Acido urico, ipertensione e losartan: i 10 punti chiave


Perché l’acido urico peggiora l’ipertensione? Quali sono gli effetti di losartan? Lo spiegano il prof. Claudio Borghi e il prof. Roberto Pontremoli

Prevenzione cardiovascolare: studi evidenziano una maggiore efficacia antipertensiva di losartan grazie al suo effetto uricosurico ancillare

Nel corso dell’incontro virtuale “Losartan ed effetto uricosurico”, è stato ampiamente evidenziato il rapporto esistente tra iperuricemia e ipertensione arteriosa, da un lato, e, dall’altro, il ruolo di losartan, antagonista del recettore II dell’angiotensina con importante ruolo ancillare ipouricemizzante. Essendo i farmaci indicarti per la riduzione dell’iperuricemia asintomatica e della gotta appartenenti a un’altra classe di farmaci, losartan acquista un valore nei pazienti con ipertensione iperuricemico.

Al termine dell’evento, il prof. Claudio Borghi, ordinario di Medicina Interna dell’Università di Bologna, e il prof. Roberto Pontremoli, ordinario di ordinario di Nefrologia dell’Università di Genova, hanno voluto approfondire l’argomento rispondendo a 10 domande chiave.

1) Perché l’acido urico peggiora l’ipertensione e quali sono i valori soglia per intervenire?
I principali meccanismi di interazione tra acido urico e ipertensione arteriosa possono essere riassunti nei seguenti punti (vedi Tabella 1):


Tabella 1 – Possibili meccanismi di interazione tra acido urico e ipertensione arteriosa

  • una possibile combinazione con altri fattori di rischio nello stesso soggetto;
  • il deposito di urato a livello della parete dei vasi, che potrebbe cambiare il loro calibro contribuendo quindi allo sviluppo di ipertensione, nonostante sia noto che l’ipertensione si sviluppa per livelli molto inferiori a quelli di deposizione dell’acido urico;
  • il ruolo giocato dalla predisposizione genetica che può essere sostanziale; non tenuta in considerazione per lunghi anni oggi tale fattore è ritornato in primo piano sulla base di alcune evidenze che potrebbero avere ricadute vantaggiose anche in termini terapeutici;
  • il danno renale subclinico, ovviamente (occorre però specificare che nei pazienti nei quali l’aumento dell’acido urico avviene per questo motivo, non si realizzano quelle condizioni di interazioni fra uricemia e ipertensione alle quali facciamo riferimento, pur essendo questa una popolazione di pazienti che trae un notevole beneficio dal trattamento con losartan, che ha anche una capacità rilevante di protezione renale;
  • l’aumento dello stress ossidativo, che al momento costituisce l’ipotesi più accreditata, è generato dalla produzione di acido urico attraverso l’attivazione della xantina ossidasi; ciò fa sì che lo stesso acido urico prodotto in eccesso circoli in maniera proporzionale rispetto all’attivazione della xantina ossidasi stessa.

Riguardo i livelli di intervento, per molto tempo si è usato come riferimento la reumatologia, per cui si pensava che anche in ambito cardiovascolare i livelli potenzialmente pericolosi fossero superiori a 6,5 o addirittura a 7 mg/dl. I dati di uno studio olandese invece mostrano chiaramente come il rischio relativo legato all’aumento dei livelli di acido urico sia osservabile per livelli superiori a 5,4 mg/dl, molto al di sotto di quello suggerito dalle linee guida di tipo reumatologiche e altamente frequente, al contrario, nei soggetti ipertesi.

2) Con quale meccanismo losartan riduce i livelli di acido urico, e di quanto?
Losartan è capace di indurre un aumento dell’escrezione urinaria di acido urico e di conseguenza una riduzione dei valori di uricemia, in quanto inibisce l’attività di Urat1, trasportatore tubulare renale che riassorbe l’acido urico. Quando si inibisce questo trasportatore, aumenta l’escrezione urinaria di acido urico e ne consegue una riduzione dell’uricemia.

Uno studio ha mostrato come, nei pazienti che avevano varie condizioni genetiche, incluso un sottogruppo di pazienti che aveva una forma di iperuricemia con un’alterazione del trasportatore Urat1, l’utilizzo di candesartan non modificava i livelli di acido urico, quelli di losartan ne aumentava l’escrezione urinaria; con benzbromarone, un farmaco uricosurico un tempo usato come ipouricemizzante, che ha la caratteristica di inibire Urat1 e di provocare l’aumento dell’escrezione urinaria di acido urico: lo stesso effetto si ottiene, in misura minore ma sempre statisticamente significativa, con losartan.

