Mielofibrosi trombocitopenica: pacrinitinib meglio di ruxolitinib


Mielofibrosi trombocitopenica: pacrinitinib a dose piena meglio di ruxolitinib a dose ridotta secondo lo studio di fase 3 PERSIST-2

mielofibrosi trombocitopenica

Nei pazienti con mielofibrosi e trombocitopenia da moderata a grave, il trattamento con pacritinib si è dimostrato superiore a quello con ruxolitinib riguardo alla possibilità di mantenere il trattamento a dose piena e ottenere tassi di risposta più elevati. Lo evidenzia un’analisi retrospettiva testa a testa dello studio di fase 3 PERSIST-2 (NCT02055781), presentata all’ultimo congresso dell’American Society of Hematology (ASH).

L’analisi ha mostrato che pacritinib, un inibitore orale di JAK2 /IRAK1, riduce il rischio di morte del 51% rispetto a ruxolitinib (HR 0,49; IC al 95% 0,13-1,92), oltre che permettere a un maggior numero di pazienti di ottenere una riduzione del volume della milza (SVR, 28% contro 11%) e del punteggio totale dei sintomi (TSS, 37% contro 11%), senza richiedere riduzioni di dose.

Trombocitopenia e anemia sfide da affrontare nel trattamento dei pazienti con mielofibrosi
Nella mielofibrosi, con il progredire della malattia tende a instaurarsi uno stato di trombocitopenia e anemia, che «rappresenta una sfida per i medici perché l’impiego degli inibitori di JAK può esacerbare sia l’anemia che la trombocitopenia», ha dichiarato John O. Mascarenhas, direttore del Center of Excellence for Blood Cancers and Myeloid Disorders e dell’Adult Leukemia Program del Mount Sinai Hospital di New York.

Sebbene nei pazienti con mielofibrosi e bassa conta piastrinica siano comunemente usate dosi di ruxolitinib più basse di quelle approvate, tuttavia, «…nel foglio illustrativo non è citata una dose iniziale raccomandata per i pazienti con conta delle piastrine inferiore a 50.000», ha commentato Mascarenhas. Anzi, nel foglietto illustrativo di ruxolitinib è sconsigliato il proseguimento del trattamento quando le piastrine scendono al di sotto del valore soglia di 50 x 109/l.

Quindi, applicare semplicemente una marcata riduzione della dose di ruxolitinib consigliata per i pazienti con conta delle piastrine compresa tra 50 e 100 x 109/l potrebbe limitarne l’efficacia.

Al contrario, pacritinib a dose piena può portare alla SVR e a un miglioramento del TSS nei pazienti con mielofibrosi e una trombocitopenia primaria o secondaria che non possono tollerare ruxolitinib a dose piena.

Mascarenas e i colleghi hanno dunque voluto verificare se pacritinib, somministrato a dose piena, possa offrire un’opzione terapeutica alternativa al trattamento con gli inibitori di JAK disponibili che nei pazienti con mielofibrosi citopenica richiedono una riduzione del dosaggio applicata in maniera approssimativa.

Lo studio PERSIST-2
I ricercatori hanno innanzitutto valutato l’efficacia di pacritinib nello studio PERSIST-2, un trial multicentrico internazionale randomizzato di fase 3 disegnato per valutare l’efficacia di due diversi regimi di dosaggio del farmaco rispetto alla miglior terapia disponibile in pazienti con una conta delle piastrine ≤ 100 x 109/l.

I partecipanti erano stati assegnati secondo un rapporto 1:1:1 al trattamento con pacritinib 400 mg una volta al giorno o 200 mg due volte al giorno oppure alla migliore terapia disponibile. Nel braccio trattato con la migliore terapia disponibile, il 45% dei pazienti era stato trattato con l’inibitore di JAK1/2 ruxolitinib, approvato nei pazienti con mielofibrosi.

I risultati hanno dimostrato che entrambi i bracci trattati con pacritinib hanno ottenuto risultati superiori in termini di riduzione del volume splenico e del carico dei sintomi rispetto alla migliore terapia disponibile.

Confronto fra pacritinib 200 mg e ruxolitinib
Per quanto riguarda pacritinib, l’analisi presentata all’ASH si è concentrata sui pazienti trattati con pacritinib 200 mg due volte al giorno, (il dosaggio di 400 mg una volta al giorno non è più in sviluppo), e che fossero ruxolitinib-naïve. I pazienti di confronto trattati con ruxolitinib, invece, da protocollo erano pazienti trattati con il JAK-inibitore alla dose riportata sul foglietto illustrativo.

