Melanoma resecato: pembrolizumab efficace sulle metastasi


Melanoma in stadio iniziale resecato, il trattamento adiuvante con l’anti-PD-1 pembrolizumab migliora in modo significativo la sopravvivenza libera da metastasi

I pazienti con melanoma in trattamento immunoterapico si sono ammalati meno di Covid uno studio italiano pubblicato sulla rivista “Seminars in Oncology”

Nei pazienti con melanoma in stadio iniziale (IIB e IIC) resecato, il trattamento adiuvante con l’anti-PD-1 pembrolizumab migliora in modo significativo la sopravvivenza libera da metastasi a distanza (DMFS) rispetto al placebo. Lo evidenziano nuovi dati dello studio di fase 3 KEYNOTE-716.

Nel dicembre 2021, la Food and Drug Administration ha approvato pembrolizumab per il trattamento adiuvante di pazienti adulti e pediatrici con melanoma in stadio IIB o IIC totalmente resecato sulla base dei dati della prima analisi ad interim dello studio KEYNOTE-716, nella quale l’anti-PD-1 ha mostrato di migliorare significativamente la sopravvivenza libera da recidiva (RFS) rispetto al placebo, riducendo il rischio di recidiva della malattia o morte del 35% (HR 0,65; IC al 95% 0,46-0,92; P = 0,0132).

In questa analisi intermedia, pembrolizumab ha continuato a dimostrare un miglioramento della RFS e non sono stati evidenziati nuovi segnali relativi alla sicurezza del farmaco

I dati completi dello studio, ha fatto sapere l’azienda produttrice (MSD) in una nota, saranno condivisi in uno dei prossimi congressi del settore.

«I pazienti con melanoma che si è diffuso a distanza hanno una prognosi significativamente peggiore e l’obiettivo della terapia adiuvante è ritardare la recidiva della malattia, in particolare lo sviluppo di metastasi a distanza» ha dichiarato alla stampa Scot Ebbinghaus, vicepresidente della ricerca clinica presso i Merck Laboratories. «Nello studio KEYNOTE-716, il trattamento adiuvante con pembrolizumab ha mostrato innanzitutto un miglioramento significativo della RFS e ora ha dimostrato un miglioramento significativo rispetto al placebo del tempo di sviluppo della prima metastasi a distanza. I dati relativi alla DMFS dello studio KEYNOTE-716 rafforzano le evidenze a favore di pembrolizumab come terapia adiuvante per il melanoma in stadio IIB e IIC».

Lo studio KEYNOTE-716
Lo studio KEYNOTE-716 (NCT03553836) è un trial multicentrico internazionale, randomizzato, in doppio cieco, controllato con placebo, che ha arruolato 976 pazienti di almeno 12 anni con melanoma in stadio II di nuova diagnosi, resecato, ad alto rischio.

Dopo la resezione chirurgica completa, i partecipanti allo studio sono stati assegnati al trattamento con pembrolizumab alla dose di 200 mg o alla dose pediatrica di 2 mg/kg (fino a un massimo di 200 mg), somministrato per via endovenosa ogni 3 settimane, oppure al trattamento con un placebo per un massimo di un anno. Il trattamento è stato somministrato fino allo sviluppo di una recidiva della malattia o di una tossicità intollerabile.

I partecipanti sono stati stratificati in base allo stadio T dell’ottava edizione dell’AJCC (> 2,0-4,0 mm con ulcerazione vs > 4,0 mm senza ulcerazione vs > 4,0 mm con ulcerazione).

L’endpoint primario dello studio era l’RFS valutata dagli sperimentatori, mentre gli endpoint secondari chiave comprendono la DMFS, la sopravvivenza globale (OS) e la sicurezza. La qualità della vita correlata alla salute è, invece, un endpoint esplorativo.

Miglioramento della RFS con pembrolizumab
Dati precedenti presentati durante il Congresso della Society for Melanoma Research del 2021 hanno mostrato che al momento dell’analisi l’RFS mediana non era stata ancora raggiunta (NR) né con pembrolizumab né con il placebo (HR 0,61; IC al 95% 0,45-0,82), mentre i tassi di RFS a 18 mesi sono risultati rispettivamente dell’85,8% e 77,0%.

Con un follow-up mediano di 14,4 mesi, la percentuale di pazienti trattati con pembrolizumab che hanno sviluppato una recidiva a distanza è risultata del 4,7%, a fronte del 7,8% fra i controlli trattati con il placebo.
Anche nel sottogruppo di pazienti con malattia T3b, l’RFS mediana non era stata raggiunta né con pembrolizumab né con il placebo (HR 0,40; IC 95%, 0,23-0,69), mentre i tassi di RFS a 18 mesi sono risultati rispettivamente del 91,1% e 77,4%. Nel sottogruppo con malattia T4b, ancora una volta, l’RFS mediana non era stata ancora raggiunta né con l’anti-PD-1 né con il placebo (HR, 0,82; IC 95%, 0,54-1,26 ) e in questo sottogruppo il tasso di RFS a 18 mesi è risultato rispettivamente del 78,9% contro 74,1% con il placebo.

Inoltre, l’85,2% dei pazienti trattati con l’immunoterapia non ha avuto una recidiva o è deceduto rispetto al 76,5% dei controlli.

Tra coloro che hanno ricevuto pembrolizumab e hanno avuto una recidiva, il 7,8% ha sviluppato una recidiva locale o regionale o locoregionale e il 6,4% una recidiva a distanza; nel gruppo di controllo, le percentuali corrispondenti sono risultate del 10,2% e 12,3%, mentre i decessi sono stati rispettivamente tre e cinque.

I dati di sicurezza
Un totale di 483 pazienti che hanno ricevuto pembrolizumab e 486 pazienti che hanno ricevuto placebo sono stati valutati per la sicurezza. Rispettivamente il 95,4% e il 91,4% dei partecipanti ha manifestato tossicità di qualsiasi grado, e il 28,2% e 19,1% dei pazienti, rispettivamente, hanno manifestato eventi di grado da 3 a 5.
Effetti avversi correlati al trattamento sono stati riportati nell’82,8% dei pazienti del braccio pembrolizumab e nel 63,4% dei controlli, mentre effetti avversi correlati al trattamento di grado da 3 a 5 sono stati riscontrati rispettivamente nel 17,0% e 4,3% dei pazienti.

Inoltre, il 16,4% dei pazienti ha interrotto il trattamento con pembrolizumab, contro il 2,5% dei pazienti trattati con il placebo, ma non si sono registrati effetti avversi fatali.