, et al. Survival after neoadjuvant therapy with trastuzumab–lapatinib and chemotherapy in patients with HER2-positive early breast cancer: A meta-analysis of randomized trials. ESMO Open. 2022;7(2):100433. doi:10.1016/j.esmoop.2022.100433. Link