GVHD acuta: anfiregulina potenziale marcatore


L’anfiregulina può rappresentare un utile marcatore per il monitoraggio nel tempo dei pazienti con malattia del trapianto conto l’ospite (GVHD) acuta

L'anfiregulina può rappresentare un utile marcatore per il monitoraggio nel tempo dei pazienti con malattia del trapianto conto l'ospite (GVHD) acuta

L’anfiregulina può rappresentare un utile marcatore per il monitoraggio nel tempo dei pazienti con malattia del trapianto conto l’ospite (GVHD) acuta potenzialmente letale. A suggerirlo sono i risultati di un’analisi secondaria condotta su campioni plasmatici raccolti in pazienti arruolati in due studi clinici prospettici (uno studio di fase 1 dell’Università del Minnesota e lo studio REACH1), presentata al convegno annuale 2021 dell’American Society of Hematology (ASH).

Livelli alti di anfiregulina al basale associati a maggior rischio di mortalità
I ricercatori hanno osservato un’associazione tra un livello alto di anfiregulina al basale e un rischio di mortalità aumentato e, perciò, suggeriscono che in questi pazienti dovrebbe essere eseguito un monitoraggio con misurazioni seriali del biomarcatore.

Nell’analisi mostrata all’ASH, i ricercatori hanno presentato i dati delle concentrazioni del biomarcatore e dell’evoluzione della malattia in una coorte di pazienti trattati con una terapia sperimentale (uhCG/EGF). I risultati sono stati poi validati in una coorte indipendente di pazienti con GVHD acuta refrattaria agli steroidi che hanno ricevuto l’inibitore JAK1/JAK2 ruxolitinib come terapia di seconda linea nell’ambito dello studio REACH1.

L’ analisi multivariata dei dati ha evidenziato che gli unici fattori prognostici indipendenti per la sopravvivenza sono le risposte al giorno 28 (rischio relativo [RR] 9,14; P < 0,0001) e la concentrazione dell’anfiregulina al basale (> 212 pg/ml; RR 2,72; P <0,05).

Anche l’analisi multivariata dei dati dello studio di fase 1, ha confermato che le risposte al giorno 28 (RR 4.94; P<0,0001) e il valore dell’anfiregulina al basale (>212 pg/ml; RR 4,17; P= 0,03) sono gli unici fattori prognostici indipendenti associati alla sopravvivenza.

«I pazienti con GVHD acuta potenzialmente letale presentano spesso sintomi gravi dovuti a danni provocati ai tessuti e agli organi, biomarcatori ematici elevati di GVHD acuta o entrambi. Il monitoraggio può essere difficile a causa di variazioni imprevedibili dei sintomi che potrebbero non essere correlate alla gravità o dalla patogenesi della GVHD acuta, compresi cambiamenti nella nutrizione e infezioni», ha dichiarato durante la presentazione dei risultati Shernan Holtan, dell’Università del Minnesota e autrice principale dello studio.

ST2 e REG3a altri possibili biomarcatori
Nella loro ricerca gli sperimentatori, oltre all’anfiregulina, hanno misurato anche i livelli di altri due biomarcatori della GVDH, ST2 e REG3a, nei campioni di siero dei pazienti arruolati nei due studi, valutandone il significato clinico.

Nello studio di fase 1, che ha arruolato un totale di 51 pazienti, l’anfiregulina è stata misurata utilizzando un test ELISA, mentre ST2 e REG3a sono stati misurati con un test per la valutazione di proteine multiple basato su luminex. I campioni sierici sono stati raccolti al basale e nei giorni 7, 14, 28 e 56.

In questo studio, c’era omogeneità tra due coorti di pazienti, una di prima linea e l’altra di seconda linea. I pazienti della prima linea (26) avevano un’età mediana di 61 anni (range: 22-72), 19 (73%) erano maschi e il numero dei pazienti con GVHD di grado II, IIII, e IV era pari rispettivamente a due (8%), 21 (81%) e 3 (12%).

Nella coorte di seconda linea (26), l’età media era di 62 anni (range: 2-69), 20 pazienti erano di sesso maschile (77%), e il numero di pazienti con GVHD di grado II, IIII e IV era rispettivamente pari a 9 (35%), 8 (31%) e 9 (35%).

Lo studio REACH-1 ha arruolato 60 pazienti e tutti e tre i biomarcatori (anfiregulina, ST2 e Reg3) sono stati misurati utilizzando un test immunologico microfluidico, su campioni prelevati al basale.

Tra i partecipanti allo studio REACH-1, l’età mediana era di 52 anni (range: 18-73), il 52% era maschio e il numero di pazienti con GVHD acuta di grado II, IIII e IV era rispettivamente pari a 22 (36,7%), 24 (40,0%) e 14 (23,3%).

