Epatite C cronica: i benefici della terapia antivirale


Se trattati con terapia antivirale ad azione diretta, i pazienti con infezione cronica da virus dell’epatite C sono a minor rischio di malattia renale

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Quando trattati con terapia antivirale ad azione diretta, i pazienti con infezione cronica da virus dell’epatite C sarebbero a minor rischio di malattia renale allo stadio terminale (ESKD) e di rischio composito di ESKD o morte. E’ quanto mostrano i risultati di uno studio presentato all’ASN Kidney week virtual meeting.

La stretta associazione tra HCV e malattia renale cronica è stata riconosciuta fin dalla scoperta del virus, dall’osservazione di un’elevata prevalenza dell’infezione nei pazienti in emodialisi, dall’aumentata incidenza di malattia renale cronica nei pazienti infetti e dal coinvolgimento renale che interessa i pazienti con crioglobulinemia mista nel 20-35% dei casi.

Come riportato anche sul sito dell’associazione Epac onlus, la comparsa di insufficienza renale nel paziente con cirrosi può avere diverse cause, ma nella maggior parte dei casi è conseguente o all’eccessivo trattamento diuretico, che necessita quindi di essere sospeso o modificato, alla disidratazione da febbre o diarrea o all’uso improprio di FANS.

Dal punto di vista delle manifestazioni cliniche, il paziente presenta una riduzione della quantità di urina nell’arco della giornata con un concomitante aumento della creatinina e dell’azotemia (indici bioumorali della funzionalità del rene).
L’infezione da HCV aggrava ulteriormente la funzione renale nei pazienti con insufficienza renale cronica, che presentano un rischio di progressione verso la malattia renale allo stadio terminale (ESRD) e un alto tasso di mortalità.

Fridtjof Thomas, professore presso l’Università del Tennessee Health Science Center e autore dello studio ha evidenziato: “Considerata questa stretta associazione,  la domanda è se la terapia antivirale ad azione diretta (DAA) nei pazienti con epatite C riduca la successiva nefropatia cronica (CKD) ed ESKD”.
Dopo aver identificato una coorte nazionale di veterani statunitensi con infezione da HCV attraverso il test della carica virale, i ricercatori hanno estratto i dati su qualsiasi terapia DAA utilizzando i dati di dispensazione della farmacia.

I ricercatori hanno quindi studiato la correlazione della terapia DAA (rispetto a nessuna terapia DAA) con l’insorgenza di ESKD e il composito di ESKD o morte utilizzando modelli di Cox aggiustati per caratteristiche demografiche, caratteristiche socioeconomiche, condizioni di comorbidità e funzione renale e proteinuria al basale.

In totale, 114.358 pazienti avevano infezione da HCV (età media alla diagnosi di HCV, 55 anni; eGFR medio, 92 ml/min/1,73 m2; il 97% erano uomini; il 38% erano afroamericani; l’8% aveva proteinuria) e il 51% di loro ha ricevuto un ciclo di terapia DAA tra il 2014 e il 2018.

Durante un follow-up mediano di 11,5 anni, si sono verificati 497 eventi ESKD e 26.684 eventi compositi.
La terapia con antivirali ad azione diretta era associata a un minor rischio di malattia renale allo stadio terminale e anche all’esito composito (HR aggiustato e IC 95%: 0,43, 0,31-0,61 e 0,62, 0,60-0,65).

In conclusione, in un’ampia coorte nazionale di veterani statunitensi la terapia DAA è stata associata con un rischio significativamente più basso di ESKD e il composito di ESKD o morte, supportando il beneficio a lungo termine sulla funzione renale della cura dell’HCV.

Bibliografia 

Fridtjof Thomas, et al., FR-OR55 Renal Outcomes Associated with Direct Acting Antiviral Therapy in Patients with Hepatitis C Virus Infection. leggi