Tumore della cervice uterina PD-L1-positivo: anlotinib efficace


Nelle pazienti con tumore della cervice uterina PD-L1-positivo, ricorrente o metastatico, l’aggiunta di anlotinib a sintilimab si è dimostrata efficace

Il tumore della cervice uterina e tutti quelli Hpv correlati possono essere eliminati entro il 2030: è l'obiettivo della Call for Action di OMS e ECCO

Nelle pazienti con tumore della cervice uterina PD-L1-positivo, ricorrente o metastatico, l’aggiunta dell’inibitore multichinasico anlotinib (AL3818) all’anticorpo monoclonale anti-PD-1 sintilimab come trattamento di seconda linea o una linea successiva ha mostrato risultati di efficacia promettenti e di sicurezza accettabili in uno studio prospettico di fase 2, recentemente pubblicato sul Journal of Clinical Oncology (Jco).

Secondo i dati dello studio, nella popolazione Intention-To-Treat (ITT), composta da 42 pazienti, è stato ottenuto un tasso di risposta obiettiva (ORR) confermato pari al 54,8% (IC al 95% 38,7%-70,2%). Nello specifico, una risposta completa (CR) è stata raggiunta dal 4,8% delle pazienti, una risposta parziale (PR) dal 50% e il 33,3% ha ottenuto una stabilizzazione della malattia, con un tempo mediano di risposta pari a 1,7 mesi.

Inoltre, l’analisi della risposta obiettiva condotta nel gruppo di 39 pazienti valutabili per l’efficacia ha mostrato un ORR confermato del 59,0%, con un tasso di CR del 5,1%, di PR del 54,8% e di stabilizzazione della malattia del 35,9%.

«Per quanto ne sappiamo, questo è il primo studio a valutare prospetticamente la combinazione dell’immunoterapia più la terapia antiangiogenica esclusivamente in pazienti con cancro della cervice uterina avanzato PD-L1-positivo», scrivono nel loro articolo Qin Xu, del Dipartimento di ginecologia del Fujian Medical University Cancer Hospital (in Cina) e i suoi colleghi.

«Nel nostro studio» si legge ancora «sintilimab più anlotinib ha mostrato un’efficacia promettente e un profilo di sicurezza accettabile in pazienti con carcinoma della cervice uterina avanzato, come terapia di seconda linea o di una linea successiva. In particolare, il 60% delle nostre pazienti aveva già avuto due o più recidive, a suggerire che questa combinazione di farmaci è promettente nel tumore della cervice uterina pesantemente pretrattato».

Opzioni limitate dopo la prima linea
Nel momento in cui viene diagnosticato lo stadio metastatico di malattia o una recidiva dopo il trattamento primario, ad oggi lo standard di trattamento in prima linea prevede una terapia a base di platino associata a un farmaco antiangiogenico. Tuttavia, non ci sono standard of care disponibili da utilizzare in seconda linea  o nelle linee successive e la prognosi della pazienti con malattia avanzata rimane infausta.

L’impiego dell’immunoterapia nelle pazienti con carcinoma cervicale ricorrente o metastatico già è stato valutato in studi precedenti, ma, fino ad ora, nessuno aveva indagato la combinazione dell’immunoterapia con una terapia antiangiogenica in una popolazione di pazienti con tumore PD-L1-positivo. Per colmare questo gap, gli autori dello studio hanno provato a valutare la combinazione di sintilimab e anlotinib.

Lo studio
Nel trial, in aperto, a braccio singolo, sono state arruolate pazienti di età compresa tra 18 e 75 anni con tumore della cervice uterina ricorrente o metastatico, confermato PD-L1-positivo dall’analisi immunoistochimica, con un CPS (Combined Positive Score) superiore o uguale a 1.

I criteri di inclusione dello studio includevano, inoltre, una precedente linea di terapia sistemica o l’intolleranza alla chemioterapia, la presenza di almeno una lesione misurabile secondo i criteri RECIST v1.1, una funzione d’organo accettabile e un ECOG performance status di 0 o 1. Invece, una precedente terapia con anlotinib o altri anticorpi diretti contro PD-1 o PD-L1 rappresentava un criterio di esclusione.

Le pazienti sono state trattate con sintilimab 200 mg per via endovenosa il giorno 1 ogni 3 settimane e anlotinib 10 mg per via orale una volta al giorno dal giorno1 al giorno 14 di ogni ciclo. Il trattamento è proseguito fino alla progressione della malattia, al manifestarsi di una tossicità non tollerabile, al decesso della paziente, al ritiro dallo studio o all’inizio di una nuova terapia oncologica.

Sebbene il protocollo dello studio non consentisse l’aggiustamento della dose di sintilimab, tuttavia prevedeva che le pazienti che sviluppavano una tossicità intollerabile per la quale era necessario posticipare o interrompere uno dei due farmaci, potessero continuare la terapia con l’altro.

L’endpoint primario dello studio era l’ORR, mentre gli endpoint secondari chiave includevano la sopravvivenza libera da progressione (PFS), la sopravvivenza globale (OS) e il tasso di controllo della malattia (DCR).

