Lo Stato italiano a processo per inazione climatica


L’Italia va a processo per inazione climatica: 203 ricorrenti, tra cui 24 associazioni, accusano lo Stato di inadempienza nel contrasto all’emergenza climatica

L’Italia va a processo per inazione climatica: 203 ricorrenti, tra cui 24 associazioni, accusano lo Stato di inadempienza nel contrasto all'emergenza climatica

Il prossimo lunedì, 14 dicembre, ci sarà la prima udienza della prima causa contro lo Stato italiano per inazione climatica. La causa è stata depositata al Tribunale di Roma lo scorso giugno e adesso lo Stato dovrà rispondere in aula delle sue responsabilità di fronte all’emergenza climatica. La causa è stata avviata di fronte al Tribunale Civile di Roma nei confronti dello Stato, rappresentato dalla presidenza del Consiglio dei ministri da 203 ricorrenti: 17 minori, rappresentati in giudizio dai genitori, 162 cittadini e 24 associazioni.

Primo ricorrente dell’azione è l’associazione A Sud, da anni attiva nel campo della giustizia ambientale e nella difesa dei diritti umani che l’emergenza climatica rischia di compromettere. Tra gli altri ricorrenti anche Associazione Medici per l’Ambiente ISDE italia, Associazione Terra!, Coordinamento nazionale No Triv, Centro Documentazione Conflitti Ambientali, Società meteorologica italiana. Gli obiettivi della causa sono chiedere al Tribunale di dichiarare che lo Stato italiano è responsabile di inadempienza nel contrasto all’emergenza climatica e che l’impegno messo in campo è insufficiente a centrare gli obiettivi di contenimento della temperatura definiti dall’Accordo di Parigi.

“Un’insufficienza che ha come effetto la violazione di numerosi diritti fondamentali“, denunciano i ricorrenti. Tra le argomentazioni della causa legale spicca, infatti, la relazione tra diritti umani e cambiamenti climatici e la necessità di riconoscere un diritto umano al clima stabile e sicuro. Le richieste specifiche avanzate dai ricorrenti al giudice sono “dichiarare che lo Stato italiano è responsabile di inadempienza nel contrasto all’emergenza climatica; condannare lo Stato a ridurre le emissioni di gas a effetto serra del 92% entro il 2030 rispetto ai livello 1990, applicando il principio di equità e il principio di responsabilità comuni ma differenziate (Fair Share), ossia tenendo conto delle responsabilità storiche dell’Italia nelle emissioni di gas serra e delle sue attuali capacità tecnologiche e finanziarie attuali”.

L’azione legale, riferisce la Dire (www.dire.it), è promossa nell’ambito della campagna di sensibilizzazione intitolata evocativamente ‘Giudizio Universale’, a voler sottolineare la portata globale della sfida climatica e l’urgenza di mettere in campo azioni di contrasto. Oltre 120 sono le associazioni promotrici della campagna tra cui Fridays for Future Italia, Per il clima, fuori dal fossile!, Link coordinamento universitario, Rete della conoscenza, movimento No Tap, movimento non Tav e molti altri. I ricorrenti sono stati assistiti da un team legale composto da avvocati e docenti universitari, fondatori della rete di giuristi Legalità per il clima. A patrocinare la causa Luca Saltalamacchia, esperto di tutela dei diritti umani e ambientali, e Raffaele Cesari, esperto di Diritto civile dell’ambiente, assieme a Michele Carducci, dell’Università del Salento, esperto di Diritto climatico.