Gli ecosistemi resistono più del previsto ai punti di non ritorno


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Sentiamo spesso dire che, data la crisi climatica in corso, potremmo raggiungere un “punto di non ritorno”, cioè una condizione irreversibile per cui, per esempio, una zona potrebbe diventare desertificata irrimediabilmente.

Oggi, un gruppo internazionale di scienziati di cui fa parte anche Mara Baudena dell’Istituto di scienze dell’atmosfera e del clima (Isac) del Cnr di Torino, è giunto ad una conclusione sorprendente, come riporta un lavoro di ricerca pubblicato nell’ottobre 2021 su Science. “Dobbiamo fare tutto il possibile per fermare il cambiamento climatico”, dichiarano gli autori in completo accordo con l’ultimo preoccupante rapporto dell’IPCC, l’agenzia ONU per i cambiamenti climatici. “La matematica, però, ci mostra che il concetto di “punti di non ritorno” è troppo semplificato: gli ecosistemi e la terra potrebbero essere più resilienti di quanto si pensasse finora”.

Il lavoro è stato guidato da matematici ed ecologi delle Università di Utrecht e Leiden nei Paesi Bassi. La ricerca ha analizzato i “punti di non ritorno” tenendo conto delle interazioni e dinamiche in un contesto esteso spazialmente. La formazione di strutture regolari nello spazio, come per esempio quelle illustrate in figura, era spesso considerata un segno che il sistema si stava avvicinando a un “punto di non ritorno”. Invece, nuove analisi di modelli matematici e osservazioni da satellite hanno permesso di appurare che le strutture spaziali rendono gli ecosistemi più resilienti, rimanendo più stabili di quanto si pensasse anche ai cambiamenti climatici. “Questo è vero per gli ecosistemi desertici, ma la matematica indica che può essere vero per sistemi di molti tipi, se sono grandi abbastanza da formare strutture spaziali”m dichiara il prof. Max Rietkerk dell’Università di Utrecht. Quali sistemi sono davvero pronti a superare “punti di non ritorno”, dunque? “Dobbiamo riporci la domanda da capo, considerando anche queste dinamiche nello spazio”.

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