Bisogna inoltre tenere in considerazione che nei pazienti ipertesi ad alto rischio cardiovascolare con funzione renale normale arruolati nello studio Life, l’aumento dell’escrezione urinaria di acido urico non si associa a un aumento di rischio di calcolosi uratica in quanto losartan provoca anche alcalinizzazione urinaria e ciò evita che l’acido urico precipiti. L’alcalinizzazione sistemica e urinaria è uno dei primi presidi terapeutici per la calcolosi uratica.

3) L’azione uricosurica è una peculiarità di questo farmaco oppure un effetto di classe comune ai sartani?
Questa caratteristica è specifica di losartan. Se si valutano gli studi che confrontano l’effetto sui livelli di acido urico della terapia con losartan rispetto a quella con irbesartan per 48 settimane, si ottiene che i valori di acido urico si riducano con losartan ma non con irbesartan. Questa riduzione si mantiene anche dopo otto settimane.

Studi analoghi sono stati condotti con valsartan e con candesartan e in tutti vi è evidenza che l’effetto uricosurico è tipico di losartan, per le sue caratteristiche farmacologiche, in questo caso non legate all’attività dell’angiotensina o al blocco del recettore per l’angiotensina II ma correlate a un aspetto tubulare, non condiviso da altri farmaci della stessa classe.

4) Quanto può incidere l’effetto di riduzione dell’acido urico sierico ottenuto con losartan nella protezione cardiovascolare documentata con questo farmaco?
Si tratta di un aspetto di losartan interessante e caratteristico di questa singola molecola e che ha un impatto nella pratica clinica, come valutabile nei due studi principali di intervento nei quali losartan è stato coinvolto, ovvero lo studio Renaal e lo studio Life.

Nell’ambito dello studio Renaal, l’endpoint principale era la sopravvivenza, dal punto di vista delle caratteristiche della funzionalità renale, ma con un impatto sugli aspetti cardiovascolari maggiori. Si è osservato chiaramente come la variazione della concentrazione di acido urico dopo 6 mesi di terapia sia correlati a morbilità e mortalità cardiovascolari e al rischio di ospedalizzazione per insufficienza cardiaca.

In entrambi i casi si rileva come i pazienti che nel corso dello studio presentarono una diminuzione dei livelli di acido urico abbiano dimostrato una riduzione di entrambi gli eventi cardiovascolari; i pazienti trattati con placebo, nei quali il trattamento prevedeva la sola riduzione pressoria senza l’effetto uricosurico del trattamento con losartan, mostravano un incremento progressivo dell’incidenza di eventi cardiovascolari, proporzionale all’incremento dei livelli circolanti di acido urico (Figura 1).

Figura 1 – Studio RENAAL. Una riduzione iniziale dei livelli sierici di acido urico durante il trattamento con il sartano è associato a protezione cardiovascolare.

Nello studio Life di confronto tra losartan e atenololo in una popolazione di pazienti ipertesi ad alto rischio con ipertrofia ventricolare sinistra, si è cercato di capire quale fosse il contributo stimato, in termini di prevenzione degli eventi, correlabile alla riduzione dei livelli di acido urico.

Si è potuto appurare come la sola riduzione dei livelli di acido urico fosse responsabile di quasi il 30% della riduzione degli eventi cardiovascolari globali nella popolazione, con una lieve differenza tra i soggetti di sesso maschile e quelli di sesso femminile. Possiamo quindi concludere che i grandi studi di intervento hanno dimostrato come la riduzione dei livelli di acido urico ottenuta con losartan abbia un impatto estremamente significativo sulla qualità del risultato e sulla entità del beneficio clinico ottenuto.

5) Quale relazione è stata osservata tra la variazione dell’acido urico e l’esito renale?
Per quasi vent’anni molti clinici hanno tratto un’impressione favorevole dal fatto che una percentuale così elevata del beneficio dimostrato con losartan nello studio Life fosse attribuibile alle variazioni dei livelli di acido urico. Questo risultato può essere traslato nel contesto più complesso della malattia renale cronica in condizioni di diabete tipo 2.

