La pelle del camaleonte ispira nuovi sensori flessibili


Nuovi sensori ispirati al cambiamento di colore associato alla straordinaria struttura della pelle del camaleonte, le cui cellule contengono nanocristalli di guanina

camaleonte

La capacità dei camaleonti di mutare il colore della propria livrea a seconda degli stimoli che ricevono dall’esterno, rappresenta un’ispirazione affascinante per lo sviluppo di materiali intelligenti.

Il cambiamento di colore è associato alla straordinaria struttura della pelle del camaleonte le cui cellule contengono nanocristalli di guanina: tali nanocristalli si assemblano all’interno del citoplasma generando una struttura organizzata, simile a quella dei cristalli fotonici dove un materiale ad alto indice di rifrazione si alterna ad un materiale a basso indice di rifrazione.

Questa straordinaria organizzazione ha ispirato un team internazionale di ricercatori alla realizzazione di un sensore flessibile, in grado di funzionare senza un input energetico esterno. Il team multidisciplinare, è formato da ricercatori dell’Institute of Fundamental Technological Research Polish Academy of Science, (IPPT-PAN), del Cnr con l’Istituto di cristallografia (Ic) e l’Istituto di nanotecnologia (Nanotec), della Donghua University (Cina) e della Sapienza Università di Roma: hanno pubblicato uno studio sulla rivista NPG- Asia Materials – Nature.

Il sensore è costituito da un “tappeto” fabbricato con fibre polimeriche ottenute mediante elettrofilatura, che viene collocato tra due strati esterni di un materiale nanocomposito. Questo è ottenuto funzionalizzando un idrogel con nanoparticelle di argento cubiche. Come illustra uno dei coordinatori del team, Filippo Pierini, ricercatore presso l’IPPT-PAN: “Questa architettura integra numerose proprietà in un unico dispositivo. Infatti, lo strato interno elettrofilato conferisce eccellenti proprietà meccaniche rendendo il sistema compatto e stabile e favorisce la deposizione degli strati esterni di nanocomposito. I nanocubi di argento attribuiscono all’intero sistema proprietà antibatteriche, con il risultato che il dispositivo è in grado di eliminare il 99.9% di batteri (Staphylococcus aureus) dopo 4 ore di contatto”.

“L’aspetto più interessante da un punto di vista applicativo è che la combinazione delle proprietà ottiche dei nanocubi di argento e della matrice di idrogel rende il dispositivo capace di monitorare concentrazioni di glucosio molto basse nelle urine umane. Abbiamo calcolato un limite di rivelabilità ottimale per il monitoraggio dei livelli tipici di glucosio presenti sia in persone sane che diabetiche”, spiega Francesca Petronella, ricercatrice presso la sede di Montelibretti del Cnr-Ic. “Questa capacità è estremamente rilevante: infatti, alla luce del costante aumento delle persone diabetiche e iperglicemiche, lo sviluppo di sistemi innovativi che possano essere rapidi, compatti, flessibili, indossabili, e capaci di lavorare senza l’analisi di piccoli quantitativi di sangue è un campo di ricerca in costante sviluppo. Inoltre, i nanocubi di argento conferiscono al sistema proprietà termoplasmoniche: questo significa che è sufficiente irradiare il dispositivo con luce verde, emessa da un laser, per produrre un aumento di temperatura sufficiente ad eliminare dal dispositivo il liquido analizzato. Il sensore quindi risulta potenzialmente riutilizzabile”.

I prossimi passi saranno quelli di sfruttare l’enorme versatilità del dispositivo introducendo opportune funzionalizzazioni biochimiche che permettano ad esempio il monitoraggio di marker tumorali o il riconoscimento specifico di anticorpi inclusi quelli sviluppati a seguito di infezione da SARS-CoV-2. “Inoltre, sarà possibile realizzare biosensori indossabili per il monitoraggio multiplo di analiti di interesse medico, anche in condizioni di microgravità”, conclude Luciano De Sio ricercatore presso Sapienza Università di Roma, associato al Cnr-Nanotec, che insieme a Filippo Pierini ha coordinato lo studio.

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