Una TC può scoprire il Covid-19 nei polmoni dei pazienti oncologici


Una tomografia computerizzata può aiutare a scoprire l’infezione da Covid-19 nei pazienti con tumore al polmone secondo un nuovo studio

coronavirus covid l-arginina variante mu

Le scansioni routinarie con tomografia computerizzata identificano opacità anomale e infiltrati che suggeriscono il COVID-19 nei pazienti con tumore del polmone in trattamento con radioterapia, consentendo diagnosi, trattamento e misure di riduzione del rischio più precoci.

In un’intervista a OncLive®, Graham Warren, MD, PhD, professore al College of Medicine and Department of Radiation Oncology presso la Medical University of South Carolina, ha commentato gli obiettivi dello studio pubblicato nel Journal of Thoracic Oncology e il significato dei risultati.

“Se osserviamo la nuova comparsa di infiltrati irregolari o di aree che appaiono anomale nei polmoni di un paziente sottoposto a scansione con cadenza giornaliera o settimanale, durante la pandemia di COVID-19, possiamo affermare che le immagini mutano prima che il paziente diventi sintomatico. Questo ci permette di confermare un cambiamento inaspettato”, afferma l’autore principale dello studio Graham Warren, MD, PhD. “Dobbiamo fare il test per il COVID-19 per avere una diagnosi e questo risulta particolarmente utile in pratica per identificare quei pazienti a rischio di complicanze da trattamento, ma ci offre anche l’opportunità di individuare i pazienti a rischio di diffondere il COVID-19 ad altri malati oncologici”.

Qual è stato lo stimolo che ha portato ad analizzare i risultati di imaging non legati al cancro nei pazienti in radioterapia?

È emerso, perché il COVID-19 ci ha coinvolto tutti a livello internazionale, nazionale e sicuramente anche nell’ambito delle terapie oncologiche. Abbiamo ricevuto una richiesta di pubblicazione per il Journal of Thoracic Oncology che dimostrava infiltrati irregolari alla tomografia computerizzata (TC) ‘Cone Beam’ (a fascio conico) o in quelle eseguite durante radioterapia. Sembrava ci fosse una relazione tra queste immagini ottenute giornalmente e la diagnosi di COVID-19; e questo è accaduto all’inizio della pandemia.

Abbiamo rivolto un invito ai centri in tutto il mondo a mandare presentazioni e ‘case report’ per capire se esistesse una relazione tra i risultati degli esami di imaging e la diagnosi di COVID-19 nei pazienti in trattamento radioterapico. Non è un tema sul quale progettare uno studio, ma certamente volevamo capire se ci fosse un modo per collegare le due cose per poter contribuire all’identificazione del rischio, al contenimento e alla diagnosi di COVID-19 nei nostri pazienti oncologici in trattamento attivo.

Qual era l’obiettivo della ricerca e che cosa rende questo report unico?

Lo scopo era cercare di capire se esistesse coerenza tra i risultati di imaging e la diagnosi di COVID-19. Sembrava certamente molto comune l’osservazione di infiltrati anomali nei pazienti con COVID-19. Uno degli aspetti che davvero ci interessava era l’esperienza ‘real-world’, cioè cosa gli oncologi radioterapisti stavano osservando nel trattamento oncologico con le loro immagini e le loro diagnosi. Quello che rende tutto ciò qualcosa di unico è l’esperienza nel mondo reale di quello che avviene nei pazienti durante il trattamento oncologico. Non è stato progettato uno studio clinico con controlli rigorosi, ma piuttosto adattamenti sul COVID-19 e cambiamenti nelle nostre cure oncologiche, che riflettono ciò che sta realmente accadendo in questo momento.

Qual è il significato di questi risultati?

Gli oncologi radioterapisti possono cogliere chiaramente l’utilità dietro ai risultati. Quando un paziente si presenta con una diagnosi di cancro, vogliamo assicurarci di colpire il bersaglio il più accuratamente possibile nel trattamento con la radioterapia. Utilizziamo l’imaging per cercare di colpire il bersaglio giusto e la tomografia computerizzata con imaging è molto comune, specialmente nei tumori localizzati al torace.

In condizioni ‘real-world’, c’è qualcosa che possiamo utilizzare con l’imaging giornaliera per capire se ci siano cambiamenti che suggeriscono che un paziente è a rischio di avere il COVID-19 e deve essere sottoposto al test.

Questo tipo di sorveglianza si può utilizzare con le varianti di COVID-19 o con altri tipi di virus o infezioni che possono mettere a rischio i pazienti?

Con la variante Delta, numerosi sintomi che si presentano oggi sono diversi da quelli osservati con le varianti d’origine, come maggiore sudorazione e dolori ossei, ma meno sintomi polmonari. Poiché il coronavirus muta e continua a produrre nuove varianti, ci potrebbero essere varianti con sintomi polmonari più o meno gravi. L’utilità di questo tipo di sorveglianza, anche nel contesto del COVID-19, potrebbe cambiare secondo le caratteristiche delle nuove varianti.

Nel caso di altre malattie, è teoricamente possibile osservare relazioni, ma non abbiamo visto correlazioni come questa con altri virus tradizionali. Non sono a conoscenza di studi che abbiano esaminato tutto ciò, ad esempio nel caso dell’influenza stagionale o del raffreddore. Non so se possa essere utile per altri virus o infezioni. Sicuramente talvolta osserviamo opacizzazioni o variazioni nelle scansioni TC che eseguiamo giornalmente, che possono per esempio indicare la polmonite, è già accaduto. Sicuramente gli oncologi dovrebbero esserne a conoscenza, ma questi risultati impercettibili con infiltrati irregolari sono praticamente unici e possono risultare molto utili nel contesto del COVID-19.

Qual è il risultato principale di questa ricerca che vorrebbe condividere?

È quasi accaduto per caso. Se gli autori non avessero sottoposto i report originali che mostravano questi infiltrati irregolari, probabilmente lo studio non sarebbe mai stato realizzato. Si può intendere come un rapido adattamento all’esperienza ‘real-world’ nei nostri pazienti. Tante cose sono successe con il COVID-19, come quando abbiamo dovuto imparare ad adattarci alle diagnosi e alla gestione dei pazienti ricoverati e ambulatoriali. Prevedo che continueremo a dover imparare ad adattarci al COVID-19 man mano l’infezione si evolverà.

Questo è uno studio abbastanza unico, che si può replicare in serie più ampie di pazienti. È una valutazione basata sulla necessità, che in realtà riflette la collaborazione internazionale e l’adattamento ai bisogni dei nostri pazienti oncologici. Che è davvero una bella cosa da osservare.

Immagino che il COVID-19 continuerà a mutare e certamente a rimanere tra la popolazione. I sintomi continueranno a mutare in risposta alle diverse varianti, e dovremo prenderne atto in area oncologica, e come tutto ciò influenzi non solo la diagnosi e il trattamento dei nostri pazienti, ma anche le modalità di monitoraggio e di adattamento per migliorare gli esiti dei pazienti e ridurre il rischio di trasmettere l’infezione da coronavirus agli altri malati oncologici.

Riferimento bibliografico:
  • Warren GW, Lim VS, Chowdhary M, et al. New pulmonary infiltrates observed on computed tomography-based image guidance for radiotherapy warrant diagnostic workup for coronavirus disease 2019. J Thorac Oncol. 2021;S1556-0864(21)02232-2. doi:10.1016/j.jtho.2021.06.005