Tumore al seno in stadio avanzato: può diventare malattia cronica


Il tumore al seno in stadio avanzato può diventare una malattia cronica secondo i risultati di tre studi sponsorizzati da industrie farmaceutiche

Il tumore al seno in stadio avanzato può diventare una malattia cronica secondo i risultati di tre studi sponsorizzati da industrie farmaceutiche

L’intento primario delle cure oncologiche è eliminare il cancro e portare alla guarigione dei pazienti. Se il tumore è molto aggressivo o è scoperto tardi, quando si è già diffuso nell’organismo generando delle metastasi, questo obiettivo può diventare irraggiungibile. Gli oncologi hanno capito che per un paziente con un tumore in stadio avanzato è in certi casi più realistico, allo stato attuale delle conoscenze, puntare a “cronicizzare” la malattia, farla cioè diventare una condizione con cui i pazienti convivono per anni, seguitando a condurre al meglio possibile la propria esistenza. Grazie a specifiche terapie questo risultato è in certi casi raggiungibile anche in caso di tumore al seno avanzato o metastatico, come discusso recentemente al congresso della Società europea di oncologia medica (ESMO).

Per esempio, i risultati dello studio DESTINY-Breast-03, sponsorizzato dalle aziende Daiichi Sankyo e AstraZeneca, mostrano l’efficacia di un farmaco di recente sviluppo, il trastuzumab deruxtecan (T-DXd), nel prolungare la sopravvivenza delle pazienti con tumore del seno metastatico HER2-positivo (un tumore aggressivo che esprime il recettore HER2 in grado di promuovere la proliferazione incontrollata della cellula).

Il T-DXd appartiene alla nuova classe dei farmaci anticorpo coniugati (antibody-drug conjugates, ADC), costituiti da un anticorpo, che riconosce in modo specifico le cellule bersaglio, a cui è stato legato un farmaco con attività citotossica. Nel T-DXd l’anticorpo è il trastuzumab, in grado di riconoscere le cellule che possiedono il recettore HER2, mentre il farmaco è il deruxtecan, capace di entrare nella cellula tumorale e di ucciderla interferendo con la duplicazione del DNA e la divisione cellulare. Gli autori dello studio DESTINY-Breast03 hanno osservato che le donne con tumore metastatico HER2-positivo insensibile alla terapia standard, quando sono state trattate con il T-DXd, sono sopravvissute tenendo a bada il tumore per un periodo notevolmente più lungo rispetto a quelle trattate con un altro farmaco, in condizioni generali che peggioravano diversi mesi più tardi. Da sottolineare il fatto che i medesimi risultati si sono ottenuti anche in pazienti con metastasi al cervello.

Combinazioni di farmaci già disponibili

A volte per ottenere una terapia più efficace di quelle già disponibili, anziché sviluppare un nuovo farmaco, si può raggiungere il medesimo risultato combinando più farmaci già in uso e scegliendo con attenzione con quali iniziare il percorso terapeutico. Un esempio di questo processo di ottimizzazione delle cure viene dallo studio MONALEESA-2, sponsorizzato da Novartis e condotto su donne in menopausa con tumore del seno avanzato HR-positivo/HER2-negativo. Si tratta di un tumore che esprime i recettori per estrogeni e progesterone, ed è quindi sensibile alla terapia ormonale, ma non ha il recettore HER2. I risultati di questo studio dimostrano che la sopravvivenza delle pazienti è prolungata significativamente dall’uso di ribociclib, un inibitore delle chinasi ciclina-dipendenti (CDK4/6i), assieme al letrozolo, un inibitore dell’aromatasi usato nell’ormonoterapia, come trattamento di prima linea.

I CDK4/6i sono molecole che interferiscono con la proliferazione cellulare, mentre gli inibitori dell’aromatasi riducono la produzione di estrogeni che sostengono la crescita del tumore. Tenute sotto osservazione per oltre sei anni, le pazienti trattate con la combinazione dei due farmaci sopravvivevano in media oltre un anno in più rispetto alle pazienti trattate con la sola ormonoterapia. Entrambi i farmaci vengono somministrati sotto forma di compresse: si tratta perciò di una terapia che può essere comodamente assunta con continuità a casa propria.

Infine, lo studio PEARL, sponsorizzato da AstraZeneca, ha dimostrato che la combinazione di un CDK4/6i e di un inibitore dell’aromatasi consente un netto miglioramento della qualità della vita, pur non aumentando la sopravvivenza delle pazienti con tumore del seno avanzato HR-positivo/HER2-negativo. Questi tre studi illustrano i progressi compiuti nel trasformare il tumore del seno in stadio avanzato in una malattia cronica con cui si può convivere a lungo, qualcosa di impensabile fino a non molti anni fa.