Lupus: iberdomide orale si dimostra efficace


Passi avanti per il primo trattamento orale per il lupus. Il farmaco in corso di sviluppo clinico di cui si parla è l’iberdomide

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I risultati di un trial di fase 2 pubblicato recentemente su NEJM fanno ben sperare, se confermati nella successiva fase 3, nella possibilità di disporre, nel prossimo futuro, di un primo trattamento orale per il lupus.

Il farmaco in corso di sviluppo clinico di cui si parla è iberdomide e lo studio appena pubblicato, un trial clinico randomizzato e controllato vs. placebo, ha documentato il raggiungimento della risposta SRI-4 in una proporzione più ampia di pazienti trattati al dosaggio maggiore di questo immunomodulatore rispetto a quanto osservato nel gruppo placebo e rispetto ai dosaggi più bassi di iberdomide.

I presupposti dello studio
La regolazione dei molteplici pathway dell’immunità innata e adattativa subisce profonde alterazioni in presenza di lupus. I fattori di trascrizione Ikaros e Aiolos influenzano lo sviluppo e l’omeostasi delle cellule del sistema immunitario e sono implicate nella predisposizione genetica al lupus.

Nello specifico, Ikaros induce lo sviluppo delle cellule B e delle cellule dendritiche plasmacitoidi, che sono le principali produttrici di interferone di tipo 1. Aiolos, invece, funge da supporto alla differenziazione delle cellule B. Gli RNAm per i geni che codificano Ikaros (IKZF1) e Aiolos (IKZF3) sono sovraespressi nei pazienti con lupus.

Iberdomide è un modulatore ad elevata attività di cereblon, un componente che si lega al complesso proteico cullin-RING E3 ubiquitina ligasi 4, promuovendo l’ubiquitinazione (Ndr: modificazione post-traduzionale di una proteina dovuta al legame covalente di uno o più monomeri di ubiquitina. Tale legame porta, solitamente, alla degradazione della proteina stessa)  e la degradazione proteasomale di Ikaros e Aiolos (Ndr: il proteasoma è un complesso di proteasi ATP-dipendenti che degradano all’interno della cellula le proteine aberranti, attraverso reazioni di proteolisi. Le proteine da degradare sono contraddistinte dal loro legame con l’ubiquitina).

Tra gli effetti immunomodulatori attribuiti a iberdomide vi sono l’aumento dei livelli di IL-2 e la riduzione dei livelli di citochine pro-infiammatorie, la differenziazione delle cellule B e la produzione di auto-anticorpi.

Già un trial di fase 2 precedentemente condotto in pazienti con lupus aveva mostrato la capacità di iberdomide di ridurre l’attività di malattia. In questo nuovo trial di fase 2 appena pubblicato, invece, si è voluto saggiare l’efficacia di iberdomide a diversi dosaggi in pazienti LES di grado moderato-severo.

Disegno dello studio ed endpoint considerati
I ricercatori hanno reclutato 289 pazienti che soddisfacevano i criteri indicativi di lupus di grado moderato-severo in base al punteggio SLEDAI-2K e con un titolo elevato di anticorpi antinucleari, escludendo, invece, quelli con lupus neuropsichiatrico o danno renale.

Questi sono stati randomizzati, secondo uno schema 2:2:1:2 a trattamento giornaliero con iberdomide al dosaggio di 0,45 mg, 0,3 mg, 0,15 mg o a placebo.

L’endpoint primario consisteva nel valutare la proporzione di pazienti che rispondeva al trattamento a 23 settimane in base all’indice SRI-4, una misura composita basata sulla riduzione del punteggio SLEDAI-2K, assenza di nuova maleaatia in base all’indice BILAG 2004 e assenza di progressione di malattia in base al punteggio valutazione globale dello stato di salute fatta dal medico (PGA).

Le misure degli endpoint secondati hanno valutato la proporzione di pazienti che sperimentava una riduzione del punteggio SLEDAI-2K di almeno 4 punti e la percentuale di pazienti con una riduzione pari al 50% della severità di malattia e dei punteggi di attività (CLASI-I/A).

Completava il tutto l’analisi di safety e il monitoraggio degli eventi avversi (AE) nel corso del trial.

L’analisi dei pazienti è stata condotta previa stratificazione in base al dosaggio di prednisone utilizzato e al punteggio iniziale SLEDAI-2K.

Risultati principali di efficacia
Lo studio ha osservato che il 54% dei pazienti in trattamento con iberdomide 0,45 mg aveva raggiunto la risposta SRI-4, una proporzione significativamente più ampia del 35% di pazienti del gruppo placebo (p=0,01).

Questo incremento osservato nel gruppo iberdomide 0,45 mg è risultato statisticamente significativo anche quando messo a confronto con i pazienti trattati con i dosaggi minori del farmaco.

Passando agli endpoint secondari, il 56% dei pazienti in trattamento con iberdomide 0,45 mg ha sperimentato una riduzione del punteggio SLEDAI-2K di almeno 4 punti, un valore significativamente maggiore rispetto al 36% di pazienti del gruppo placebo.

Le analisi farmacodinamiche hanno mostrato che i pazienti in trattamento con iberdomide mostravano una conta maggiore di cellule immunitarie regolatorie e una riduzione dei geni “firma” dell’interferone di tipo 1 rispetto al placebo.

Dati di safety
Passando alla safety, il 78% dei pazienti in trattamento con iberdomide 0,45 mg ha sperimentato un effetto collaterale (i più comuni: infezioni a carico del tratto respiratorio superiore e del tratto urinario, neutropenia, influenza).

Sul fronte della safety cardio- e cerebrovascolare, è stato registrato un solo caso di infarto cerebrale e di trombosi venosa profonda nei pazienti trattati con iberdomide, e nessun caso di embolia polmonare o di infarto del miocardio, a fronte di un solo caso di trombosi venosa profonda e di un caso di embolia polmonare nel gruppo placebo.

I ricercatori erano però avveduti dei possibili rischi e, infatti, hanno sottoposto tutti i pazienti inclusi nel trial a tromboprofilassi con aspirina a dosi ridotte, escludendo quelli a rischio particolarmente elevato di trombosi.

I caveat e le implicazioni dello studio
Nel commentare i risultati, i ricercatori hanno ammesso alcuni limiti metodologici dello studio, quali l’esclusione di pazienti con un aumentato rischio trombotico, nefrite lupica o manifestazioni neuropsichiatriche di lupus.

Sono state sottolineate anche differenze con gli altri trial finora condotti in termini di criteri di arruolamento pazienti, impiego e riduzione della posologia di somministrazione dei glucocorticoidi e l’impiego di farmaci di background.

Infine, è stata sottolineata l’impossibilità di generalizzare i risultati ottenuti in ragione della ridotta eterogeneità della popolazione di pazienti considerata (ridotta presenza di pazienti di etnia Afro-Americana).

Ciò detto, i risultati di questo trial sono molto incoraggianti e, a questo punto, è necessario attendere i risultati che verranno dai trial di fase 3 per determinare con maggiore evidenza l’efficacia e la sicurezza di iberdomide per os nei pazienti con lupus.

Bibliografia
Merrill JT, et al “Phase 2 trial of iberdomide in systemic lupus erythematosus” N Engl J Med 2022; DOI: 10.1056/NEJMoa2106535.