Leucemia linfatica cronica: ibrutinib efficace con ublituximab e umbralisib


Leucemia linfatica cronica: con ibrutinib più ublituximab e umbralisib per un tempo limitato MRD non rilevabile nel 77% dei pazienti

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L’aggiunta di una doppietta costituita da ublituximab e umbralisib (regime U2) all’inibitore di BTK ibrutinib produce remissioni durature con un profilo di tollerabilità favorevole nei pazienti con leucemia linfocitica cronica che hanno una malattia minima residua (MRD) ancora rilevabile dopo una precedente terapia con ibrutinib. È quanto emerge dai risultati di uno studio di fase 2 (NCT04016805) presentato durante il congresso annuale dell’American Society of Hematology (ASH).

In questa sperimentazione, con un approccio di tipo personalizzato, il 77% dei pazienti trattati con la tripletta ha raggiunto una MRD non rilevabile, con un tempo mediano di raggiungimento della prima non rilevabilità dell’MRD di 7,4 mesi. In più, il 4% dei pazienti ha interrotto il trattamento dopo 24 cicli e ha continuato ad avere una MRD non rilevabile. Il 19% dei pazienti resta in terapia con una MRD rilevabile, ma con la possibilità di raggiungere livelli non rilevabili.

«Questo è il primo approccio non contenente venetoclax, guidato dall’MRD e di durata limitata nel tempo che utilizza la combinazione di un inibitore di BTK, un inibitore di PI3K e un anticorpo monoclonale anti-CD20» ha dichiarato Lindsey E. Roeker, autrice principale dello studio e membro del CLL Program presso il Memorial Sloan Kettering Cancer Center di New York. «Quest’approccio ‘add-on’ per pazienti in trattamento continuativo con ibrutinib si è tradotto in remissioni profonde, che hanno permesso di adottare una terapia personalizzata e di durata limitata nel tempo e un’osservazione prolungata senza trattamento».

Strategia ‘add-on’ di durata limitata nel tempo
Il trattamento dei pazienti con leucemia linfatica cronica con terapie di combinazione di durata limitata nel tempo ha mostrato di produrre alti tassi di risposta obiettiva, anche duratura. Tuttavia, questi regimi sono gravati da un’alta incidenza di tossicità e un rischio di sovratrattamento per i pazienti a esito favorevole. Inoltre, è stato dimostrato che il trattamento continuativo con ibrutinib in monoterapia aumenta il rischio di tossicità cumulativa e di resistenza acquisita.

Gli sperimentatori hanno ipotizzato che dopo un certo periodo di trattamento con ibrutinib sarebbe stato possibile identificare un sottogruppo di pazienti che dopo aver risposto all’inibitore di BTK avevano ancora una MRD rilevabile e per i quali un approccio di combinazione avrebbe prodotto un certo beneficio.

Inoltre, si sono chiesti se fosse stato possibile convertire la terapia continuativa pianificata in una di durata limitata nel tempo. «Nel nostro studio abbiamo utilizzato un approccio ‘add-on’, in cui abbiamo considerato solo i pazienti che dopo un periodo iniziale di trattamento con ibrutinib in monoterapia avevano ancora una MRD rilevabile, impedendo così un sovratrattamento di coloro che invece avrebbero potuto raggiungere una remissione più profonda con meno farmaci, e abbiamo aggiunto un approccio di combinazione fino a quando i pazienti hanno raggiunto un’MRD non rilevabile» ha spiegato l’autrice.

Triplice terapia
Gli sperimentatori hanno scelto di associare a ibrutinib il regime U2. Ublituximab è un anticorpo monoclonale anti-CD20 glicogenico che ha mostrato di avere una maggiore citotossicità cellulare anticorpo-dipendente rispetto a rituximab, mentre umbralisib è un nuovo inibitore orale della PI3K-delta e di CK1-epsilon che ha dimostrato di avere una maggiore ritenzione della capacità soppressiva delle cellule T-reg rispetto ad altri agenti come idelalisib o duvelisib, oltre che bassi tassi di tossicità immunomediata.

Il regime U2 non è ancora stato approvato, ma i dati di un precedente studio di fase 3, lo studio UNITY CLL (NCT0212311), hanno dimostrato che questa combinazione migliora in modo significativo la sopravvivenza libera da progressione (PFS) rispetto a obinutuzumab più clorambucile nei pazienti con leucemia linfatica cronica.

Si prevede, inoltre, che entro il primo quadrimestre del 2022 l’Oncologic Drugs Advisory Committee della Food and Drug Administration esaminerà la domanda di approvazione del regime U2 come trattamento per i pazienti adulti con leucemia linfatica cronica o linfoma a piccoli linfociti. La riunione del comitato consultivo dovrebbe tenersi nel marzo o nell’aprile 2022.

Studio di fase 2
Lo studio presentato dalla Roeker all’ASH è un trial multicentrico, in aperto, nel quale sono stati arruolati pazienti che avevano ricevuto ibrutinib, in qualsiasi linea, per almeno 6 mesi e che avevano ancora una MRD rilevabile.

