Dopo il trapianto di rene benefici dalla vitamina D


Trapianto di rene: la somministrazione di vitamina D è in grado di ridurre in modo significativo i livelli di paratormone (PTH) e di attenuare la perdita di massa ossea

La vitamina D allontana il rischio tumori

La somministrazione di vitamina D è in grado di ridurre in modo significativo i livelli di paratormone (PTH) e di attenuare la perdita di massa ossea a livello della colonna lombare rispetto al placebo nei trapiantati di rene, stando ai risultati di uno studio pubblicato su the Journal of Bone and Mineral Research.

Razionale e obiettivi dello studio
Il trapianto di rene rappresenta il trattamento di elezione nei pazienti con nefropatia allo stadio finale, sia dal punto di vista dei costi che da quelli della qualità della vita e della mortalità.

Tuttavia è anche noto che la densità minerale ossea (BMD) tende a declinare progressivamente dopo il trapianto e che, di conseguenza, il rischio di fratture nei pazienti trapiantati è più elevato rispetto ai pazienti che rimangono in dialisi nei primi 3 anni dall’effettuazione dell’intervento. Non solo: il rischio di frattura nei trapiantati di rene si associa con una mortalità per tutte le cause più elevata.

La malattia ossea nei trapiantati di rene è una condizione complessa e l’incremento del rischio di frattura dopo trapianto potrebbe essere spiegato da alcuni fattori.
Tra questi abbiamo l’iperparatiroidismo e il deficit di vitamina D che sono dei fattori di rischio modificabili.

Alcune metanalisi hanno dimostrato che la supplementazione di vitamina D è effettivamente in grado di ripristinare livelli sierici opportuni di 25(OH)D e di ridurre i livelli circolanti di PTH negli individui con funzione renale preservata e in nefropatia cronica pre-dialisi, ma non in quelli in dialisi.

Fino ad ora, però, non era stato sufficientemente studiata la capacità della supplementazione vitaminica D di ridurre le concentrazioni di PTH nei trapiantati di rene, una popolazione che, probabilmente, si connota per una ridotta espressione del recettore della vitamina D (VDR) a livello delle paratiroidi simile a quella dei pazienti dializzati.

Esiste, peraltro, una controversia relativa all’efficacia della supplementazione di vitamina D sulla BMD: le linee guida KDIGO (The Kidney Disease: Improving Global Outcomes), pubblicate nel 2009, raccomandavano la conduzione di trial clinici randomizzati per confermare l’effetto della supplementazione vitaminica D sulla BMD nei trapiantati di rene con deficit vitaminico D, ma fino ad ora non esistevano trial al riguardo.

Di qui il nuovo studio che si è proposto l’obiettivo di valutare l’effetto del colecalciferolo sui livelli di PTH e la BMD.

Disegno dello studio e risultati principali
Questi risultati sono stati ottenuti a seguito di un’analisi pre-specificata di un endpoint secondario di un trial monocentrico, per bracci paralleli, randomizzato, in doppio cieco, controllato vs. placebo, della durata di 11 mesi.

Tutti i pazienti erano stati sottoposti ad intervento di trapianto renale da donatori in vita, avevano un’età compresa tra 20 e 80 anni, e un valore stimato di filtrazione renale (eGFR)  ≥30 mL/min/1.73 m2.

Questi sono stati trattati giornalmente con una supplementazione con 4.000 UI di colecalciferolo o placebo da 1 a 12 mesi dall’effettuazione del trapianto e stratificati in base all’età (<50 o ≥50 anno) e al sesso di appartenenza.  Inoltre, questi pazienti sono stati controllati mediante prelievo ematico e delle urine sia all’inizio dello studio che a distanza di 6 e 12 mesi dal trapianto.

Centonovantatre pazienti sono stati randomizzati, secondo uno schema 1:1 , a trattamento con colecalciferolo (n=96) o con placebo (n=97). Di questi, 193 pazienti, 187 (92 nel gruppo colecalciferolo e 95 nel gruppo placebo) hanno ricevuto almeno una dose del trattamento assegnato dalla randomizzazione e sono stati inclusi nelle analisi.