Le caratteristiche delle pazienti
L’età mediana della popolazione ITT era di 53 anni (range: 36-67). In base alla stadiazione della malattia alla diagnosi, il 2,4% delle pazienti risultavano in stadio FIGO IA, l’11,9% in stadio IB, l’11,9% in stadio IIA, il 21,4% in stadio IIB, il 16,7% in stadio IIIB, il 14,3% in stadio IIIC, il 9,5% in stadio IVB e nell’11,9% delle pazienti questo dato non era disponibile.

Dal punto di vista dell’istologia, la maggior parte delle pazienti presentava un carcinoma a cellule squamose (83,3%), l’11,9% un adenocarcinoma e il 4,8% un carcinoma adenosquamoso.

Il tempo mediano intercorso fra la diagnosi  e l’arruolamento era di 13,3 mesi (range: 3,6-170,5) e le pazienti avevano per lo più un ECOG performance status di 1 (85,7%).

Nel 21,4% delle pazienti era presente solo una recidiva locale, mentre il 16,7% aveva sviluppato anche metastasi a distanza e la dimensione mediana della lesione bersaglio era di 49 mm (range: 15-217).

Le quasi totalità delle pazienti (92,9%) era stata sottoposta a radioterapia (nel 42,9% di casi adiuvante, nel 38,1% curativa e nell’11,9% palliativa) e la maggior parte di queste pazienti (61,5%) era stata sottoposta a radioterapia nei 12 mesi antecedenti l’arruolamento nello studio.

Tutte le pazienti arruolate prima di entrare nello studio erano state sottoposte ad una terapia a base di platino e per il 40,4% avevano effettuato una sola linea di terapia, per il 38,1% due linee e per il 21,4% tre o più linee.

Inolte, il 66,7% delle pazienti aveva un tumore con un carico di mutazioni (TMB) basso (inferiore a 7 mutazioni/megabase), il 23,8% aveva un TMB elevato, mentre il 7,1% non presentava mutazioni somatiche.

Altri risultati di efficacia del trattamento
Il DCR misurato nella popolazione ITT è risultato pari all’88,1%, mentre il DCR misurato nelle pazienti valutabili per efficacia pari al 94,9%. Inoltre, l’82,1% delle pazienti ha mostrato una riduzione delle dimensioni della lesione rispetto al basale.

Al momento del cutoff dei dati, il 50% delle pazienti arruolate era andato incontro a una progressione della malattia o era deceduto.

La PFS mediana è risultata di 9,4 mesi (IC al 95% 8,0-14,6) e il tasso di PFS a 6 mesi è risultato del 73,1% (IC al 95% 60,1%-88,9%). La OS mediana, invece, non è stata ancora raggiunta, mentre è stato stimato un tasso di OS a 12 mesi pari al 73,8% (IC al 95% 59,3%-91,7%).

Inoltre, tra le pazienti valutabili per efficacia, quelle con carcinoma a cellule squamose hanno mostrato un ORR significativamente più alto rispetto alle pazienti con carcinoma non a cellule squamose: rispettivamente 69,7% contro 0% (P = 0,003). Nelle stesse pazienti, inoltre, è stata anche raggiunta una PFS mediana più lunga: rispettivamente, 11,1 mesi contro 5,8 mesi (P = 0,01).

Profilo di sicurezza
Per quanto riguarda la sicurezza, quasi l’86% delle pazienti ha manifestato almeno un evento avverso correlato al trattamento.

Gli eventi avversi correlati alla terapia più comuni sono stati ipotiroidismo (33,3%), aumento dell’aspartato aminotransferasi (21,4%) e ipertensione (19,0%). Inoltre, il 16,7% delle pazienti ha sviluppato un evento avverso correlato al trattamento di grado 3 o superiore (tra cui tre casi di fistola).
Durante lo studio, infine, non si sono verificati decessi correlati al trattamento.

L’interruzione della terapia a causa di eventi correlati alla terapia si è resa necessaria nel 7,1% dei pazienti e tre pazienti hanno interrotto solamente anlotinib. Il 26,2% delle pazienti ha richiesto una riduzione della dose di anlotinib a causa di eventi legati al trattamento.

La valutazione dei biomarker
Il sequenziamento di ultima generazione (NGS) ha rivelato che il 31,7% delle pazienti presentava una mutazione del gene PIK3CA, che rappresentava il gene più frequentemente alterato. A seguire, sono state individuate alterazioni del gene FAT1 (nel 22,0% delle pazienti), mutazioni di PRKDC (nel 19,5%), mutazioni di KMT2D (nel 17,1%) e mutazioni di ATR ( nel 14,6%).

«L’estesa profilazione genomica che abbiamo effettuato per chiarire il quadro mutazionale dei geni del cancro della cervice uterina contribuirà a fornire un modello per gli studi futuri che coinvolgeranno più biomarcatori, per poter implementare una terapia mirata a livello molecolare del carcinoma cervicale avanzato. Sono necessarie ulteriori indagini in studi randomizzati e controllati più ampi», hanno concluso gli autori dello studio.

Bibliografia
Q. Xu, et al. Efficacy and safety of sintilimab plus anlotinib for PD-L1–positive recurrent or metastatic cervical cancer: a multicenter, single-arm, prospective phase II trial. J Clin Oncol. Published online February 22, 2022. doi:10.1200/JCO.21.02091 Link