Il 2021 è stato l’anno nero degli incendi


L’anno nero degli incendi: nel 2021 devastazione ed emissioni da record di CO2. I roghi in tutto il mondo hanno causato 1,76 miliardi di tonnellate di emissioni di carbonio

incendio a pescara

Nel 2021 si è verificata una “devastazione diffusa” a causa degli incendi con “nuovi record di emissioni regionali“. Diverse regioni del mondo hanno vissuto “un anno di incendi intensi, prolungati e devastanti” che hanno causato “un totale stimato di 1.760 megatonnellate (1,76 miliardi di tonnellate, una megatonnellata equivale a un milione di tonnellate, ndr) di emissioni di carbonio, secondo gli scienziati del Copernicus Atmosphere Monitoring Service (Cams). Il 2021 ha fatto anche registrare alcune delle emissioni stimate più elevate in diverse regioni del mondo sulla base del set dei 19 anni di dati del Global Fire Assimilation System (Gfas) di Cams.

Implementato dal Centro europeo per le previsioni meteorologiche a medio termine per conto della Commissione europea con finanziamenti dell’Unione europea, Cams monitora gli incendi attivi in tutto il mondo fornendo una stima delle emissioni e l’impatto sulla composizione atmosferica e sulla qualità dell’aria. Il servizio utilizza le osservazioni satellitari degli incendi attivi per stimarne le emissioni quasi in tempo reale e prevedere il successivo impatto.

Ad aprile, riferisce la Dire (www.dire.it), è stata osservata “un’intensa e persistente attività” degli incendi nella Siberia occidentale e in Canada. Il modello osservato dagli scienziati del Cams ha coinciso con anomalie della temperatura superficiale elevata in queste regioni. L’estate 2021, in particolare, ha fatto registrare una serie di incendi estremi che hanno portato alle emissioni stimate più elevate. “Non solo sono state colpite aree estese ma la persistenza e intensità degli incendi sono state notevoli”, segnala Cams, e ciò ha riguardato vaste distese in Nord America, Siberia, Mediterraneo orientale e centrale e Nord Africa. Le emissioni totali stimate mensili di luglio sono state le più alte per il 2021, con 343 megatonnellate di carbonio rilasciate nell’atmosfera. Più della metà delle emissioni è stata attribuita agli incendi in Nord America e Siberia, due delle regioni più colpite. Agosto ha fatto registrare esiti simili con emissioni totali stimate mensili ancora più elevate, con circa 378 megatonnellate di carbonio rilasciate nell’atmosfera a livello globale.

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“Dai dati 2021 risulta chiaro che il cambiamento climatico sta fornendo l’ambiente ideale per gli incendi, che possono anche essere esacerbati dalle condizioni meteorologiche locali”, avverte Mark Parrington, Senior Scientist e esperto di incendi boschivi di Copernicus. “Mentre l’anno volge al termine abbiamo visto vaste regioni sperimentare un’intensa e prolungata attività di incendi, alcuni dei quali sono stati a un livello non osservato negli ultimi due decenni”, spiega Parrington, “le condizioni regionali più secche e calde causate dal riscaldamento globale aumentano il rischio di infiammabilità e il rischio di incendio della vegetazione e ciò si è riflesso negli incendi estremamente grandi, in rapido sviluppo e persistenti che abbiamo monitorato”.

Le previsioni a cinque giorni di Copernicus “consentono ai decisori, alle organizzazioni e agli individui di intraprendere azioni di mitigazione prima di eventuali incidenti di inquinamento”, conclude l’esperto di incendi boschivi. L’anno degli incendi nel 2021 si è caratterizzato in quattro regioni chiave.

Siberia. Un numero enorme di incendi ha infuriato nelle aree della Siberia occidentale intorno a Omsk e Tyumen, con emissioni giornaliere ben al di sopra della media degli anni precedenti, relativamente al registro 2003-2021 mentre i territori orientali non sono risultati altrettanto attivi all’inizio della stagione. “La differenza si rifletteva chiaramente nelle anomalie della temperatura superficiale per le regioni”, precisa CAMS. In estate, tuttavia, gli incendi nella Repubblica di Sakha, nella Siberia nord-orientale, hanno fatto registrare il totale più alto nel periodo estivo, da giugno ad agosto, con più del doppio degli anni precedenti. Inoltre, l’intensità giornaliera del fuoco, misurata come Fire Radiative Power (FRP), ha raggiunto livelli significativamente superiori alla media da giugno fino all’inizio di settembre. Anche altre regioni della Russia orientale, comprese parti del Circolo Polare Artico, come l’oblast autonomo di Chukotka e l’oblast di Irkutsk, hanno subito incendi, ma molto meno che nel 2020 e nel 2019.

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Nord America. Gli incendi hanno mandato in fumo le aree occidentali del Nord America per un periodo significativo tra la fine di giugno e la fine di agosto. Le zone più colpite hanno incluso diverse province del Canada, così come la California e gli stati del Pacifico nord-occidentale degli Stati Uniti. Tra i roghi anche il più grande incendio mai registrato nella storia dello stato californiano, chiamato il ‘Dixie Fire’ per via del torrente nei pressi del quale è iniziato, nella Plumas County. La stima è che gli incendi hanno rilasciato nell’atmosfera 83 megatonnellate di emissioni totali di carbonio. Un grande pennacchio di fumo ha attraversato il Nord Atlantico e, mescolandosi con gli incendi dalla Siberia, ha raggiunto le parti occidentali delle isole britanniche e l’Europa nordoccidentale alla fine di agosto prima di attraversare gran parte dell’Europa.

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Il Mediterraneo. A luglio e agosto molti paesi del Mediterraneo orientale e centrale hanno subito diversi giorni di incendi boschivi ad alta intensità che hanno portato a elevate concentrazioni di particolato fine (PM2,5) e a un peggioramento della qualità dell’aria. Le condizioni particolarmente secche e calde durante i mesi estivi hanno fornito l’ambiente ideale per incendi intensi e di lunga durata. La Turchia è stata la più colpita a luglio con i dati CAMS GFAS che mostrano l’intensità degli incendi giornalieri a livelli molto elevati, ben al di sopra della media della regione. Tra gli altri paesi colpiti dai devastanti incendi Grecia, Italia, Albania, Macedonia del Nord, Spagna, Algeria e Tunisia.

India del nord. Ogni anno, tra la fine di settembre e la fine di novembre, in Pakistan e nell’India nord-occidentale si bruciano le stoppie nei campi. La foschia e l’inquinamento causato dal fumo degli incendi appiccati dagli agricoltori sono stati chiaramente evidente nelle immagini satellitari visibili durante ottobre e novembre 2021, e hanno causato valori molto elevati di particolato fine e spessore ottico dell’aerosol nelle previsioni CAMS in tutta la regione. È stato osservato e segnalato un significativo inquinamento atmosferico in tutta la Pianura indo-gangetica che ha colpito milioni di persone. La maggior parte degli incendi è avvenuta negli stati indiani del Punjab e dell’Haryana.

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