Famiglia tossica: come costruire un rapporto sano


Cos’è una famiglia tossica? Quali sono le conseguenze del vivere in questo tipo di ambiente? Ne parla il Dott. Matteo Radavelli

Cos'è una famiglia tossica? Quali sono le conseguenze del vivere in questo tipo di ambiente? Ne parla il Dott. Matteo Radavelli

Cos’è una famiglia tossica? Quali sono le conseguenze del vivere in questo tipo di ambiente? Abbiamo parlato con il Dott. Matteo Radavelli, Collaboratore del Comitato di Guidapsicologi.it, che ci ha aiutato a identificare alcuni esempi di comportamento tossici e disfunzionali e soprattutto come costruire un rapporto sano all’interno della propria famiglia.

Cos’ è una famiglia tossica?

«Le famiglie tossiche sono piccoli gruppi carichi di conflitti, comandi e dinamiche disfunzionali che interessano tutti i membri. Ci sono persone che, a causa della loro personalità, del loro carattere o modo di comunicare, feriscono, minacciano gli equilibri e privano di motivazione e autostima. Sappiamo anche che l’aggettivo “tossico” va molto di moda tuttavia è importante sottolineare che questa etichetta non corrisponde a nessuna descrizione clinica e che non esiste nessun manuale di psicologia che la definisca come una patologia o un disturbo. Sono famiglie caratterizzate da modelli di comportamento nocivi, che non rispettano l’individualità di tutti i membri; naturalmente ci sono tante famiglie tossiche quanti tipi diversi di comportamenti distruttivi», spiega il dott. Matteo Radavelli.

Alcuni esempi di comportamenti tossici o disfunzionali

«Nelle famiglie tossiche, per esempio, non vi è il rispetto dello spazio vitale dei membri, si finisce, quindi, per trasformare le dinamiche affettive libere in dinamiche affettive coercitive. I membri della famiglia acquisiscono atteggiamenti estremi di iper-protezione o di aggressività, che impediscono uno sviluppo socio-affettivo equilibrato. Evitare di affrontare un problema è una delle caratteristiche più comuni, la comunicazione è deteriorata. In questo caso, il silenzio trasmette tensione e pericolo, lasciando i soggetti a convivere con il messaggio discordante “va tutto bene, non c’è nulla che non va”. Un altro esempio è l’assenza di flessibilità in tutti gli ambiti, infatti se uno dei membri della famiglia cambia, sopraggiunge tensione», continua Radavelli.

Ecco alcuni segnali per identificare se ci troviamo in una relazione familiare tossica.

  1. Conflitti costanti. Mancanza di rispetto o abuso e violenza fisica o verbale. Può essere tra genitori, fratelli, genitori/figli.

  2. Critiche molto dure e continue. Se le critiche in una famiglia non sono costruttive, è probabile che siano un segno di relazioni tossiche.

  3. Problemi o mancanza di comunicazione. Quando le persone tendono a mettere distanza nelle relazioni, sono molto autosufficienti e purtroppo prive di legame affettivo.

  4. Manipolazione ed eccesso di controllo. Tendenza a controllare aspetti della vita personale e professionale degli altri nell’ambiente familiare.

  5. Manipolazione emotiva. È un altro tipo di manipolazione, che utilizza il ricatto emotivo e l’inganno.

  6. Confusione dei ruoli familiari. Genitori e figli si scambiano i ruoli, con conseguenze pericolose per la salute mentale, soprattutto per i figli, che devono porre dei limiti ai genitori o comportarsi come se fossero loro il partner della madre o del padre.

  7. Distanziamento emotivo. Sono famiglie in cui non manca nulla, ma il rapporto affettivo è freddo. Mancano abbracci, baci, parole d’amore, ascolta. Questo ha conseguenze sulla psiche di tutti.

  8. Aspettative non realistiche. Genitori che cercano di raggiungere i propri obiettivi personali attraverso i figli, o famiglie caratterizzate da un eccesso di disciplina.

  9. Abuso di droghe o alcol. Le persone con qualche tipo di dipendenza possono mettere in atto comportamenti molto pericolosi nei confronti di altri membri della famiglia.

Quali sono le conseguenze di vivere in una famiglia tossica?

«I componenti di queste famiglie si sentono obbligati a stare uniti, non mantengono vivo il vincolo per volontà propria – afferma lo psicologo – L’unione, in realtà, non è altro che una presenza molto arida. Una persona cresciuta a contatto con un ambiente “tossico”, che mina la sua individualità, diventa spesso vittima del bisogno di approvazione. In queste famiglie talvolta l’iper-protezione genera una forte dipendenza e un grave danno emotivo. Spesso coloro che crescono in ambienti carichi di elementi distruttivi provano forti sentimenti di inutilità e vivono una situazione molto vicina all’abbandono. In queste famiglie l’emotività viene evitata così come il parlare di essa, ciò non fa altro che alimentare delle bombe che prima o poi esploderanno minando il difficile equilibrio ottenuto».

Come uscirne e costruire un rapporto sano con la propria famiglia

«Innanzitutto essere cresciuti in una famiglia disfunzionale non significa necessariamente non avere possibilità di vivere una vita sana ed equilibrata. Ci sono diversi step che si possono seguire per ricevere il supporto emotivo necessario a guarire dagli effetti negativi di una famiglia disfunzionale. Il primo tra tutti è sicuramente quello di lavorare su sé stessi. Questo è il miglior modo per iniziare ad affrontare la difficoltà di essere cresciuto in nucleo famigliare tossico. Comprendere, approfondire e conoscere ciò che ha generato “la tossicità” potrebbe permettere al soggetto di sviluppare punti di vista differenti in merito ai propri famigliari quindi concorrere verso una riappacificazione con gli stessi», dichiara Radavelli.

Tagliare i ponti e lasciare la propria famiglia può essere in alcuni casi la soluzione?

«A volte il modo migliore per affrontare una situazione tossica non è tagliare i ponti ma prenderne le distanze, limitando, ad esempio, le conversazioni. Tagliare i ponti tendenzialmente non permette una rielaborazione degli eventi, anzi, spesso funziona come la sabbia che viene nascosta sotto il tappeto. Prendere le distanze, quindi, guardare da lontano, potrebbe permettere di individuare quali comportamenti, gesti o commenti innescano i conflitti. Ciò potrebbe essere utile per imparare a non aggiungere benzina al fuoco e affrontare i comportamenti tossici con più consapevolezza», conclude il dott. Matteo Radavelli.