Pirfenidone efficace per interstiziopatia polmonare e artrite reumatoide


Interstiziopatia polmonare associata ad artrite reumatoide: buoni risultati con pirfenidone secondo i dati di un trial clinico di fase II

Interstiziopatia polmonare associata ad artrite reumatoide: buoni risultati con pirfenidone secondo i dati di un trial clinico di fase II

Pirfenidone potrebbe rallentare il declino della funzione polmonare nei pazienti affetti da interstiziopatia polmonare associata ad artrite reumatoide (AR). Queste le conclusioni dello studio TRAIL1, il primo trial clinico randomizzato che ha focalizzato l’attenzione su questo specifico sottrogruppo di pazienti con AR e interrotto prematuramente causa Covid-19, presentato nel corso dei lavori del Congresso dell’American College of Rheumatology.

I presupposti e gli obiettivi dello studio
L’intestiziopatia polmonare associata all’AR è una comorbilità che è responsabile dell’osservazione di eventi di morte prematura nel 10% dei pazienti affetti da questa condizione.
E’ causa di insorgenza di fibrosi polmonare e di insufficienza respiratoria progressive che portano alla perdita di capacità polmonare e, da ultimo, alla progressione all’evento letale.

TRAIL-1, questo il nome dello studio presentato al Congresso, è un trial clinico randomizzato e controllato vs. placebo di fase 2 vs. placebo, si è proposto di valutare l’efficacia e la sicurezza di pirfenidone in questo particolare sottogruppo di pazienti con AR.

La scelta si è focalizzata su pirfenidone, un farmaco notoriamente impiegato nei pazienti affetti da fibrosi polmonare idiopatica, una malattia polmonare fibrotica che ha molte somiglianze con l’interstiziopatia polmonare associata all’AR.

Disegno dello studio e risultati principali
Lo studio ha incluso pazienti adulti con diagnosi di interstiziopatia polmonare associata all’AR, provenienti da 33 centri specialistici dislocati in 4 Paesi.

L’endpoint primario dello studio era rappresentato dall’incidenza di un outcome composito rappresentato da un declino, rispetto al basale, della capacità vitale forzata (FVC) – espressa in valori assoluti o in percentuale – pari o superiore al 10% o dall’evento letale nel corso delle 52 settimane di conduzione del trial.

Tra gli endpoint secondari chiave considerati vi era, invece, la variazione di FVC – in valori assoluti o in percentuale nel corso di un anno.

La valutazione sulla safety del trattamento è stata effettuata in base alla rilevazione delle differenze tra i bracci di trattamento relativamente al tassi di eventi avversi (AE), di AE seri, alle riacutizzazioni acute, alle ospedalizzazioni e alla mortalità per tutte le cause.

I ricercatori si erano proposti di randomizzare al trattamento almeno 270 individui; purtroppo lo studio è stato interrotto in ragione di un rallentamento del processo di reclutamento dei pazienti dovuto a fattori esterni (pandemia Covid-19).

Alla luce di questi fattori, 123 pazienti, alla fine, hanno fornito il consenso informato a partecipare allo studio clinico e sono stati randomizzati ad uno dei due trattamenti previsti dal protocollo.

Dall’analisi dei dati di efficacia, ricordando l’interruzione anticipata del reclutamento per le ragioni dette sopra, lo studio non ha avuto la potenza statistica necessaria per vedere soddisfatto l’endpoint primario composito: la proporzione di pazienti che lo ha raggiunto, infatti, è stata pari all’11% nel gruppo pirfenidone e al 15% nel gruppo placebo [OR=0,67; IC95%= 0,22-2,03), p=0,48].

Viceversa, I dati sugli endpoint secondari relativi alla variazione della funzione polmonare nel tempo hanno mostrato un chiaro vantaggio di pirfenidone rispetto al placebo.
Nello specifico, i pazienti in terapia con pirfenidone hanno mostrato un rallentamento del tasso di declino della funzione polmonare – misurato come variazione annuale stimata della FVC espressa sia in termini assoluti (-66 vs. -146 ml; p=0,0082) che in percentuale (-1,02 vs. -3,21; p=0,0028).

Non solo: il rallentamento del declino della funzione polmonare osservato con pirfenidone è stato dimostrato anche tra i partecipanti allo studio con pattern di interstiziopatia polmonare standard al basale rilevato mediante esame di tomografia computerizzata a risoluzione elevata (HRTC) (FVC(ml)(-43 vs. -169, p=0,0014) e FVC% (-0,2 vs. -3,81, p=0,0002).

Da ultimo, per quanto riguarda la safety, non sono state rilevate differenze significative tra i due gruppi in studio in relazione al tasso di AE seri emersi a seguito del trattamento assegnato dalla randomizzazione.

Limiti e pregi dello studio
Pur non essendo stato in grado di soddisfare l’endpoint primario per cause esterne, i dati del trial sull’endpoint secondario della variazione della funzione polmonare sembrano documentare il maggior beneficio del trattamento con pirfenidone nel rallentare il deterioramento della funzione polmonare in questo particolare sottogruppo di pazienti.

Nel complesso, dunque, i dati sembrano incoraggianti in quanto sembrano dimostrare l’efficacia  del trattamento in una popolazione di pazienti (artrite reumatoide) già sottoposti a terapia per la loro patologia primaria, e non suggeriscono problemi di safety dalla paventata interazione farmacologica di più trattamenti utilizzati per le due condizioni concomitanti (AR e interstiziopatia polmonare).

Bibliografia
Solomon J et al. A Randomized, Double-Blinded, Placebo-Controlled, Phase 2 Study of Safety, Tolerability and Efficacy of Pirfenidone in Patients with Rheumatoid Arthritis Interstitial Lung Disease [abstract L10]. Arthritis Rheumatol. 2021; 73 (suppl 10).