I partecipanti avevano un’età mediana di 52 anni, una mediana dei livelli di eGFR pari a 46 mL/min/1,73 m2, e una mediana dei livelli sierici di 25(OH)D pari a 10 ng/ml. Quasi il 70% del campione era costituito da pazienti di sesso maschile.

A conclusione del periodo dello studio previsto dal protocollo, il gruppo placebo ha sperimentato una variazione minima dei livelli sierici di 25(OH)D (3 ng/mL [IC95%=2-5]), mentre il gruppo supplementato con colecalciferolo è andato incontro ad un incremento sostanziale dei livelli di 25(OH)D (28 ng/mL [IC95%= 27-30]), per una differenza significativa tra i due gruppi pari a 25 ng/mL (IC95%= 22-28).

La media geometrica della variazione percentuale dei livelli di PTH in toto è stata pari a -28% (IC95%= –34; –22) nel gruppo placebo e pari a -39% (IC95%= -44%; -33%) nel gruppo colecalciferolo, con una differenza significativa tra gruppi  (–15%; iC95%= –25; –3, P = 0,02).

Risultati simili sono stati osservati anche nelle analisi di sensibilità. Gli effetti del colecalciferolo sui livelli di PTH in toto sono risultati modificati dai livelli iniziali di eGFR, di calcio e dai livelli di 25(OH)D, con l’osservazione dei maggiori effetti del trattamento nei pazienti con livelli più elevati di eGFR, livelli ridotti di calcio e bassi livelli di 25(OH)D (p  <0,05 per tutti).

La variazione percentuale media della densità minerale ossea (BMD) a livello della colonna lombare è risultata pari allo 0,2% (IC95%= -1,4; 0,9) nel gruppo colecalciferolo e all’1,9% nel gruppo placebo (IC95%= -3; -0,8), con una differenza significativa tra gruppi (1,7%; IC95%= 0,1-3,3; p=0,04).

L’effetto benefico del colecalciferolo sulla BMD della colonna lombare è risultato prominente nei pazienti che mostravano livelli iniziali di BMD più bassi (p<0,05).
Le variazioni dei livelli di PTH dal basale a 12 mesi dall’effettuazione del trapianto renale sono risultati associati a variazioni della BMD della colonna lombare (p<0,01). In particolare, un’analisi ulteriore ha mostrato che l’effetto indiretto mediato dalle variazioni dei livelli di PTH in toto era pari al 39% (p=0,02).

Limiti e implicazioni dello studio
Nel commentare i risultati, i ricercatori hanno ammesso che il loro studio era gravato da alcuni limiti metodologici intrinseci. Tra questi hanno riconosciuto in primis il disegno monocentrico (reclutamento nello studio di soli trapiantati giapponesi, la qual cosa non consente di generalizzare i risultati a popolazioni più ampie e di etnia diversa).

Inoltre, la maggior parte dei pazienti dello studio si caratterizzava per la presenza di un deficit franco di vitamina D al basale, mentre più della meta della coorte presentava valori di BMD nella norma: ciò potrebbe aver diluito l’entità dell’effetto di supplementazione sulla BMD nei trapiantati a rischio più elevato di frattura.

Le linee guida KDIGO, recentemente aggiornate, raccomandano la correzione dei livelli ridotti di 25(OH)D nei trapiantati di rene senza, però, proporre uno specifico algoritmo.
“Pertanto – concludono i ricercatori – la supplementazione di 4.000 UI/die potrebbe rappresentare a tutti gli effetti una regime di trattamento promettente nei pazienti trapiantati di rene con deficit vitaminico D. Questa modalità di supplementazione vitaminica ha la capacità, infatti, di eliminare il deficit vitaminico D e di assicurare benefici sulla salute ossea anche sotto trattamento con glucocorticoidi”.

A questo punto sono necessari studi ulteriori per valutare gli effetti protettivi di colecalciferolo non solo sui marker surrogati ma anche su alcuni outcome clinici quali la paratiroidectomia e le fratture.

Bibliografia
Tsujita M et al. Cholecalciferol supplementation attenuates bone loss in incident kidney transplant recipients: a prespecified secondary endpoint analysis of a randomized controlled trial. J Bone Miner Res. Published online November 8, 2021. doi:10.1002/jbmr.4469
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