La popolazione arruolata dello studio Renaal è costituita da persone con diabete, che presentano nefropatia diabetica nella sua fase conclamata, ovvero pazienti con un’albuminuria o una proteinuria clinica, significativa, spesso superiore a 1 g, e che presentavano già una riduzione del filtrato glomerulare. Sono pertanto soggetti considerati a rischio davvero molto elevato. Anche nello studio Renaal (Figura 2) si osserva come vi sia una correlazione tra le variazioni dei livelli di acido urico e l’esito renale, inteso come il composito di raddoppio della creatinina, raggiungimento dello stadio terminale della malattia renale, aumento della proteinuria, trapianto, morte renale, tutti elementi caratteristici del peggioramento del danno d’organo.

Si può osservare come la sopravvivenza renale sia diversa in relazione all’andamento dei livelli di acido urico. Le tre curve identificano i tre terzili; il primo, la linea nera, rappresenta i pazienti che hanno avuto una variazione di uricemia maggiore o uguale a 0,5 mg/dl, mentre la linea più chiara raccoglie i pazienti che hanno presentato un aumento dei livelli di acido urico nel corso dello studio. Si conferma quindi che una riduzione dei livelli di acido urico è favorevole e si ipotizza una variazione del 6% del rischio relativo per una riduzione di 0,5 mg/dl di acido urico rispetto ai valori basali.

Figura 2 – Studio RENAAL. La riduzione di acido urico (SUA) è associata a un effetto benefico sugli esiti cardiaci e renali.

6) Oggi si parla molto di associazioni e polipillole. Come si posiziona losartan in questo approccio di trattamento?
Losartan si inserisce ottimamente nel discorso delle associazioni e delle polipillole, che uniscono tra loro farmaci in grado di intervenire su diversi fattori del rischio cardiovascolare, come antiaggreganti piastrinici, statine e antipertensivi. Utilizzare le polipillole migliora in modo significativo l’aderenza terapeutica, con una differenza stimabile nel complesso attorno al 30%, con conseguente miglioramento dell’efficacia (Figura 3).

Figura 3 – Quota di partecipanti aderenti alla terapia di combinazione  in studi con la polipillola.

I risultati dello studio Polyiran, concernente una polipillola nella quale sono contenuti anche farmaci che modulano i livelli di colesterolo, dimostrano come l’uso di combinazioni di farmaci in combinazione fissa e in monosomministrazione, si associ a una riduzione di oltre il 50% della scarsa aderenza al trattamento, combinata a una riduzione di oltre il 30% degli eventi cardiovascolari maggiori.

7) In sintesi, quali sono i motivi principali che supportano la validità e l’unicità di losartan nel trattamento dell’ipertensione?

  • I sartani sono raccomandati dalle linee guida per il trattamento dell’ipertensione, insieme ad altre classi di farmaci; a differenza di altre classi, presentano una minore incidenza di effetti indesiderati e di conseguenza anche un’aderenza maggiore. Losartan appartiene a una classe di farmaci inibitori dell’angiotensina alla quale il medico normalmente pensa quando deve trattare un paziente iperteso, sia esso ad alto o a basso rischio cardiovascolare.
  • Losartan soddisfa tutti i requisiti di questa classe, a cominciare dell’efficacia antipertensiva, cardine fondamentale della riduzione del rischio cardiovascolare.
  • I risultati degli studi Life ed Renal, due tra i migliori studi che sono stati condotti negli ultimi 20-30 anni nel mondo cardiovascolare, hanno dimostrato che, a parità di riduzione dei valori pressori, losartan era in grado di ridurre maggiormente la mortalità e gli eventi cerebro-cardiovascolari rispetto ad atenololo.
  • Quest’ultimo è ancora molto usato ed è un farmaco che ha un effetto antipertensivo di tutto rilievo. Importante ricordare che in questi due studi il confronto della mortalità tra farmaci era a dosi in grado di ridurre in modo analogo i valori pressori; ciò consente di verificare la differenza di esito sulla base di un uguale effetto antipertensivo. In particolare è stata osservata l’efficacia antipertensiva e si è evidenziato un beneficio superiore rispetto a due ‘competitor’, atenololo nel Life e il placebo (inteso come una generale terapia antipertensiva) nel Renaal.
  • In relazione alla variazione dei valori di iperuricemia, fattore predittivo di rischio sia renale sia cardiovascolare e condizione molto frequente tra i pazienti ipertesi, l’utilizzo di losartan consente con un suo effetto specifico di ridurre i valori di acido urico, oltre a esercitare il ruolo principale di antipertensivo, diminuendo gli eventi cardio e cerebrovascolari. L’associazione tra la variazione dei livelli di acido urico e la protezione cardiovascolare non è casuale ma causale, cioè le variazioni di acido urico sono in grado di spiegare una quota rilevante, significativa di questo beneficio.
  • Losartan ha dimostrato di essere un farmaco efficace, sicuro e anche economico nei pazienti con ipertensione e anche in quelli con ipertrofia ventricolare sinistra, un danno d’organo subclinico. Nello studio Life informazioni addizionali hanno chiarito che losartan è meglio di atenololo non solo perché riduce la mortalità e gli eventi cardiocerebrovascolari ma anche perché diminuisce il rischio di fibrillazione atriale e diabete, oltre a ridurre l’albuminuria e l’uricemia, contribuendo a una migliore protezione cardiaca e cerebrovascolare.
  • È emerso per la prima volta nello studio Life che i pazienti con ipertrofia ventricolare sinistra presentano un rischio maggiore di avere ictus e anche in questi pazienti losartan è risultato migliore di atenololo.

