Scompenso cardiaco: inibitori SGLT2 riducono ricoveri


Scompenso cardiaco: meno decessi e ricoveri con gli inibitori SGLT2 in vasta gamma di frazioni d’eiezione secondo nuove ricerche

Scompenso cardiaco: meno decessi e ricoveri con gli inibitori SGLT2 in vasta gamma di frazioni d'eiezione secondo nuove ricerche

Pubblicata online sull’ “European Journal of Preventive Cardiology”, una meta-analisi di quasi 10.000 pazienti aggiunge ulteriori prove all’evidenza che gli inibitori del cotrasportatore sodio-glucosio 2 (SGLT2) sono utili nell’insufficienza cardiaca con frazione di eiezione preservata (HFpEF).

Sebbene originariamente sviluppati per trattare il diabete di tipo 2, gli inibitori SGLT2 sono una terapia raccomandata dalle linee guida per l’insufficienza cardiaca con frazione di eiezione ridotta (HFrEF). Il recente studio EMPEROR-Preserved ha suggerito che questi farmaci possono anche ridurre la mortalità cardiovascolare (CV) e l’insufficienza cardiaca nei pazienti con HFpEF, con o senza diabete.

In questo contesto, la nuova meta-analisi condotta su cinque studi con quattro inibitori SGLT2 ha rilevato che i pazienti con insufficenza cardiaca (HF) e frazione di eiezione (EF) > 40% che hanno assunto i farmaci e sono stati seguiti per un massimo di 2 anni hanno avuto riduzioni della mortalità CV o dell’ospedalizzazione per HF (HR 0,78; IC 95%: 0,69-0,87) e della sola ospedalizzazione per HF (HR 0,71; IC 95% 0,61-0,84) rispetto al placebo.

I ricercatori, coordinati da Vassilios S. Vassiliou, della University of East Anglia, a Norwich (UK), affermano che – in assenza di grandi trial randomizzati controllati (RCT) nei pazienti con HFpEF – la meta-analisi fornisce «forti prove» di beneficio con gli inibitori SGLT2.

Sottoanalisi sui casi di “vera” HFpEF
La meta-analisi include gli studi EMPEROR-Preserved condotto con empagliflozin, VERTIS-CV con ertugliflozin, DECLARE-TIMI 58 con dapagliflozin, SOLOIST-WHF e SCORED, questi ultimi entrambi con sotagliflozin.

Nel complesso, non ci sono state differenze tra i gruppi placebo e inibitori SGLT2 nei tassi di mortalità CV (HR 1,01; IC 95% 0,80-1,28) o per tutte le cause (HR 1,01; IC 95% 0,89-1,14).

Poiché tutti gli studi nella meta-analisi includevano alcuni pazienti con frazione d’eiezione ventricolare sinistra (LVEF) di grado intermedio o lievemente conservata (< 50%), è stata eseguita una sottoanalisi dei soggetti con LVEF > 50% (n = 5.928).

I primi sono un punto di contesa attuale poiché non sono più considerati veri pazienti HFpEF nelle linee guida europee sullo scompenso cardiaco, recentemente rilasciate, sebbene lo fossero al momento in cui sono stati condotti gli studi nella meta-analisi.

La sottoanalisi dei cosiddetti pazienti con “vera” HFpEF” ha anche mostrato un beneficio degli inibitori SGLT2 rispetto al placebo, con una riduzione dell’endpoint di mortalità CV o ricovero ospedaliero per HF (HR 0,77; IC 95% 0,66-0,91).

L’analisi dei singoli studi e delle sottopopolazioni ha mostrato benefici simili anche se meno evidenti nei pazienti con LVEF più elevata. Nel gruppo EMPEROR-Preserved con LVEF > 50% ma < 60%, per esempio, empagliflozin è stato associato a una riduzione della mortalità CV o dell’ospedalizzazione per HF a un HR di 0,80 (IC 95% 0,64-1,00), e nel sottogruppo con LVEF > 60% l’HR era 0,87 (IC 95% 0,69-1,10).