In entrambi gli studi la GVHD era prevalentemente di grado elevato (III o IV), ha osservato la Holtan.

Livelli di anfiregulina e ST2 al basale correlati alla risposta clinica a 4 settimane
Nello studio REACH-1, le concentrazioni di anfiregulina al basale sono risultate più alte nei pazienti che sono andati in progressione rispetto ai pazienti che invece hanno risposto completamente alla terapia (CR) (P < 0,01) dopo 4 settimane.

Lo stesso dicasi per i livelli di ST2, più alti al basale nei pazienti in porogressione rispetto a quelli che hanno ottenuto una CR (P < 0,01) o una risposta parziale molto buona (VGPR) rispetto a una risposta parziale (PR) (P<0,05).

Al contrario, le concentrazioni del biomarcatore REG3a al basale non sono risultate correlate alla condizione clinica dei pazienti.

Calo dell’anfiregulina nei pazienti che hanno risposto al trattamento
Nello studio di fase 1, le concentrazioni di anfiregulina al basale sono state confrontate con quelle rilevate dopo 56 giorni ed è stato osservato che una risposta completa al trattamento dopo 28 giorni era correlata a una riduzione della concentrazione del marcatore a un terzo (valore medio, 98 pg/ml contro 32 pg/ml, P = 0,006). Invece, nei pazienti con una PR dopo 28 giorni o che non hanno risposto (NR), i livelli di anfiregulina non hanno mostrato variazioni clinicamente significative.

Un andamento analogo è stato riscontrato nello studio REACH-1. Infatti nei pazienti che hanno risposto a ruxolitinib dopo 28 giorni, i livelli di anfiregulina dopo 56 giorni sono risultati di 2,8 volte più bassi rispetto al valore basale (media, 174,7 contro 63,6 pg/ml; P=0,007).

In questo studio è stata registrata una diminuzione di anfiregulina anche nei pazienti che hanno ottenuto una PR dopo 28 giorni. In questo caso, i livelli di anfiregulina a fine monitoraggio sono risultati la metà rispetto a quelli al basale (media al basale 288 contro 146,1 pg/ml al giorno 56; P=0,017), mentre nei pazienti in progressione i livelli di anfiregulina non sono cambiati significativamente nel tempo.

Livelli di ST2 ridotti solo nei pazienti con risposta completa
Il biomarcatore ST2 è diminuito nel tempo nei pazienti che hanno ottenuto una CR, ma in misura minore rispetto all’anfiregulina, in entrambi gli studi (diminuzione di 1,4 volte nello studio di fase 1, con P = 0,04; diminuzione di 2,2 volte nello studio REACH1, P = 0,021), mentre non si è osservata nessuna variazione nei pazienti che hanno mostrato solo una PR o non hanno risposto.

Il biomarcatore REG3a, invece, non ha mostrato alcun cambiamento significativo per nessun tipo di risposta in entrambi gli studi.

In generale, i livelli di anfiregulina sono risultati più alti nei pazienti arruolati nello studio REACH-1. Questo potrebbe riflettere differenze nel metodo di dosaggio, nella gravità della malattia o entrambi, secondo gli autori dello studio.

In tutti e due gli studi sono stati identificati i cut-off dei biomarcatori associati a un decorso rapidamente fatale.

Nello studio di fase 1, con un cut-off per l’anfiregulina di 212 pg/ml, la sopravvivenza mediana è stata di 62 giorni (P = 0,006), per ST2 il cutoff è stato identificato a 292 ng/ml per una sopravvivenza mediana di 239 giorni (P<0,001), e per un cutoff di REG3a pari a 13,5 ng/ml, la sopravvivenza mediana è stata di 416 giorni (P=0,01).

In REACH-1, il cutoff dell’anfiregulina è stato identificato a 336 pg/ml per una a sopravvivenza mediana di 74 giorni (P=0,005). Il cut-off per ST2 è stato identificato a 188 ng/ml (P=0,09), e il cutoff REG3a era pari a 3,6 ng/ml (P=0,03).

«Sulla base dei nostri dati attuali, non c’è una stretta correlazione tra questi biomarcatori», ha detto la Holtan. «Questa è una buona cosa. Questo è un nuovo e ulteriore modo di fare il monitoraggio».

«Abbiamo anche dimostrato che i pazienti con un’alta anfiregulina di base sono ad alto rischio di morte precoce». Per questo, ha concluso l’autrice, i pazienti dovrebbero essere monitorati utilizzando una base costante con valutazioni ripetute nel corso della loro terapia.

Bibliografia
M. Pratta, et al. Validation of amphiregulin as a monitoring during treatment of life-threatening acute graft-versus-host disease: a secondary analysis of 2 prospective clinical trials. Blood (2021) 138 (Supplement 1): 259; https://doi.org/10.1182/blood-2021-150867