Osteoartrosi: nuova formulazione per le infiltrazioni


L’osteoartrosi è una malattia cronica degenerativa progressiva che colpisce le articolazioni: arriva una nuova formulazione che simula il liquido sinoviale

Dolore da osteoartrosi: scoperto come cambia

Dolore, difficoltà nei movimenti, perdita di autonomia con limitazioni nella vita personale e sociale. Un quadro che conosce bene chi soffre di osteoartrosi (OA), malattia cronica degenerativa progressiva che colpisce le articolazioni, in particolare anca e ginocchio.

È tra le principali cause di dolore disabilitante nella popolazione, secondo stime recenti, almeno 242 milioni di persone nel mondo – 2,3% degli uomini e il 4,5% delle donne – hanno un’artrosi sintomatica[i],[ii]. In Italia, sono oltre 6 milioni a soffrirne e la metà di questi ha un’età sopra i 50 anni. Numeri rilevanti che collocano questa patologia al primo posto tra le malattie reumatiche.

“Nonostante sia una delle patologie a più elevato impatto sociale e con un trend di incidenza in crescita, l’osteoartrosi resta ancora oggi una malattia trascurata” – commenta il Dott. Biagio Zampogna, specialista in Ortopedia e Traumatologia presso il Policlinico Universitario Campus Bio-Medico di Roma – “Le cartilagini sono soggette a consumarsi e assottigliarsi con l’avanzare dell’età per l’invecchiamento dei tessuti, ma questo processo può insorgere anche in età giovanile  per effetto di carichi e stress sulle articolazioni che per natura non sono previsti ad esempio: sovrappeso e obesità, sedentarietà o, al contrario, sport eccessivo e traumi. Queste condizioni danno il via ad un processo degenerativo inarrestabile che, se non individuato e trattato precocemente con la terapia più appropriata, col tempo porta a un’accelerazione dei processi artrosici”.

La gestione dell’osteoartrosi non è sempre semplice perché richiede un approccio clinico-terapeutico flessibile e graduale partendo da trattamenti farmacologici, fisioterapici ed infiltrativi fino ad arrivare, nei casi più gravi, a procedure chirurgiche. Per coloro che non rispondono ai primi step di trattamento, l’approccio consigliato dalle principali Linee guida in ambito osteoarticolare è la viscosupplementazione con infiltrazioni intra-articolari di acido ialuronico, da tempo utilizzata e riconosciuta come soluzione conservativa per l’osteoartrosi, con benefici su dolore e funzionalità articolare.

Quando comincia il processo artrosico, infatti, la quantità di acido ialuronico si riduce compromettendo le normali caratteristiche del liquido sinoviale, che svolge una funzione lubrificante e protettiva. Serve quindi la viscosupplementazione per ripristinarne le proprietà viscoelastiche e alleviare i sintomi della patologia degenerativa. Oggi è disponibile una novità terapeutica tutta Made in Italy perché nata dalla partnership tra IBSA Farmaceutici e alcuni centri clinici e di ricerca di eccellenza italiani.

“Grazie alla collaborazione tra il nostro dipartimento di Ricerca e Sviluppo e diversi centri clinici e di ricerca italiani, tra cui il Campus Biomedico di Roma e l’Università della Campania Luigi Vanvitelli, abbiamo messo a punto un nuovo dispositivo medico in grado di mimare in modo ottimale le caratteristiche e il comportamento del liquido sinoviale endogeno sano” – spiega Andrea Giori, R&D Director di IBSA Farmaceutici. “Mediante una nostra tecnologia brevettata, la NAHYCO technology, siamo riusciti a ottenere una formulazione innovativa caratterizzata dalla più alta concentrazione di acido ialuronico altamente purificato e dall’impiego, per la prima volta in un dispositivo iniettabile, della condroitina sodica, anch’essa ultrapura. Entrambi gli ingredienti sono prodotti per via biofermentativa, sono cioè privi di componenti di origine animale, questo ha permesso di ottenere una maggiore performance sommata a una maggiore sicurezza, a beneficio dei pazienti”.

IBSA è uno dei leader mondiali nella produzione di acido ialuronico e continua a investire per ottenere soluzioni terapeutiche sempre più all’avanguardia – come la combinazione di acido ialuronico e condroitina sodica – avvalendosi del contributo dei più importanti centri di ricerca italiani, anche per superare i limiti ancora oggi presenti a livello tecnologico.

“Il nostro gruppo di ricerca ha messo a punto per la prima volta il processo di produzione biofermentativa della condroitina sodica, un componente fisiologicamente presente nell’organismo, seppur in minor quantità rispetto alla condroitina solfato, ma con caratteristiche ed un profilo di sicurezza superiori al prodotto estrattivo finora utilizzato, e pertanto più idoneo per l’uso nei medical device” – interviene la Prof.ssa Chiara Schiraldi, Ordinario di Biochimica, Dipartimento di Medicina Sperimentale Università della Campania “Luigi Vanvitelli”. “Si tratta di un processo biotecnologico innovativo, brevettato, insieme agli usi in campo biomedico della condroitina biotecnologica stessa. I nostri studi hanno consentito di identificare nella condroitina un nuovo ingrediente funzionale che ci ha permesso di superare i limiti dell’origine estrattiva animale tradizionalmente adottata, ottenendo così un componente innovativo, più performante, dal punto di vista della reologia e della sicurezza”.

I risultati pre-clinici hanno poi trovato riscontro nello studio multicentrico, in cui il Campus Biomedico di Roma ha fatto da capofila, che ha valutato la sicurezza e l’efficacia dell’infiltrazione intra-articolare con l’associazione di acido ialuronico e condroitina di origine biofermentativa su pazienti affetti da osteoartrosi dell’anca, una delle articolazioni di per sé più difficili da trattare e gestire. I risultati hanno dimostrato che, oltre a un ottimo profilo di sicurezza e tollerabilità, il dispositivo medico esercita un rapido e significativo miglioramento del dolore e della funzionalità articolare.

“I risultati dello studio clinico hanno evidenziato che l’efficacia della nuova formulazione è duratura nel tempo, fino a sei mesi dalla prima, singola, infiltrazione” – aggiunge Zampogna – “Nello studio clinico si è studiato l’uso in singola somministrazione della nuova formulazione per testarne sicurezza, performance e durata. Nella pratica clinica tuttavia lo schema terapeutico viene disegnato dallo specialista secondo il quadro clinico e le specifiche necessità di ogni paziente”.