I risultati della meta-analisi sono in linea con un’analisi dettagliata recentemente presentata dai ricercatori EMPEROR-Preserved alle sessioni scientifiche virtuali dell’American Heart Association (AHA) 2021.

Rispetto al placebo, empagliflozin è stato associato a una significativa riduzione dell’endpoint composito primario di morte CV o primo ricovero per HF, guidato da una riduzione dei primi ricoveri HF in pazienti con LVEF =/> 50%. Non vi è stata alcuna differenza significativa tra i gruppi placebo ed empagliflozin in termini di morte CV.

A tale proposito, Vassiliou e colleghi ritengono che – nonostante il beneficio primario degli inibitori SGLT2 nei soggetti con EF preservata è una riduzione dei ricoveri correlati all’HF piuttosto che un impatto diretto sulla mortalità – si tratti di un endpoint importante in termini di qualità della vita e rapporto costo-efficacia.

«Il follow-up medio dei pazienti della nostra meta-analisi è stato di poco più di 2 anni, quindi è possibile che se fossero stati seguiti più a lungo, avremmo potuto rilevare un effetto sulla mortalità cardiovascolare o sulla mortalità complessiva» osservano gli autori.

Conferme attese dallo studio DELIVER
L’autore principale dei trial SOLOIST-WHF e SCORED –  Deepak Bhatt, del Brigham and Women’s Hospital di Boston – che è stato anche autore senior di una revisione e meta-analisi degli stessi studi prima della pubblicazione di EMPEROR-Preserved, afferma che l’accumulo di dati suggerisce un effetto di classe in un’ampia a gamma di LVEF.

«Con l’aggiunta di EMPEROR-Preserved in questa meta-analisi, si rafforza questo segnale che stiamo vedendo» spiega Bhatt. «Ora ci sono davvero abbastanza dati per utilizzare gli inibitori SGLT2 in pazienti con HF sintomatica in tutto lo spettro della EF, supponendo che gli effetti collaterali o il costo non costituiscano problemi», specie se – circa l’ultimo punto –  tali farmaci evidenziano di essere convenienti dimostrando di compensare costose riospedalizzazioni nei pazienti HFpEF.

Vassiliou e colleghi sostengono che l’attenzione degli specialisti è ora focalizzata sullo studio DELIVER che – in 335 centri – sta attualmente reclutando pazienti con HFpEF senza diabete, puntando a includerne oltre 6.000. Questo RCT internazionale valuterà dapagliflozin in termini di riduzione della mortalità CV o dell’HF nei pazienti con LVEF > 40% ed evidenza di cardiopatia strutturale.

«Se in questo studio, venisse riscontrato un beneficio in tutta la gamma di EF preservate, intendendo con questo anche pazienti con EF =/> 60%, si potrebbe affermare che si tratta di un effetto di classe in termini di beneficio» sostiene Bhatt. Resta da comprendere, aggiunge, se il beneficio diminuisca o meno nei pazienti nella gamma più elevata di LVEF.

«Alcuni studiosi hanno definito gli inibitori SGLT2 come “diuretici intelligenti”: una classificazione che denota una certa saggezza» aggiunge Bhatt. «Aiutano a decongestionare i pazienti e a eliminare liquidi, ma in modo sicuro, senza causa disequilibri nei livelli di potassio né aumentando il rischio di aritmie, come la fibrillazione atriale».

«Le ricerche continuano a svolgersi ma, in questo momento, ci sono molti dati che depongono in favore dell’uso degli inibitori SGLT2 così come diverse linee guida che ne consigliano l’adozione in questa indicazione» conclude Bhatt.

Bibliografia:
Tsampasian V, Elghazaly H, Chattopadhyay R, et al. Sodium glucose co-transporter 2 inhibitors in heart failure with preserved ejection fraction: a systematic review and meta-analysis. Eur J Prev Cardiol. 2021 Dec 1:zwab18. doi: 10.1093/eurjpc/zwab189. [Epub ahead of print] Link