I pazienti hanno continuato l’inibitore di BTK alla dose precedentemente tollerata e successivamente a ibrutinib è stato aggiunto il regime U2. Umbralisib è stato somministrato alla dose di 800 mg/die e ublituximab alla dose di 900 mg. La dose di ublitixumab è stata suddivisa il giorno 1, e poi nei giorni 8 e 15, durante il ciclo 1; successivamente l’anticorpo è somministrato il giorno 1 dei cicli dal 2 al 6, e il giorno 1 ogni 3 cicli successivi. Lo stato della MRD è stato valutato ogni 3 cicli di trattamento.

Per i pazienti che raggiungevano la non rilevabilità della MRD, la valutazione dell’MRD veniva ripetuta dopo 28 giorni e coloro che per due volte consecutive avevano una MRD non rilevabile nel sangue periferico entravano in un periodo di osservazione senza trattamento. A prescindere dallo stato dell’MRD, i pazienti potevano ricevere un massimo di 24 cicli di trattamento con la tripletta, prima di entrare nella fase di osservazione senza trattamento.

Il protocollo dello studio prevedeva, inoltre, che i pazienti che andavano incontro a progressione dopo essere stati in osservazione senza trattamento per almeno 6 mesi potessero essere ritrattati con la tripletta.

L’endpoint primario dello studio era il tasso di MRD non rilevabile, considerando promettente la combinazione in presenza di un tasso di conversione dellìMRD da rilevabile a non rilevabile almeno del 25%.

Tra gli endpoint secondari vi sono invece la sicurezza e la durata del beneficio clinico dopo l’interruzione del trattamento.

Le caratteristiche dei pazienti
I pazienti in cui si è potuta valutare la sicurezza sono risultati 28, mentre 27 quelli in cui si è potuta valutare l’efficacia.

L’età mediana dei pazienti era di 64 anni (range, 48-81), il 79% era di sesso maschile e la maggior parte (26 pazienti) aveva un performance status ECOG pari a 0. La durata mediana del trattamento precedente con ibrutinib era di 21 mesi (range, 7-67) e la miglior risposta al trattamento era stata una risposta parziale.

Inoltre, quasi il 70% dei pazienti aveva ricevuto ibrutinib come trattamento di prima linea, mentre i restanti come trattamento per la malattia recidivata o refrattaria. Il numero di linee di trattamento precedenti di trattamento effettuate (escludendo il trattamento in corso con ibrutinib) era pari a uno (range: 1-2) e tutti i partecipanti erano stati sottoposti precedentemente alla chemioterapia.

Per quanto riguarda le caratteristiche molecolari e citogenetiche, il 67% dei pazienti aveva IGHV non mutate, il 21% era portatore della delezione (del) (11q) e il 7% della del(17p).

I dati di efficacia
«Di coloro che sono stati trattati con la tripletta, il 77% ha raggiunto una MRD non rilevabile. Diciassette pazienti sono entrati nel periodo di osservazione senza trattamento», ha riferito la Roeker. L’autrice ha aggiunto che un paziente sottoposto all’osservazione senza trattamento è progredito e ha richiesto una terapia successiva entro 6 mesi dall’interruzione del trattamento, per cui non era idoneo per il ritrattamento secondo il protocollo.

Il tempo mediano di osservazione senza trattamento è stato di 11 mesi e dei 17 pazienti che hanno interrotto la terapia, il 53% è rimasto con una MRD non rilevabile.

Anche se si è registrato un caso di progressione, ha sottolineato la Roeker, nel complesso i dati di sopravvivenza libera da progressione (PFS) ottenuti con la tripletta sono stati eccellenti.

L’autrice ha poi aggiunto che l’analisi dei livelli assoluti di assoluti di MRD nel tempo, ha evidenziato come nei pazienti trattati con la tripletta questi siano diminuiti nel tempo.

La sicurezza della triplice
Per quanto riguarda la sicurezza del trattamento, gli eventi avversi di qualsiasi grado più comuni sono stati diarrea (32%), ipertensione (18%), anemia (18%), contusioni (18%), affaticamento (18%), aumento delle transaminasi (14%), tosse (14%), cefalea (14%), nausea (14%), COVID-19 (11%), diminuzione dell’appetito (11%) e calo di peso (11%).

L’evento avverso di grado 3/4 più frequente è stato la diarrea (4%), seguita da ipertensione (7%), aumento delle transaminasi (4%) e COVID-19 (4%).

Due pazienti hanno interrotto completamente i farmaci a causa di tossicità, di cui uno per rash e l’altro per rash e artralgia, ed entrambi avevano una MRD non rilevabile al momento dell’interruzione. Inoltre, è stato registrato un decesso a causa di complicazioni legate alla COVID-19 103 giorni dopo aver interrotto il trattamento con il regime U2.

Lo studio è ancora in corso e gli sperimentatori stanno continuando ad arruolare pazienti; inoltre, si aggiungeranno altre coorti in cui si valuterà l’aggiunta della doppietta U2 ad agenti come acalabrutinib o venetoclax.

Bibliografia
Roeker LE, et al. A phase 2 study evaluating the addition of ublituximab and umbralisib (U2) to ibrutinib in patients with chronic lymphocytic leukemia (CLL): a minimal residual disease (MRD)-driven, time-limited approach. Blood (2021) 138 (Supplement 1): 395. Link