Leucemia mieloide acuta: mutazione genetica in metà dei pazienti


In quasi la metà dei pazienti con leucemia mieloide acuta compare una mutazione genetica presente solo nel 30% delle persone al momento della diagnosi

Leucemia mieloide acuta: studio conferma che lo sviluppo di cure efficaci passa dall’analisi del microambiente tumorale, grazie alle cellule T dei donatori

La leucemia mieloide acuta (LMA) colpisce ogni anno oltre 3.000 persone in Italia. Questo tumore del sangue rappresenta il modello per eccellenza della medicina personalizzata, ma va promosso un nuovo modello organizzativo per favorire la presa in carico del paziente in ogni momento del percorso di cura e l’accesso alle migliori terapie su tutto il territorio. In quasi la metà dei pazienti (45%) che sperimentano una recidiva, compare una mutazione in un gene (FLT3), presente solo in circa il 30% dei casi al momento della diagnosi. Per un consistente gruppo di malati è quindi essenziale, al momento della ricaduta, effettuare un nuovo test rapido (retesting) per avviarli subito al trattamento con terapie personalizzate efficaci. Per questo è necessario un cambiamento culturale ed organizzativo nell’approccio alla leucemia mieloide acuta, patologia al centro del webinar nazionale del Progetto HEMA NET di ISHEO, dal titolo “La prospettiva delle cure integrate per un migliore follow-up del paziente con leucemia mieloide acuta: il ruolo del servizio di supporto psicologico”, che si è svolto recentemente.

Il Progetto HEMA NET, realizzato da ISHEO in collaborazione con F.A.V.O. Gruppo Neoplasie Ematologiche e realizzato con il contributo incondizionato di Astellas Pharma S.p.A., ha come obiettivo quello di aumentare la consapevolezza sulle possibilità di cura dei pazienti con leucemia mieloide acuta, sull’importanza di realizzare screening mirati e tempestivi per garantire una presa in carico adeguata del paziente con leucemia mieloide acuta e mutazione del gene FLT3. Senza dimenticare l’importanza delle cure integrate, del supporto psicologico e dei servizi utili a favorire il mantenimento in cura (retention in care) e il follow-up. Al centro del dibattito proprio i temi della caratterizzazione a livello molecolare attraverso i test e “retest” genetici, aspetto essenziale per consentire ai pazienti di accedere alle terapie target, e del supporto psicologico, servizio necessario per affrontare la malattia.

“Un bisogno, e al tempo stesso un diritto, dei pazienti è l’accesso rapido e uniforme all’innovazione e ai servizi di supporto su tutto il territorio nazionale – spiega il Dott. Davide Petruzzelli, Coordinatore F.A.V.O. Gruppo Neoplasie Ematologiche e Presidente La Lampada di Aladino Onlus -. Non tutti i pazienti vengono seguiti nei grandi centri Hub, per questo è importante osservare con attenzione le criticità di accesso e rendere disponibile a tutti e nei momenti giusti le cure appropriate. Inoltre se vogliamo realmente parlare di terapia personalizzata, è necessaria una presa in carico della persona e non solo della malattia, un nuovo modello che non tenga conto solo della dimensione clinica, ma anche dei bisogni sociali e psicologici.”

“È importante che la leucemia mieloide acuta venga riconosciuta il prima possibile e che si intervenga tempestivamente con una terapia appropriata – afferma il Prof. Giovanni Martinelli, Direttore Scientifico dell’Istituto Romagnolo per lo Studio dei Tumori ‘Dino Amadori’ – IRST IRCCS, Meldola (FC)-. La classe medica, dal medico di famiglia al personale sanitario nel pronto soccorso, deve essere formata al rapido riconoscimento dell’emergenza ematologica ed oncologica. Serve quindi un’azione di educazione al riconoscimento della patologia ematologica, perché il deficit terapeutico si traduce inevitabilmente in un aggravio del sistema sanitario nel curare il paziente che non viene identificato e trattato adeguatamente.”

È centrale il tema della tempestività della diagnosi e della necessità di impostare un servizio di supporto anche psicologico al paziente, sin dalle fasi iniziali. “Il cammino del paziente oncologico comincia già nel momento pre-diagnostico, quando il medico di famiglia avvia il paziente ad analisi di approfondimento o lo riferisce ad uno specialista – sottolinea la Dott.ssa Rossella Memoli, Psiconcologa presso l’Associazione SANeS -. Il paziente inizia in quel momento a sviluppare stati di ansia e di angoscia, che muteranno durante le diverse fasi del percorso terapeutico, ma che sono sempre ben presenti nella vita del paziente che agisce, reagisce e convive con la malattia a seconda dei propri meccanismi di difesa, stili di coping e struttura di personalità. I compiti dello psicologo sono molteplici: facilitare la comunicazione tra paziente e famiglia, tra paziente e rete sociale, ridefinire lo sviluppo di modelli adattivi del paziente alla malattia, incoraggiare il paziente ad esprimere i suoi vissuti emotivi, le sue emozioni, spesso trattenute.”

“Per Astellas ogni scelta strategica nasce dalla comprensione di ciò che è veramente importante per i pazienti, per poi metterlo al centro di tutto ciò che facciamo – conclude Giuseppe Maduri, AD Astellas Pharma S.p.A. -. La ricerca sta correndo, grazie anche alla personalizzazione delle cure e alle nuove tecnologie. Astellas si impegna a combinare una conoscenza approfondita dei meccanismi alla base delle patologie con nuove tecnologie e modalità, con l’obiettivo di trasformare i risultati della scienza in soluzioni terapeutiche che possano migliorare e prolungare la vita delle persone. Per questo è necessario favorire l’innovazione nell’accesso alle terapie e nelle modalità con cui il paziente deve riceverle. Serve anche una forte partnership pubblico-privato per rispondere alla domanda di salute dei pazienti e, al tempo stesso, alle esigenze della sanità pubblica di disporre delle risorse necessarie a garantire la sostenibilità del Sistema Sanitario Nazionale e regionale.”

Dunque il modello da sviluppare è quello in cui innovazione ed interazione terapeutica si coniugano con la multidisciplinarietà del percorso di cura, che comprende anche figure nuove, che si stanno affacciando nel percorso terapeutico e che dovranno collaborare, interagire, lavorare insieme per offrire qualità alla vita dei pazienti in ogni momento della malattia, attraverso un reale sistema di supporto.