8) Che cosa emerge da un confronto tra sartani in termini di azione antipertensiva e protezione dal rischio cardiovascolare? 
Numerosi studi hanno confrontato l’efficacia dei diversi sartani tra loro ma non esistono grandi differenze in termini numerici; sostanzialmente i sartani tendono a comportarsi come una classe omogenea. In pratica, solo lo studio Life raggiunge un livello di superiorità statisticamente significativa in termini di mortalità per tutte le cause.
Gli altri studi in un Forrest plot si collocano sostanzialmente in una linea centrale, per cui si può dire che, nell’ipotesi più restrittiva, losartan è esattamente sovrapponibile agli altri farmaci della stessa classe; se si analizzano le meta-analisi a livello dello scostamento dalla linea centrale, quindi dalla linea dello zero, sicuramente per Life esistono evidenze di una superiorità che non è stata dimostrata per nessuno degli altri sartani impiegati in popolazioni di pazienti cardiovascolari ad alto rischio (Figura 4).

Figura 4 – Meta-analisi di studi sull’ipertensione: effetto degli ACE-inibitori e i sartani sulla mortalità totale.
Riguardo lo studio Renaal la situazione è diversa, perché l’endpoint non riguardava la mortalità totale o la mortalità cardiovascolare, ma quella renale.
In termini di nefro protezione, i sartani si comportano in maniera relativamente omogenea, ma molto probabilmente questo è legato al loro effetto principale e vale soprattutto per i due principali capostipiti, irbesartan e losartan.
Candesartan determina un effetto molto più modesto mentre olmesartan ha dimostrato un beneficio sulla riduzione della nefropatia di nuova insorgenza, cioè sulla comparsa di proteinuria, ma ha dato pessimi esiti sotto il profilo cardiovascolare.
Nel bilancio generale, pertanto, emerge che losartan è migliore rispetto agli altri farmaci della stessa classe perché si è comportato in maniera efficace ed omogenea in tutte le diverse popolazioni nelle quali è stato utilizzato.
9) Quali vantaggi comporta e in quali pazienti l’impiego di Losazid, cioè l’associazione di losartan con idroclorotiazide (HCTZ)?
L’associazione di losartan con idroclorotiazide ha un razionale basato su molteplici considerazioni.
Innanzitutto il razionale fisiopatologico: un diuretico è la naturale associazione con un farmaco che riduce l’angiotensina, perché l’effetto antipertensivo è additivo e perché l’effetto di riduzione della volemia indotta dal diuretico comporta di solito un lieve aumento dei valori di angiotensina; in altre parole, un farmaco anti-angiotensina come un sartano a volte può avere una limitazione nell’effetto antipertensivo per il fatto che la volemia non viene ridotta.
Questi due principi terapeutici, il farmaco inibitore del sistema renina angiotensina, e precisamente del recettore per l’angiotensina II, e il diuretico hanno un effetto sinergico che non soltanto è complementare da un punto di vista fisiopatologico, ma è additivo.
Questa associazione, con un forte razionale fisiopatologico, consente di ottenere un effetto antipertensivo particolarmente buono e di conseguenza sono visibili tutti quei benefici che si osservano in presenza di combinazioni di successo (si riducono il numero delle assunzioni, migliora la tollerabilità e l’aderenza alla terapia, e di conseguenza – in questo caso – il controllo della pressione).
Quando si utilizza un diuretico, l’acido urico aumenta lievemente perché aumenta il suo riassorbimento a livello renale a causa dell’aumentata natriuresi; l’associazione con un farmaco che oltre a essere un inibitore del recettore per l’angiotensina II diminuisce il riassorbimento di acido urico ha pertanto un razionale molto forte.
Nei pazienti in triplice terapia con losartan, diuretico e-calcio antagonista, utilizzare l’associazione fissa di diuretico e losartan consente di avere come farmaco singolo il calcio-antagonista che è il principio attivo di più facile titolazione per gestire con una maggiore flessibilità eventuali effetti collaterali o cali pressori (per esempio nei mesi invernali rispetto ai mesi estivi),
L’associazione è utilizzabile in tutti i pazienti, in presenza di ipertensione ad alto rischio; è impiegabile anche in tutti i fenotipi presenti negli studi Life e Renaal, cioè pazienti con ipertrofia ventricolare sinistra, microalbuminuria, diabete o rischio renale. Il vantaggio rispetto ad altri farmaci è che losartan possiede studi su questa popolazione di pazienti e non si devono utilizzare meta-analisi o studi di classe.
In particolare losartan è da utilizzare nell’ipertensione iperuricemica, sia essa con gotta o in caso di iperuricemia asintomatica.
Qual è il contributo di losartan nell’attenzione al trattamento dell’ipertensione all’epoca del Covid? E che cosa emerge dalla letteratura più recente in merito a losartan? Vi sono spunti per possibili sviluppi o confronti futuri?
Dal punto di vista fisiopatologico la malattia da Covid comporta un’eccessiva produzione di angiotensina II; in particolare, l’attacco del virus tende a sottrarre un contro-regolatore favorevole del sistema renina-angiotensina-aldosterone, con conseguente azione proinfiammatoria e di vasocostrizione, probabilmente responsabili anche di quegli effetti di tipo protrombotico che oggi vengono identificati come la causa principale delle complicanze.
In questa situazione un bloccante dell’angiotensina o del recettore dell’angiotensina II gioca un ruolo di primissimo piano. C’è qualche evidenza da questo punto di vista, che deriva da grandi studi condotti prevalentemente in maniera retrospettiva ma non per questo meno interessanti.
I pazienti, per lo più già trattati con questi farmaci al momento dell’infezione, hanno derivato dal fatto di essere trattati con bloccanti del sistema renina angiotensina aldosterone (RAAS), tra cui losartan, un beneficio con una riduzione del 35% dell’incidenza, della mortalità e delle principali complicanze legate al Covid (Figura 5).