Le analisi hanno considerato le variazioni dell’intensità di dose, la sicurezza e l’efficacia. I pazienti inclusi nell’analisi di efficacia avevano raggiuto una SVR di almeno il 35% e un miglioramento del TSS di almeno il 50% dopo 24 settimane di trattamento, mentre le analisi di sicurezza si sono basate su tutti i pazienti trattati.

Nell’analisi della sicurezza sono stati inclusi 57 pazienti trattati con pacritinib e 12 trattati con ruxolitinib, mentre in quella dell’efficacia 43 pazienti del braccio pacritinib e 9 del braccio ruxolitinib.

Caratteristiche di base dei pazienti simili
Le caratteristiche di base dei pazienti erano generalmente simili nei bracci dei due trattamenti.

Infatti, l’età mediana era rispettivamente di 67 anni nel 57 pazienti trattati con pacritinib 200 mg due volte al giorno contro 72 anni nei 12 trattati con ruxolitinib.

La conta delle piastrine era rispettivamente di 51 x 109/l contro 49 x 109/l e l’emoglobina rispettivamente 9,7 g/l contro 10 g/l, la percentuale di trasfusioni di globuli rossi pari al 37% contro 33%, e la percentuale di pazienti ad alto rischio secondo il Dynamic International Prognostic Scoring System (DIPSS) pari al 21% contro 25%.

Invece, fra i pazienti trattati con pacritinib erano più numerosi quelli con mielofibrosi primaria rispetto a quelli trattati con ruxolitinib (75% contro 58%), mentre la percentuale dei pazienti con una presenza di blasti periferici di almeno l’1% era superiore nei pazienti trattati con ruxolitinib rispetto a pacritinib (75% contro 30%).

Dose piena di pacritinib mantenuta nella maggior parte dei casi 
Per quanto riguarda il dosaggio dei due farmaci a confronto, la maggior parte dei pazienti nel braccio di pacritinib ha continuato a ricevere la dose iniziale alle settimane 12 e 24 di trattamento.

Al contrario, nei pazienti trattati con ruxolitinib la dose mediana iniziale è risultata di 10 mg al giorno (con intervallo inter quartile [IQR] 10-10) al basale, 10 mg al giorno alla settimana 12 (con IQR 0-10) e 10 mg alla settimana 24 ( con IQR 0-20).

Analisi della sicurezza
Sul fronte della sicurezza, l’incidenza degli eventi avversi è stata simile nei pazienti trattati con pacritinib e in quelli trattati con ruxolitinib: 33% contro 33%, rispettivamente, per quanto riguarda la trombocitopenia, 30% contro 25% per quanto riguarda l’anemia, 19% contro 17% per gli eventi emorragici di grado 3 o superiore e 26% contro 33% per gli eventi cardiaci di qualsiasi grado.

Nei pazienti trattati con pacritinib si sono registrati una maggiore incidenza di diarrea di grado 3 o superiore (1,5% contro 0%, rispettivamente) e di infezioni di qualsiasi grado (47% contro 33%).

Nei pazienti trattati con ruxolitinib, invece, si sono registrati un tasso più alto di infezioni di grado 3 o superiore rispetto a quelli trattati con pacritinib: 17% contro 11%.

Per quanto riguarda gli eventi avversi fatali, i decessi sono stati quasi quattro volte più numerosi nel gruppo trattato con ruxolitinib rispetto al gruppo trattato con pacritinib: 25% e 7%, rispettivamente.

Pacritinib in attesa di approvazione
Sviluppato dalla biotech statunitense CTI BioPharma, pacritinib non è ancora approvato dalle autorità regolatorie.

Il farmaco è attualmente al vaglio della Food and Drug Administration (Fda) come trattamento per i pazienti con mielofibrosi primaria o secondaria a rischio intermedio o alto e con una conta piastrinica di base inferiore a 50 x 109/l.

Nel novembre 2021, l’agenzia statunitense ha reso noto di aver esteso il periodo di revisione della domanda di approvazione di pacritinib, basata sui risultati degli studi PERSIST-2, PERSIST-1 (NCT01773187) e PAC203 (NCT03165734), e la nuova data per la decisione è fissata il 28 febbraio 2022.

Bibliografia
J. Mascarenhas, et al. A Retrospective Head-to-Head Comparison between Pacritinib and Ruxolitinib in Patients with Myelofibrosis and Moderate to Severe Thrombocytopenia. ASH 2021. Abstract 3639. Link