Covid e chemioterapia: 2 dosi potrebbero non bastare


Secondo uno studio pubblicato su Nature Medicine i pazienti oncologici in chemioterapia potrebbero non essere protetti da due dosi di vaccino anti Covid

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I ricercatori osservano risposte immunitarie al vaccino anti COVID-19 più basse nei pazienti in chemioterapia; la terza dose di vaccino Pfizer-BioNTech aumenta la risposta.

La pandemia di COVID-19 ha rappresentato un periodo particolarmente stressante per i pazienti con cancro sottoposti a chemioterapia, trattamento che colpisce non solo il cancro ma anche le cellule immunitarie necessarie a difenderci dalle infezioni. Una nuova ricerca della University of Arizona Health Sciences ha rivelato che i pazienti in chemioterapia attiva hanno avuto una risposta immunitaria più bassa alle due dosi di vaccino, ma una terza dose ne ha innalzato la risposta.

“Volevamo essere sicuri di capire il livello di protezione offerto dai vaccini anti COVID-19 nei pazienti oncologici, specialmente perchè le restrizioni erano state ridotte e cominciavano a diffondersi varianti più contagiose,” afferma Rachna Shroff, MD, MS, direttore di Gastrointestinal Medical Oncology allo University of Arizona Cancer Center e direttore del Cancer Center Clinical Trials Office.

Per chiarire questo dubbio, la dott.ssa Shroff e un gruppo di ricercatori della University of Arizona Health Sciences hanno analizzato i pazienti in terapia immunosoppressiva antitumorale attiva, come la chemioterapia, seguiti in 53 centri oncologici e hanno confrontato la risposta immunitaria dopo la prima e la seconda dose di vaccino contro il COVID-19 Pfizer-BioNTech con quella di 50 adulti sani. I risultati sono stati pubblicati online nella rivista Nature Medicine.

Dopo due dosi di vaccino, la maggior parte dei pazienti oncologici ha mostrato una risposta immunitaria, nel senso che hanno sviluppato anticorpi contro SARS-CoV-2, il virus che causa il COVID-19.

“Siamo rimasti piacevolmente sorpresi”, ha dichiarato Deepta Bhattacharya, PhD, professore di Immunobiologia al College of Medicine di Tucson e membro del Cancer Center e BIO5 Institute. “Abbiamo osservato gli anticorpi, i linfociti B e le cellule T, che costituiscono il sistema di difesa del nostro corpo, e abbiamo trovato che è probabile che il vaccino sia almeno parzialmente protettivo per la maggior parte delle persone in chemioterapia”.

Tuttavia, la risposta immunitaria era molto più bassa rispetto agli adulti sani e alcuni pazienti non hanno sviluppato risposta al vaccino anti COVID-19. Questo si traduce in una minore protezione contro SARS-CoV-2, in modo particolare contro la variante Delta che è attualmente dominante negli Stati Uniti.

Venti pazienti hanno ricevuto una terza dose che ha aumentato la risposta immunitaria nella maggior parte dei malati. La risposta globale immunitaria del gruppo dopo la terza dose ha raggiunto livelli simili a quelli delle persone che non erano in chemioterapia dopo due dosi.

Il gruppo interdisciplinare di ricerca è stato costituito poco dopo l’approvazione del vaccino Pfizer-BioNTech verso la fine del 2020. Per ottenere una risposta il più chiara possible, il gruppo si è focalizzato sui pazienti con tumori solidi, come carcinoma della mammella e gastrointestinale, escludendo quelli sottoposti a immunoterapia.

“Il fatto che siamo riusciti a rispondere a questa domanda in così breve tempo, fa capire che cosa si può ottenere quando si fa leva sulle varie competenze che abbiamo all’interno della University of Arizona Health Sciences”, ha concluso la dott.ssa Shroff, che è anche membro del BIO5 Institute. “I medici del Cancer Center sono andati oltre l’arruolamento dei pazienti nello studio perché tutti avevano un unico obiettivo comune che è quello di proteggere i nostri pazienti”.