Figura 5 – Rapporti di rischio raggruppati per l’associazione tra RAAS-inibitori e mortalità da COVID-19
Riguardo al quesito finale, si può dire che  losartan, a 19 anni dalla pubblicazione di Life e Renaal, è un farmaco che non ha bisogno di ulteriore letteratura; ciò non significa che non ci sia letteratura recente ma che molto poco si può aggiungere a tutto quanto è già stato prodotto circa l’efficacia protettiva cardiocerebrovascolare e renale di questo farmaco.
Probabilmente nessun altro farmaco della classe si è avvicinato a un insieme di benefici come quelli dimostrati da losartan, che ha evidenze positive in ambito cerebrovascolare, cardiovascolare, renale, nel diabete, nel paziente non diabetico e in tutte le condizioni.
I MESSAGGI CHIAVE: Il paziente ideale al quale somministrare losartan
Il paziente che presenta ipertensione lieve e rischio metabolico aumentato, o ipertensione e sindrome metabolica, come tale (condizione comune in cui losartan può avere un grande effetto anche sulla base delle sue caratteristiche); naturalmente in misura maggiore le forme complicate da diabete.
Il paziente con iperuricemia lievemente alterata: in questo caso è d’obbligo l’uso di losartan. L’indicazione all’uso di losartan è a partire da 5 mg/dl in assenza di gotta, chiaramente in presenza di ipertensione. In caso di gotta ci sono le indicazioni all’uso degli ipouricemizzanti. Le linee guida EULAR (European League Against Rheumatism) del 2020 sono perentorie: se il paziente è gottoso e iperteso deve prendere losartan, non sono previsti altri farmaci. In caso di paziente iperteso, con uricemia alterata ma non gottoso, il consiglio è comunque losartan.
Categorie particolari di soggetti a rischio sono per esempio i diabetici, piuttosto che alcune persone con fibrillazione atriale. Bisogna preferire losartan, perché nello studio Life non soltanto si è osservata una minore incidenza di fibrillazione atriale ma anche una minore incidenza di ictus nei pazienti che avevano fibrillazione atriale. Va ricordato che è comunque un farmaco antipertensivo, che grazie alla sua efficacia e al suo meccanismo d’azione ha un effetto favorevole sul rimodellamento.